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Se c'è una cosa di cui ho sempre avuto percezione durante i miei viaggi, questa è la lontananza. Intesa come distanza da casa, senza comunque che io sia particolarmente attaccato alla mia terra, e soprattutto come ubicazione nel mondo. Ho provato questa sensazione in particolare in tre occasioni, a dispetto del fatto che abbia avuto la fortuna di trovarmi in luoghi ancora più lontani. L’ho avuta a Montevideo, seduto sulle gradinate della pista di atletica del Parque Battle che sta dietro all’Estadio Centenario. Ho avuto la stessa sensazione a Buenos Aires nello stadio dell’Huracan, guardando oltre gli spalti e i palazzoni in lontananza, perdendomi in un cielo color carta da zucchero alla stessa latitudine di Città del Capo di là dall’Oceano. E per finire questa emozione, perché tale è, l’ho provata a Istanbul, una città unica nel suo genere distendendosi fra due continenti come solo uno Stato, di norma, può ambire a fare. Ricordo che guardando i quartieri oltre lo specchio d’acqua che si apriva di fronte a me pensai “Quella è l’Asia…” e mi si riempì l’anima, mi sentii parte della Storia.Il calcio turco, che negli ultimi anni ha raggiunto e superato in considerazione quello dei rivali greci, mantiene elementi della tradizione sapientemente mescolati a una modernità fatta di ascesa economica e tecnica di tutto rispetto. La polemica circa l’entrata della Turchia in Europa, non per altro, poggia sullo stesso spaesamento che proviamo al che cerchiamo di definire una nazione che cerca di ribadire l’affrancamento politico da una delle tre religioni maggiori ma che in questa continua a trovare motivi di grande fascino legati alla vita quotidiana, semplice. E’ questo che succede alla maggior parte delle culture quando vengono vissute nel luogo d’origine, ove trovano spiegazioni che altrove suonano come giustificazioni. E così, la Turchia e con essa la sua città più nota, sono irrimediabilmente legate a questa dualità che, in fondo, più che ambigua risulta affascinante. Tanto per non smentirsi, anche il calcio segue questa linea e delle tre squadre principali di Istanbul due sono del lato europeo e una di quello asiatico. Galatasaray e Besiktas da una parte, Fenerbahce dall’altra. Nel giro di soli quattro anni e sempre a distanza di due, dal 1903 al 1907, vennero fondate tutte queste Società, che sono polisportive. Primo fu il Besiktas, cui seguì il Galatasaray e per finire il Fenerbahce. Come succede per le squadre di cui si sente parlar meno, sono innanzitutto i colori a catturare l’attenzione. Bianconeri quelli del Besiktas, ispirati alla dualità della natura un po’ come lo Yin e lo Yang, benché le influenze taosite e confuciane non c’entrino, e comunque a un concetto molto semplice di esistenza derivato dalla purezza delle discipine ginniche praticate nel Club prima ancora del calcio. Gialloblù quelli del Fenerbahce, benché in principio fossero gialli e bianchi, curiosamente come quelli saltuariamente portati dall’FC Torinese da cui nacque il Toro. Giallorossi quelli del Galatasaray, anche se con riguardo a questo Club rimasi catturato soprattutto dalla rivelazione che‘galatasaray’ significherebbe ‘stella di Genova’ e sarebbe retaggio dei contatti coi mercanti liguri: vero o meno che sia, per me fu automatico ripensare ai traffici medievali e alle piste carovaniere che dalle sponde orientali dell’Adriatico o dall’Africa sahariana passavano per l’antica Costantinopoli, toccavano Trebisonda (ovvero Trabzon, la cui squadra, il Trabzonspor, è la quarta più titolata del Paese) e poi si perdevano nel resto dell’Asia, fino alla Cina che vide Marco Polo e al Giappone del nuovo c.t. Zaccheroni. Nel tipico miscuglio di antico e moderno che si può ritrovare in un bazaar. Il Club che più di tutti volle identificarsi con la Turchia prima ancora che questa divenisse autonoma con la nascita della Repubblica seguita alla dissoluzione dell’Impero Ottomano è forse il Galatasaray, fondato de studenti agiati che intendevano arginare lo strapotere calcistico di inglesi e greci, presenti in ragione dello spartimento del territorio fra diverse Potenze straniere. Tra la metà dei secoli XIX e XX, non dimentichiamolo, la Turchia si trovò al centro di un vero e proprio sconvolgimento dell’intera area balcanica e mediorientale. Il risultato fu l’indipendenza, con l’affrancamento dal potere religioso in materia politica e l’affermazione