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”Bologna? Non è un caso nuovo”

Redazione Toro News
di Valentino Della CasaDire che il calcio sia un sistema in crisi è quanto meno pleonastico. Dire che qualcosa si sta tentando di fare, per evitare che questo sport dichiari definitivamente bancarotta, lo è meno, ma, come spesso...

di Valentino Della CasaDire che il calcio sia un sistema in crisi è quanto meno pleonastico. Dire che qualcosa si sta tentando di fare, per evitare che questo sport dichiari definitivamente bancarotta, lo è meno, ma, come spesso capita, la spinta viene più dal basso, che dall’alto. Senza dover guardare molto al di là del mondo del Toro, nella stessa categoria dei granata c’è una società, la Reggina, che ha compiuto una vera e propria rivoluzione economica, evitando le ombre del fallimento e, allo stesso tempo, cercando di restare ambiziosa dal punto di vista tecnico. In esclusiva TN, il presidente della Reggina Lillo Foti, commenta la difficile situazione che stanno vivendo le società calcistiche.A partire dal Bologna, presidente. Fa effetto vedere come un neopresidente porti la propria società vicinissima al fallimento. C’è mancanza di controlli?Io penso, ma non sono l’unico a dirlo, che il calcio vada rivisto nelle sue istituzioni, aggiornandosi e ritornando al passo coi tempi. Il clima di recessione internazionale non sono io a scoprirlo, ma deve essere chiaro che un imprenditore, per entrare in questo mondo, debba avere determinati requisiti per poterci restare. Requisiti economici, sia chiaro. Bologna, ad ogni modo, è il caso più eclatante, ma nelle categorie inferiori è pieno di soggetti che hanno veramente poca attinenza con quelli che sono i reali valori dello sport.Uno sport che resta oberato dai costi di gestione, oramai pressoché insostenibili.Io credo che la Reggina, in questo senso, stia dando un messaggio importante. Puntare sui giovani, ma farlo realmente, è la formula vincente. Intanto perché, dal punto di vista strettamente economico, si risparmia molto. Tra l’altro credo che vada rivisto proprio il sistema di retribuzione verso i calciatori. A mio avviso, chi gioca in serie inferiori alla B non deve guadagnare più di un operaio specializzato. Ovvio che, salendo di categoria, aumentano le disponibilità, aumenta il livello richiesto e quindi aumenti il salario per chi è attore di questo sport che fa innamorare l’Italia.Il famoso investimento sui giovani, un progetto che richiederebbe dei costi, magari legati anche all’istruzione proprio di questi ragazzi. È un costo che bisogna essere pronti a sostenere. Anche perché non bisogna solo guardare al lato tecnico dei giocatori del futuro, ma anche a quello umano e intellettuale. Se un giovane giocatore viene messo nelle condizioni di poter crescere sotto diversi punti di vista, vedrete che sicuramente renderà meglio sul campo. Ma non solo per il calcio. Chi fa un tirocinio per delle grandi aziende riceve sicuramente molti più stimoli, se i “vecchi” glielo permetto. Alla fine il problema è proprio di noi vecchi (ride, ndr).Presidente, posto che alla fine il calcio non renda economicamente, come mai ci si butta in questa avventura?Fare il presidente di una squadra di calcio vuol dire, principalmente, penalizzare le proprie risorse economiche. Ma vuol dire anche altro: visibilità, per alcuni. Pura e semplice passione, per altri. Non è facile ricoprire questo ruolo, ma allo stesso tempo trovo veramente gratificante vedere migliaia di persone che sono felici per quello che hai fatto. Anche se, ripeto, continuando così non si potrà andare molto lontano e spero che il messaggio che sta lasciando la mia società venga recepito da molte persone, anche da chi ha ruoli importanti in questo mondo.Grazie, Presidente. Buon lavoro.Grazie mille, un saluto a tutti. Ci vedremo a Torino.