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È da anni che la piazza granata non ha il privilegio di poter ammirare un giocatore che sia davvero il più forte. Non semplicemente un giovane pronto a sbocciare, o un calciatore con una caratteristica particolare, ma il concetto di "forte" come "genio del pallone", come talento al massimo della sua espressione.
Questo era Abedi Pelé quando, nel 1994, sbarcò per stabilirsi in maglia granata, portando dietro di sé anche i 3 palloni d'oro africano vinti consecutivamente tra il '91 e il '93 e la Champions strappata al Milan di Capello con la maglia del Marsiglia nel 1993. Insomma, un campione di riconosciuta caratura internazionale, che a Torino si ambientò perfettamente, mettendo a segno, nella prima stagione, 10 reti in 32 partite di campionato. Un infortunio gli impedì di ripetersi al secondo anno, quello della retrocessione targata Sonetti-Scoglio-Vieri. Di lì il talento del campione, nato il 5 novembre 1964, prese altre strade, al Monaco 1860 e al Al-Ain, dove si chiuse la carriera di quello che tutt'oggi è considerato il del più grande calciatore della storia del Ghana, che a Torino ha lasciato un'impronta della sua magia.
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