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Carcere per i giornalisti

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Dodici mesi di reclusione per i cronisti che diffamano e multe fino a 50mila euro: torna il carcere per i giornalisti. Certo questo sfogo non ha nulla a che fare con il calcio e, soprattutto, con il Toro. Ma da giornalisti quali siamo, di fronte a...
Manolo Chirico

Dodici mesi di reclusione per i cronisti che diffamano e multe fino a 50mila euro: torna il carcere per i giornalisti. Certo questo sfogo non ha nulla a che fare con il calcio e, soprattutto, con il Toro. Ma da giornalisti quali siamo, di fronte a tale decisione, non possiamo sottrarci dal prendere posizione. Nella speranza che qualcosa cambi. In questi ultimi giorni si è parlato tanto, forse non abbastanza, dell’emendamento della Lega, grazie al quale ora è possibile la reclusione fino a un anno in alternativa alle multe da 5 mila a 50 mila euro. Tale cambiamento è stato approvato dall'aula del Senato attraverso il voto segreto, grazie anche a un’inedita alleanza tra il Carroccio e l'Api. 131 (centotrentuno) senatori, hanno votato a favore, 90 sono stati i voti contrari e 20 erano i senatori assenti in aula.  131 (centotrentuno) senatori hanno deciso che per i giornalisti, che diffamano, è giusto e più che giustificato il carcere fino a un anno. E il primo pensiero, non può che andare ai colleghi giornalisti precari. Come sempre accade, saranno loro le prime, e speriamo non uniche, vittime sacrificali di questa legge sconcertante. Oggi, per tutti noi, muore la possibilità di mostrarci come veri condottieri di un’informazione libera e obiettiva.  Senza bavaglio e senza manette. Semplicemente armati di penna e taccuino: la nostra spada e il nostro scudo. Impegnati in questa giostra, oggi restiamo disarcionati. A terra, ai piedi del nostro destriero.  La posizione a riguardo del Fnsi (sindacato unitario dei giornalisti italiani) è più che chiara: ‘’I malpancisti forcaioli, dietro il muretto a secco del voto segreto chiesto da Lega e Api, hanno scritto una pagina vergognosa votando per la reintroduzione del carcere per i giornalisti, che veniva  cancellato da una proposta di riforma dell’attuale normativa. La legge in discussione sulla modifica delle norme per i reati a mezzo stampa, a questo punto, non ha più alcun senso:  è peggiorativa rispetto alla precedente ed è in totale contrasto con la giurisprudenza europea […]. Stupisce che i 131 parlamentari, nascosti dietro il voto segreto, non riescano a comprendere che la loro voglia di punire la stampa con il pugno di ferro diventerà la loro ossessione e la loro punizione. La libera informazione, in democrazia, non è mai un nemico da abbattere”.  Già, la libera informazione non è e non deve essere vissuta come un malevolo antagonista, quanto più come un sacro e santo baluardo da difendere e tutelare.  E pensare che c’è anche chi prova a spiegarci che ‘’in realtà si tratta solo di punire chi commette un reato’’. Semplice, no? Quanto riuscire a distinguere, al di fuori dei casi limite, ciò che è realmente diffamazione, da quello che invece è soltanto un’opinione forte. Volutamente piccata.  In un caso come questo limitare, forse, è peggio che vietare del tutto. Quantomeno, davanti al divieto assoluto d’informare, la legge sarebbe chiarissima e non ci si potrebbe in alcun modo addentrare in qualsivoglia doppi o malintesi. “La stampa più libera del mondo intero è la stampa italiana […] Perché, nell’ambito delle leggi del regime, può esercitare, e le esercita, funzioni di controllo, di critica, di propulsione’’ – diceva un tale. Questo è uno dei tanti discorsi protagonisti di una vecchia epoca, ormai morta e sepolta. Frasi che un tempo mettevano i brividi. E oggi come allora, rabbrividiamo di fronte ad un’altra, l’ennesima, fetta di libertà sottratta.    Manolo Chirico (parlane con me su twitter @ManoloChirico) 

(foto www.tg3.rai.it)