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Ancora un Australiano a Sanremo

Redazione Toro News
di Walter Panero Sanremo“E’ difficile essere più felici di così. Non ci posso credere!”. Sono state queste le prime parole pronunciate ieri da Simon Gerrans dopo essere entrato nella leggenda del ciclismo. Non...

di Walter Panero

 

Sanremo

“E’ difficile essere più felici di così. Non ci posso credere!”. Sono state queste le prime parole pronunciate ieri da Simon Gerrans dopo essere entrato nella leggenda del ciclismo. Non fatichiamo a credergli. Non ce ne voglia il trentunenne di Melbourne (già vincitore in carriera di una tappa al Tour e di una al Giro), ma probabilmente alla vigilia nemmeno lui avrebbe puntato un euro sulla sua vittoria in quella che rappresenta, da sempre, la prima delle “Classiche Monumento” che scandiscono il calendario ciclistico mondiale. La più lunga tra le Classiche, con i suoi quasi trecento chilometri che ne fanno non solamente una corsa, ma un viaggio attraverso le stagioni ed i paesaggi: dall’inverno alla primavera, dalla pianura al mare. La più facile tra le corse ciclistiche più importanti, ma proprio per questo la più complicata da interpretare e da pronosticare, visto che offre a chiunque, o quasi, qualche possibilità di vittoria. Come una bella donna che non dice subito di no ai suoi tanti corteggiatori, ma li tiene lungamente sulla corda, prima di scegliere definitivamente il suo sposo.In effetti anche ieri, fino ai piedi di quel serpentone che si avvinghia alla collina per poi buttarsi a capofitto verso il mare che va sotto il nome di Poggio, l’elenco dei possibili vincitori era ancora molto ampio, visto che quasi tutti i favoriti della vigilia erano lì, pronti a giocarsi la vittoria.Quasi tutti, appunto. Eh sì perché la Salita delle Manie a una novantina di chilometri dall’arrivo aveva detto a Mister Mark Cavendish, Campione del Mondo in carica, che quest’anno la Corsa non si sarebbe lasciata sedurre da lui, come invece era accaduto tre anni fa. Insomma: staccato e ritirato malgrado lo sforzo fatto dai suoi compagni per riportarlo sui primi. Eppure quasi tutti vedevano il folletto dell’Isola di Man come il principale favorito di questa corsa che, negli ultimi anni, spesso e volentieri aveva scelto di darsi ad un velocista, specie della quale il buon Mark rappresenta il miglior esemplare del mondo. Quasi tutti, perché anche Philippe Gilbert, Principe delle Ardenne, veniva escluso brutalmente dai corteggiatori ad una ventina di chilometri dall’arrivo. Una frenata brusca sulla salita della Cipressa ed il ragazzone belga, forse il miglior corridore del mondo nelle corse di un giorno, finiva ad assaggiare l’asfalto della Liguria. Durissimo come le stradine di casa sua. Durissimo come partire col lutto al braccio e con la morte nel cuore per la scomparsa di ventinove connazionali (di cui ventidue bambini) nell’incidente dell’altro giorno sulle strade svizzere. Durissimo come giungere al traguardo a quasi otto minuti dai primi, senza potersi davvero giocare una corsa che continua a sfuggire alla sua corte spietata. Ancora peggio andava invece al Colombiano Quintero che, caduto a sua volta nella discesa delle Manie, rimaneva a lungo immobile sul selciato facendo rivivere per alcuni istanti le immagini della triste fine di Wouter Weylandt nel corso dell’ultimo Giro. Per fortuna, l’incidente si è rivelato meno grave di come appariva, anche se il Colombiano è stato precauzionalmente ricoverato all’ospedale di Pietra Ligure per essere sottoposto ad alcuni accertamenti.

Ma, come si diceva, gli altri erano ancora tutti lì, attaccati l’uno all’altro. Sembrava che i chilometri passassero senza che nulla accadesse, senza che nessuno avesse il coraggio di prendere l’iniziativa. Una corsa che pareva scorrere lenta verso l’arrivo per consegnarsi all’ennesimo velocista. Ma chi in assenza di Cavendish? Greipel? Farrar? Il giovanissimo ma fortissimo Sagan? L’eterno Freire? Sarebbe stata questione di pochi minuti e l’arcano si sarebbe risolto.

