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Contrattopoli, riflessioni su un calcio malato

Andrea Viscardi
Come ogni estate che si rispetti, da qualche anno a questa parte, arriva puntuale un nuovo scandalo a colpire il mondo del pallone. Questa volta, i protagonisti, non sono le scommesse, ma i contratti di alcuni giocatori. Una...

Come ogni estate che si rispetti, da qualche anno a questa parte, arriva puntuale un nuovo scandalo a colpire il mondo del pallone. Questa volta, i protagonisti, non sono le scommesse, ma i contratti di alcuni giocatori. Una “contrattopoli”, come è stata già ribattezzata poche ore dopo il blitz della Guardia di Finanza nella sede di circa 40 squadre. Blitz, per la verità, nel quale le fiamme gialle hanno semplicemente chiesto di poter accedere ad una serie di documenti. Non si tratta, quindi, di perquisizioni.   Documenti, appunto, relativi ai contratti dei giocatori. Quello che sospettano gli inquirenti è l’esistenza di un sistema atto a favorire l’evasione fiscale, i cui protagonisti sarebbero soprattutto i procuratori dei giocatori - su tutti il nome di Alessandro Moggi -, i giocatori stessi, e le società.    Senza entrare nei dettagli – non è questo lo scopo dell’articolo – preme, prima di tutto, rassicurare tutti i tifosi. Essendo coinvolte, in linea teorica, quasi tutta la serie A e gran parte della serie B, conseguenze sulla classifica di partenza della prossima stagione non ce ne saranno. In Italia, si sa, qualora si riscontri il principio del “sono tutti colpevoli”, scatta in automatico quello del “non è colpevole nessuno”. Prescindendo da questa mia considerazione, in ogni caso, qualche domanda sorge spontanea.    Negli ultimi anni, i campionati italiani, sono stati influenzati anche e in gran misura dalla giustizia, oltre che dal risultato dei campi. La stessa giustizia è intervenuta spesso con decisioni discutibili, senza nascondere troppo come, alla fine, esistano due pesi e due misure. Un sistema, quello calcistico, capace, in meno di un decennio, nel record invidiabile di riscontrare meno fiducia di quanto oggi non faccia la classe politica. Perché, allora, perpetuare tutto questo, se ogni estate le stagioni sportive rischiano di essere decise dai tribunali, se il sistema è sospettato – mai giudicare prima della giustizia – di essere probabilmente il più grande evasore dello Stato?   Quale senso ha continuare con le stesse regole, mantenendo sostanzialmente inalterate le fondamenta del sistema, salvo intervenire – in modo goffo e spesso inefficace – una volta commessi i reati, risolvendo il tutto, il più delle volte, con decisioni più simili ad una ramanzina che ad altro? Forse, alla fine, non aveva neanche tutti i torti Monti, quando diceva che in una situazione di questo tipo fosse necessario fermarsi tutti per un anno a riflettere sul da farsi. Certo, il problema è che poi, senza pallone la domenica, gli italiani inizierebbero a guardare con maggiore interesse a Palazzo Madama e a Montecitorio.    Andrea Viscardi