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Gigi Gabetto: “Mio padre e il suo attaccamento a squadra e città…”

Gigi Gabetto a Superga insieme a Maurizio Sarri (a sinistra dell'allenatore del Napoli)

Verso il 4 maggio / Il figlio del Barone, ex Responsabile del Settore Giovanile granata: "La Juventus lo cedette pensando fosse sul viale del tramonto: fu quella la molla che lo aiutò a fare così bene in granata"

Gianluca Sartori

Continuano sulle colonne di Toro News le interviste ai discendenti dei Caduti di Superga: dopo Aldo Cappon (nipote dei Ballarin), Paolo Bacigalupo (nipote di Valerio) e Franco Ossola (figlio di Franco), a concedersi ai nostri microfoni è Gigi Gabetto, figlio dell'indimenticato e indimenticabile Guglielmo, il centravanti del Grande Torino soprannominato "Barone". Gigi è stato dirigente del Torino, ricoprendo il ruolo di Responsabile del Settore Giovanile tra fine anni Novanta e primi anni Duemila. Ecco le sue parole, in occasione del 68° anniversario della Tragedia di Superga.

Gigi Gabetto, sono passati tanti anni, ma che effetto le fa l'avvicinarsi del 4 maggio?

"Ovviamente è sempre una ricorrenza molto sentita, soprattutto da parte nostra, che siamo i parenti dei caduti. Chi in quel giorno perse dei cari è sempre colpito nel cuore e nell'anima, anche se magari non lo dà a vedere. Che dire, il destino è ineffabile, quando le cose devono capitare, capitano. Fu un disastro, poi, anche per il Torino, che impiegò anni e anni per tornare ad avvicinarsi ai livelli cui era arrivato".

Vedere la partecipazione popolare, però, deve essere un gran sostegno e sollievo.

"E' spettacolare vedere ogni anno milioni di persone salire al Colle. Su questo non c'è dubbio, e fa un gran piacere soprattutto a noi parenti dei caduti. Mi piace pensare che tutti si ricordano di mio padre, anche chi non lo ha mai visto giocare. Torino era la città di mio padre, uno dei pochi torinesi della squadra, e si affezionò davvero tanto al Torino, pur arrivando dalla Juventus. I bianconeri lo cedettero al Torino pensando fosse sul viale del tramonto. Fu quella, probabilmente, la molla che lo spinse a fare così bene con la maglia granata (con 127 reti segnate è il quarto marcatore granata di tutti i tempi, ndr). E quando c'era la possibilità di segnare alla Juve, la coglieva sempre con grande ardore..."

Un attaccamento alla maglia granata, quello di suo padre, che lo spinse anche a rifiutare offerte importanti, nell'ultimo periodo...

"Già, Sampdoria e Inter lo volevano ad ogni costo ma lui rifiutò. Si trovava bene a Torino, aveva anche aperto il Bar Vittoria in via Roma, insieme a Franco Ossola. La sua vita era qui, la sua squadra era questa, e non voleva nemmeno sentire parlare di andare via. Non ebbe mai nemmeno mezza discussione con la società".

Lei, negli anni, ha fatto il suo percorso sino a diventare Responsabile del Settore Giovanile del Torino. Cosa vuol dire, per il figlio di Gabetto, essere arrivato a fare il dirigente granata?

"Un grande orgoglio e una grande responsabilità, cercavamo di tirare su dei calciatori ma soprattutto degli uomini validi, che avessero il Toro dentro. A giudicare dal numero di calciatori di livello sfornati, direi che ci siamo riusciti".

E da ex addetto ai lavori, cosa ne pensa del Settore Giovanile attuale del Torino?

"Mi piace soprattutto il fatto che anche oggi, come noi ai tempi, si cerca di far entrare il Toro dentro nel cuore dei ragazzi. Mi dite che anche quest'anno è stata organizzata la Messa a Superga per il Settore Giovanile: è un esempio di quanto sto dicendo. Un consiglio da dare per il futuro è quello di puntare sempre di più sui ragazzi del territorio: è più facile fargli capire cosa è il calcio italiano e cosa è il Toro, rispetto a ragazzi stranieri".