Pochi minuti. Pochi chilometri. Poco più di sette. Ed è stato in quel momento che la corsa è esplosa. Enzino Nibali, con la sua faccia da eterno emigrante (non a caso è un Siciliano che vive in Svizzera), dopo essersi fatto aprire la strada dal compagno di squadra Agnoli sulle prime rampe del Poggio, lanciava un attacco secco. Gli rispondeva immediatamente l’Australiano Gerrans e, pochi secondi dopo, anche l’elvetico Fabian Cancellara si portava sui due battistrada. I tre scollinavano con una manciata di secondi di vantaggio sul resto del gruppo. E si lanciavano verso Sanremo, la meta dei loro sogni invernali.

“Sono solo pochi metri! Ora li prendono!” pensavano quasi tutti coloro che assiepavano il rettilineo di arrivo e che di Sanremo ne hanno viste tante nelle loro vite. E sarebbe stato così in una normale corsa di biciclette: li avrebbero certamente presi nella discesa, o nei due chilometri di pianura che separano la fine del Poggio dall’arrivo. Ma quando in corsa c’è uno come Fabian Cancellara, tutti i concetti di normalità vengono sovvertiti. Lo Svizzero ha chinato la testa ed ha iniziato a pigiare sui suoi pedali a testa bassa, affrontando la discesa del Poggio come una locomotiva imbizzarrita. Una locomotiva che però trascinava con sé due vagoncini che non avevano alcuna intenzione né di staccarsi da essa, né di portarsi al comando permettendo alla locomotiva stessa di prendere un po’ di fiato. Dunque la locomotiva proseguiva per la sua strada, seguita dai due vagoncini. A due chilometri il convoglio aveva dodici secondi di vantaggio sul gruppo degli inseguitori. Ma all’ultimo chilometro, i secondi erano diventati solamente sei: un’inezia.Un’inezia che però era sufficiente, perché i tre si presentassero con un vantaggio minimo sul rettilineo di arrivo: a quel punto la locomotiva cercava di accelerare ancora: uno dei due vagoncini (quello siculo) non resisteva e si staccava, mentre l’altro (quello australiano) prendeva la sua scia e la superava a doppia velocità.

Dunque primo il furbetto Gerrans a braccia alzate ed incredulo; seconda (come lo scorso anno) e molto delusa la locomotiva Cancellara, vero, grande e generoso protagonista della corsa; terzo Nibali migliore degli Italiani che non vincono da queste parti dal 2006. Quarto, il giovane slovacco Peter Sagan che vinceva la volata del gruppo giunto a soli due secondi dai primi.

Dopo la vittoria (anch’essa inattesa) di Matthew Goss dello scorso anno, è questo il secondo successo consecutivo di un Australiano nella Classica più importante, almeno per noi Italiani. E pensare che nessun “canguro” ce l’aveva fatta prima dell’altr’anno in più di cento anni di storia di questa corsa nata nel 1907.Aggiungiamoci che anche l’ultimo Tour de France è stato vinto da un Australiano, ovvero Cadel Evans. Pure lì il primo della storia. Un tempo pensavamo all’Australia come alla terra dei canguri e dei galeotti .Ora dovremo abituarci a considerarla la terra dei ciclisti.  Probabilmente ci abbiamo guadagnato. Anche se dubito che il Signor Fabian Cancellara, la locomotiva di Berna che oggi avrebbe voluto festeggiare in modo diverso il suo trentunesimo compleanno, sia d’accordo con me su questo punto.

 

ORDINE D’ARRIVO DELLA MILANO-SANREMO 2012:

1. Simon GERRANS (Australia) in 6h59’24”2. Fabian CANCELLARA (Svizzera) s.t.3. Vincenzo NIBALI (Italia) s.t.4. Peter SAGAN (Slovacchia) a 2”5. John DEGENKOLB (Germania) s.t.6. Filippo POZZATO (Italia) s.t.7. Oscar FREIRE (Spagna) s.t.8. Alessandro BALLAN (Italia) s.t.9. Daniel OSS (Italia) s.t.10. Daniele BENNATI (Italia) s.t.