di un sentimento nazionalista figlio delle radici ottomane ma proiettato al futuro, per il desiderio, direi quasi la necessità, di distinguersi financo linguisticamente rispetto al panorama circostante, che sappiamo essere ancora agitato. I giallorossi non sono solo i più titolati di Turchia: sono anche l’unica squadra del Paese ad avere ottenuto dei trionfi europei, vale a dire la Coppa Uefa e la Supercoppa del 2000, battuti niente meno che Arsenal e Real Madrid, rispettivamente. Erano i tempi dell’allenatore Fatih Terim e dell’ex attaccante granata Hakan Sukur, ma anche di Hagi, trasferitosi a Istanbul in cerca di gloria. Che trovò: in quel 2000 infatti la sua squadra fece ben più che una delle numerose e inflazionate triplette di cui si parla tanto oggi, fece poker, vincendo anche campionato, il quarto di fila, e coppa nazionale, seconda di tre consecutive.La seconda squadra più titolata di Turchia è il Fenerbahce, che a dispetto dei capitali di cui sta godendo ultimamente è tradizionalmente associata alle classi meno abbienti. E’ la seconda più vincente anche guardando alle sole competizioni cittadine, dato che fino all’istituzione del campionato nazionale (1957, dal 1959 Super Lig) si disputavano tornei locali. In questo particolare ambito, Fenerbahce e Galatasaray si sono aggiudicati 16 manifestazioni a testa, il Besiktas 11; ma di Coppe di Istanbul i giallorossi ne hanno vinte 2 mentre i gialloblù soltanto una. Curioso come questi equilibri vengano rispettati sul piano nazionale: 17 i campionati di Galatasaray e Fenerbahce, 13 quelli del Besiktas; le Coppe, invece, sono andate 14 volte al Galatasaray, 8 al Besiktas e soltanto 4 al Fenerbahce. Da notare che soltanto cinque Club si sono laureati campioni di Turchia: oltre ai tre di Istanbul solamente Trabzonspor e Bursaspor, fra l’altro detentore. E il 2010 è solo il quinto anno in cui nessuno dei due trofei maggiori, da quando esistono entrambi, è andato a una squadra di Istanbul.Il calcio turco sta crescendo innanzitutto internamente, con una sempre maggiore competitività che comprende tutto il territorio. Il Trabzonspor potrebbe rinverdire i fasti degli anni Settanta e Ottanta, mentre il Bursaspor ha vinto l’ultimo campionato. Sono squadre asiatiche ma soprattutto della provincia e con appena poco più di quarant’anni di vita. Le tre grandi di Istanbul, però, non finiscono di rafforzarsi e rappresentano ormai un porto sicuro per diversi stranieri di indiscusso valore. Spesso il loro approdo a questi Club dipende da una carriera giunta a un punto di stallo o rappresenta un primo passo verso l’Europa che conta provenendo dal Sud America, mercato assai particolare. Forse, però, di più. Perché passo dopo passo queste squadre stanno crescendo anche in ambito continentale, e con esse la Nazionale, che agli ultimi Europei, guidata dal già citato Terim, ha fatto bene quasi quanto la Grecia a quelli del Portogallo, e certamente ha giocato meglio. Tornando ai Club, il Besiktas è allenato da Bernd Schuster e schiera l’italiano Ferrari, l’ex faro del centrocampo madridista Guti e anche Quaresma, disastroso all’Inter ma forse solo in ragione del classico anno storto; al Fenerbahce giocano Diego Lugano, difensore centrale uruguaiano corteggiato da mezzo mondo, Andre Santos e il nigeriano Yobo, con quasi dieci anni di esperienza in Premier League; al Galatasaray oltre a Rijkaard, allenatore, ci sono Elano, stessa del Brasile, l’ex Liverpool Insua, per mesi nel mirino della Fiorentina, ma anche Kewell e Baros, che guarda caso a Istanbul coi Reds avevano battuto il Milan in una della due Finali di Champions League più emozionanti della storia, e poi Misimovic, centrocampista bosniaco ex Wolfsburg. Il prosesso di modernizzazione e rafforzamento è indubitabile e per ora trova un unico limite: che dall’estero arrivano soltanto giocatori disposti a vivere a Istanbul. Quanto detto riguarda la Turchia e in particolar modo Istanbul, una città che non riesce proprio a fare a meno di espandersi e guardare lontano come dimostra anche la posizione dello stadio del Kasimpasa (nella foto), Club che con l’Istanbul BB e le tre grandi rappresenta in Super Lig l’antica Capitale dell’Impero Romano d’Oriente. Non stupirà scoprire, allora, che proprio da qui ha avuto origine anche un Club che invece rappresenta la Grecia, vale a dire l’AEK. Ma di questo parleremo un’altra volta.
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