di Paolo Morelli
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Addio a Kakà e Ibra, e dopo?
Se è vero quello che si dice da un sacco di tempo, e cioé che Kakà e Ibrahimovic stanno per lasciare l'Italia, il campionato potrebbe perdere spazio e considerazione anche sul panorama internazionale. I due gioielli di Milano sono la vetrina della serie A per prestigio e fama. Nella classifica dei giocatori in lizza per il Pallone d'Oro si trovavano nelle prime posizioni.Con la loro partenza, è difficile trovare altre stelle del genere in Italia. Forse Mourinho, che per esposizione mediatica e popolarità raggiunge i livelli di Kakà e Ibrahimovic. Peccato faccia l'allenatore, non è certo lui il biglietto da visita della serie A per il calcio internazionale. Nell'attesa che arrivino altri campioni di tale clamore mediatico, è però doveroso constatare come il brasiliano del Milan e lo svedese dell'Inter si siano formati in Italia. Non erano due "signor Nessuno", ma non erano nemmeno due campioni affermati. A Milano il primo e a Torino e Milano il secondo, la competizione italiana li ha temprati entrambi costruendo, o finendo di costruire, i campioni che oggi apprezziamo.E' questa la speranza per lo sport del nostro Paese: la consapevolezza che il nostro torneo non sia affatto da buttare, bensì abbia ancora delle potenzialità per competere con le altre nazioni. Naturalmente, queste potenzialità debbono essere valorizzate, non abbandonate a sé stesse come spesso succede qua da noi. Che non si cerchino altri campioni fatti e finiti, ma che se ne costruiscano di nuovi. Italiani, possibilmente. Anche perché secondo il ranking Fifa, la nazionale azzurra è quarta. Mica male.
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