 

foto da gazzetta.it

di Walter Panero

 

 

Sanremo

 

 “E’ difficile essere più felici di così. Non ci posso credere!”. Sono state questee parole pronunciate oggi  le prime parole pronunciate ieri da Simon Gerrans dopo essere entrato nella leggenda del ciclismo.

Non fatichiamo a credergli. Non ce ne voglia il trentunenne di Melbourne (già vincitore in carriera di una tappa al Tour e di una al Giro), ma probabilmente alla vigilia nemmeno lui avrebbe puntato un euro sulla sua vittoria in quella che rappresenta, da sempre, la prima delle “Classiche Monumento” che scandiscono il calendario ciclistico mondiale. La più lunga tra le Classiche, con i suoi quasi trecento chilometri che ne fanno non solamente una corsa, ma un viaggio attraverso le stagioni ed i paesaggi: dall’inverno alla primavera, dalla pianura al mare. La più facile tra le corse ciclistiche più importanti, ma proprio per questo la più complicata da interpretare e da pronosticare, visto che offre a chiunque, o quasi, qualche possibilità di vittoria. Come una bella donna che non dice subito di no ai suoi tanti corteggiatori, ma li tiene lungamente sulla corda, prima di scegliere definitivamente il suo sposo.

In effetti anche ieri, fino ai piedi di quel serpentone che si avvinghia alla collina per poi buttarsi a capofitto verso il mare che va sotto il nome di Poggio, l’elenco dei possibili vincitori era ancora molto ampio, visto che quasi tutti i favoriti della vigilia erano lì, pronti a giocarsi la vittoria.

Quasi tutti, appunto. Eh sì perché la Salita delle Manie a una novantina di chilometri dall’arrivo aveva detto a Mister Mark Cavendish, Campione del Mondo in carica, che quest’anno la Corsa non si sarebbe lasciata sedurre da lui, come invece era accaduto tre anni fa: staccato e ritirato prima che la corsa entrasse nel vivo. Eppure quasi tutti vedevano il folletto dell’Isola di Man come il principale favorito di questa gara che, negli ultimi anni, spesso e volentieri aveva scelto di darsi ad un velocista, specie della quale il buon Mark rappresenta il miglior esemplare del mondo.

Quasi tutti, perché anche Philippe Gilbert, Principe delle Ardenne, veniva escluso brutalmente dai corteggiatori ad una ventina di chilometri dall’arrivo. Una frenata brusca sulla salita della Cipressa ed il ragazzone belga, forse il miglior corridore del mondo nelle corse di un giorno, finiva ad assaggiare l’asfalto della Liguria. Durissimo come le stradine di casa sua. Durissimo come partire col lutto al braccio e con la morte nel cuore per la scomparsa di ventinove connazionali (di cui ventidue bambini) nell’incidente dell’altro giorno sulle strade svizzere. Durissimo come giungere al traguardo staccato di oltre sette minuti dai primi, senza potersi davvero giocare una corsa che continua a sfuggire alla sua corte spietata.

Ancora peggio andava invece al Colombiano Quintero che, caduto a sua volta nella discesa delle Manie, rimaneva a lungo immobile sul selciato facendo rivivere per alcuni istanti le immagini della triste fine di Wouter Weylandt nel corso dell’ultimo Giro. Per fortuna, l’incidente si è rivelato meno grave di come appariva, anche se il Colombiano è stato precauzionalmente ricoverato all’ospedale di Pietra Ligure per essere sottoposto ad alcuni accertamenti.

 

Ma, come si diceva, gli altri erano ancora tutti lì, attaccati l’uno all’altro. Sembrava che i chilometri passassero senza che nulla accadesse, senza che nessuno avesse il coraggio di prendere l’iniziativa. Una corsa che pareva scorrere lenta verso l’arrivo per consegnarsi all’ennesimo velocista. Ma chi in assenza di Cavendish? Greipel? Farrar? Il giovanissimo ma fortissimo Sagan? L’eterno Freire?

