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È dura accettarlo, ma il calcio di oggi non è un calcio per sentimentali. Se il programma del calcio internazionale della settimana propone Liverpool - Chelsea e Paris Saint Germain - Olympique Marsiglia, io non ho dubbi su quale lato del campo di battaglia schierarmi. Sto dalla parte dei meno forti, dei più piacevoli esteticamente, dei più passionali o, se volete, dei più frustrati sportivamente.
Il Liverpool non vince uno scudetto da quasi venticinque anni, un'era fa, tanto che la Premier League non si chiamava neppure così, ma ancora First Division. Anche il Marsiglia sarebbe nelle stesse condizioni degli inglesi se nel 2010 Deschamps non avesse interrotto un digiuno che durava dal 1992. Ma, a differenza dei reds, i francesi non possono lenire il proprio sentimento di marginalità grazie ai trofei internazionali.
Il Liverpool e il Marsiglia, infatti, si assomigliano più di quanto sembri. Ad esempio, sono entrambi accomunati da un abisso culturale che separa le rispettive città dalla capitale dei loro Paesi e che si ripercuote anche nel calcio, in particolare nel caso del Classique, la sfida che oppone l'OM al Psg. I loro tifosi, poi, sono notoriamente fra i più caldi nel panorama inglese e francese. Ma le analogie proseguono anche nei risultati ottenuti nelle ultime due stagioni.
Dopo la funesta debacle di questa primavera, involontariamente provocata da uno disgraziato scivolone di capitan Gerrard, ci si attendeva una reazione vendicativa dei reds contro il Chelsea. Magari non un morso a Ivanovic, come quello di un anno fa di Suarez, ma una rappresaglia nell'ambito della legalità a suon di reti contro il catenacciaro Mourinho avrebbe di sicuro appagato la sete di rivincita della Kop. Una vittoria contro la prima in classifica, ancora imbattuta, avrebbe potuto rilanciare le ambizioni di un Liverpool sino a qui deludente, almeno nella stessa misura con cui ad aprile la sconfitta contro il Chelsea le aveva smorzate al termine di otto vittorie consecutive. La squadra ne era addirittura uscita traumatizzata e nel weekend successivo sarebbe inspiegabilmente crollata in un folle 3-3 con il Crystal Palace. Tuttavia, i fantasmi del passato si sono dimostrati più forti della speranza nel futuro: la prima rete certificata dalla goal line technology e quel mostro di Diego Costa hanno demolito le aspettative di riscossa.
Al di là della Manica, il Psg dell'ex Blanc attendeva la capolista Marsiglia, trascinata dal LocoBielsa. L'OM sta vivendo un momento non molto diverso da quello del Liverpool dell'anno scorso: fuori dalle coppe, ha conquistato una striscia di otto vittorie consecutive, poi interrotta dal Lione, grazie alla quale si è inaspettatamente issato alla testa della classifica. Come i reds di Rodgers, i marsigliesi di Bielsa giocano un calcio frizzante e veloce privo di tatticismi e della fisicità esasperata incarnata dai David Luiz, dai Terry, dai Matic o dagli Ibrahimovic. «Successo e felicità non sono sinonimi», ama, però, ripetere Bielsa in modo terribilmente profetico. Così, dopo la rete nel primo tempo di Lucas, ho accolto con un moto di rassegnazione l'ingiusta espulsione di Imbula per un fallo su Cabaye: di lì a poco, gli sceicchi parigini, emuli degli zar londinesi, hanno raddoppiato con Cavani.
Inutile illudersi. Non è un calcio per sentimentali.
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