Sarebbe stata questione di pochi minuti e l’arcano si sarebbe risolto.

 

Pochi minuti. Pochi chilometri. Poco più di sette. Ed è stato in quel momento che la corsa è esplosa. Enzino Nibali, con la sua faccia da eterno emigrante (non a caso è un Siciliano che vive in Svizzera), dopo essersi fatto aprire la strada dal compagno di squadra Agnoli sulle prime rampe del Poggio, lanciava un attacco secco. Gli rispondeva immediatamente l’Australiano Gerrans e, pochi secondi dopo, anche l’elvetico Fabian Cancellara si portava sui due battistrada. I tre scollinavano con una manciata di secondi di vantaggio sul resto del gruppo. E si lanciavano verso Sanremo, la meta dei loro sogni invernali.

 

“Sono solo pochi metri! Ora li prendono!” pensavano quasi tutti coloro che assiepavano il rettilineo di arrivo e che di Sanremo ne hanno viste tante nelle loro vite. E sarebbe stato così in una normale corsa di biciclette: li avrebbero certamente presi nella discesa, o nei due chilometri di pianura che separano la fine del Poggio dall’arrivo. Ma quando in corsa c’è uno come Fabian Cancellara, tutti i concetti di normalità vengono sovvertiti. Lo Svizzero ha chinato la testa ed ha iniziato a pigiare sui suoi pedali a testa bassa, affrontando la discesa del Poggio come una locomotiva imbizzarrita. Una locomotiva che però trascinava con sé due vagoncini che non avevano alcuna intenzione né di staccarsi da essa, né di portarsi al comando permettendo alla locomotiva stessa di prendere un po’ di fiato.

Dunque la locomotiva proseguiva per la sua strada, seguita dai due vagoncini. A due chilometri il convoglio aveva dodici secondi di vantaggio sul gruppo degli inseguitori. Ma all’ultimo chilometro, i secondi erano diventati solamente sei: un’inezia.

Un’inezia che però era sufficiente, perché i tre si presentassero con un vantaggio minimo sul rettilineo di arrivo: a quel punto la locomotiva cercava di accelerare ancora: uno dei due vagoncini (quello siculo) non resisteva e si staccava, mentre l’altro (quello australiano) prendeva la sua scia e la superava a doppia velocità.

 

Dunque primo il furbetto Gerrans a braccia alzate ed incredulo; seconda (come lo scorso anno) e molto delusa la locomotiva Cancellara, vero, grande, generosissimo protagonista della corsa; terzo Nibali migliore degli Italiani che non vincono da queste parti dal 2006. Quarto, il giovane slovacco Peter Sagan che vinceva la volata del gruppo giunto a soli due secondi dai primi.

 

Dopo la vittoria (anch’essa inattesa) di Matthew Goss dello scorso anno, è questo il secondo successo consecutivo di un Australiano nella Classica più importante, almeno per noi Italiani. E pensare che nessun “canguro” ce l’aveva fatta prima dell’altr’anno in più di cento anni di storia di questa corsa nata nel 1907.

Aggiungiamoci che anche l’ultimo Tour de France è stato vinto da un Australiano, ovvero Cadel Evans. Pure lì il primo della storia.

Un tempo pensavamo all’Australia come alla terra dei canguri e dei galeotti .

Ora dovremo abituarci a considerarla la terra dei ciclisti.  

Probabilmente ci abbiamo guadagnato.

Anche se dubito che il Signor Fabian Cancellara, la locomotiva di Berna che oggi compie trentuno anni e che si è visto in parte rovinare la festa dall'astuto canguretto, sia d’accordo con me su questo punto.

 

 

 

 

ORDINE D’ARRIVO DELLA MILANO-SANREMO 2012:

 

 

  • Simon GERRANS (Australia) in 6h59’24”
  • Fabian CANCELLARA (Svizzera) s.t.
  • Vincenzo NIBALI (Italia) s.t.
  • Peter SAGAN (Slovacchia) a 2”
  • John DEGENKOLB (Germania) s.t.
  • Filippo POZZATO (Italia) s.t.
  • Oscar FREIRE (Spagna) s.t.
  • Alessandro BALLAN (Italia) s.t.
  • Daniel OSS (Italia) s.t.
  • Daniele BENNATI (Italia) s.t.
  •  

     

    (foto da gazzetta.it)di Walter Panero

     

    Sanremo

    “E’ difficile essere più felici di così. Non ci posso credere!”. Sono state questee parole pronunciate oggi  le prime parole pronunciate ieri da Simon Gerrans dopo essere entrato nella leggenda del ciclismo. Non fatichiamo a credergli. Non ce ne voglia il trentunenne di Melbourne (già vincitore in carriera di una tappa al Tour e di una al Giro), ma probabilmente alla vigilia nemmeno lui avrebbe puntato un euro sulla sua vittoria in quella che rappresenta, da sempre, la prima delle “Classiche Monumento” che scandiscono il calendario ciclistico mondiale. La più lunga tra le Classiche, con i suoi quasi trecento chilometri che ne fanno non solamente una corsa, ma un viaggio attraverso le stagioni ed i paesaggi: dall’inverno alla primavera, dalla pianura al mare. La più facile tra le corse ciclistiche più importanti, ma proprio per questo la più complicata da interpretare e da pronosticare, visto che offre a chiunque, o quasi, qualche possibilità di vittoria. Come una bella donna che non dice subito di no ai suoi tanti corteggiatori, ma li tiene lungamente sulla corda, prima di scegliere definitivamente il suo sposo.In effetti anche oggi, fino ai piedi di quel serpentone che si avvinghia alla collina per poi buttarsi a capofitto verso il mare che va sotto il nome di Poggio, l’elenco dei possibili vincitori era ancora molto ampio, visto che quasi tutti i favoriti della vigilia erano lì, pronti a giocarsi la vittoria.Quasi tutti, appunto. Eh sì perché la Salita delle Manie a una novantina di chilometri dall’arrivo aveva detto a Mister Mark Cavendish, Campione del Mondo in carica, che quest’anno la Corsa non si sarebbe lasciata sedurre da lui, come invece era accaduto tre anni fa. Eppure quasi tutti vedevano il folletto dell’Isola di Man come il principale favorito di questa corsa che, negli ultimi anni, spesso e volentieri aveva scelto di darsi ad un velocista, specie della quale il buon Mark rappresenta il miglior esemplare del mondo.Quasi tutti, perché anche Philippe Gilbert, Principe delle Ardenne, veniva escluso brutalmente dai corteggiatori ad una ventina di chilometri dall’arrivo. Una frenata brusca sulla salita della Cipressa ed il ragazzone belga, forse il miglior corridore del mondo nelle corse di un giorno, finiva ad assaggiare l’asfalto della Liguria. Durissimo come le stradine di casa sua. Durissimo come partire col lutto al braccio e con la morte nel cuore per la scomparsa di ventinove connazionali (di cui ventidue bambini) nell’incidente dell’altro giorno sulle strade svizzere. Durissimo come giungere al traguardo staccatissimo dai primi, senza potersi davvero giocare una corsa che continua a sfuggire alla sua corte spietata. Ancora peggio andava invece al Colombiano Quintero che, caduto a sua volta nella discesa delle Manie, rimaneva a lungo immobile sul selciato facendo rivivere per alcuni istanti le immagini della triste fine di Wouter Weylandt nel corso dell’ultimo Giro. Per fortuna, l’incidente si è rivelato meno grave di come appariva, anche se il Colombiano è stato precauzionalmente ricoverato all’ospedale di Pietra Ligure per essere sottoposto ad alcuni accertamenti.

    Ma, come si diceva, gli altri erano ancora tutti lì, attaccati l’uno all’altro. Sembrava che i chilometri passassero senza che nulla accadesse, senza che nessuno avesse il coraggio di prendere l’iniziativa. Una corsa che pareva scorrere lenta verso l’arrivo per consegnarsi all’ennesimo velocista. Ma chi in assenza di Cavendish? Greipel? Farrar? Il giovanissimo ma fortissimo Sagan? L’eterno Freire? Sarebbe stata questione di pochi minuti e l’arcano si sarebbe risolto.

    Pochi minuti. Pochi chilometri. Poco più di sette. Ed è stato in quel momento che la corsa è esplosa. Enzino Nibali, con la sua faccia da eterno emigrante (non a caso è un Siciliano che vive in Svizzera), dopo essersi fatto aprire la strada dal compagno di squadra Agnoli sulle prime rampe del Poggio, lanciava un attacco secco. Gli rispondeva immediatamente l’Australiano Gerrans e, pochi secondi dopo, anche l’elvetico Fabian Cancellara si portava sui due battistrada. I tre scollinavano con una manciata di secondi di vantaggio sul resto del gruppo. E si lanciavano verso Sanremo, la meta dei loro sogni invernali.

    “Sono solo pochi metri! Ora li prendono!” pensavano quasi tutti coloro che assiepavano il rettilineo di arrivo e che di Sanremo ne hanno viste tante nelle loro vite. E sarebbe stato così in una normale corsa di biciclette: li avrebbero certamente presi nella discesa, o nei due chilometri di pianura che separano la fine del Poggio dall’arrivo. Ma quando in corsa c’è uno come Fabian Cancellara, tutti i concetti di normalità vengono sovvertiti. Lo Svizzero ha chinato la testa ed ha iniziato a pigiare sui suoi pedali a testa bassa, affrontando la discesa del Poggio come una locomotiva imbizzarrita. Una locomotiva che però trascinava con sé due vagoncini che non avevano alcuna intenzione né di staccarsi da essa, né di portarsi al comando permettendo alla locomotiva stessa di prendere un po’ di fiato. Dunque la locomotiva proseguiva per la sua strada, seguita dai due vagoncini. A due chilometri il convoglio aveva dodici secondi di vantaggio sul gruppo degli inseguitori. Ma all’ultimo chilometro, i secondi erano diventati solamente sei: un’inezia.Un’inezia che però era sufficiente, perché i tre si presentassero con un vantaggio minimo sul rettilineo di arrivo: a quel punto la locomotiva cercava di accelerare ancora: uno dei due vagoncini (quello siculo) non resisteva e si staccava, mentre l’altro (quello australiano) prendeva la sua scia e la superava a doppia velocità.

    Dunque primo Gerrans a braccia alzate ed incredulo; seconda (come lo scorso anno) e molto delusa la locomotiva Cancellara, vero grande protagonista della corsa; terzo Nibali migliore degli Italiani che non vincono da queste parti dal 2006. Quarto, il giovane slovacco Peter Sagan che vinceva la volata del gruppo giunto a soli due secondi dai primi.

    Dopo la vittoria (anch’essa inattesa) di Matthew Goss dello scorso anno, è questo il secondo successo consecutivo di un Australiano nella Classica più importante, almeno per noi Italiani. E pensare che nessun “canguro” ce l’aveva fatta prima dell’altr’anno in più di cento anni di storia di questa corsa nata nel 1907.Aggiungiamoci che anche l’ultimo Tour de France è stato vinto da un Australiano, ovvero Cadel Evans. Pure lì il primo della storia. Un tempo pensavamo all’Australia come alla terra dei canguri e dei galeotti .Ora dovremo abituarci a considerarla la terra dei ciclisti.  Probabilmente ci abbiamo guadagnato. Anche se dubito che il Signor Fabian Cancellara, la locomotiva di Berna, sia d’accordo con me su questo punto.

     

    ORDINE D’ARRIVO DELLA MILANO-SANREMO 2012:

    1. Simon GERRANS (Australia) in 6h59’24”2. Fabian CANCELLARA (Svizzera) s.t.3. Vincenzo NIBALI (Italia) s.t.4. Peter SAGAN (Slovacchia) a 2”5. John DEGENKOLB (Germania) s.t.6. Filippo POZZATO (Italia) s.t.7. Oscar FREIRE (Spagna) s.t.8. Alessandro BALLAN (Italia) s.t.9. Daniel OSS (Italia) s.t.10. Daniele BENNATI (Italia) s.t.