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La tecnologia bussa. Anche sui campi di gioco più celebrati. Che, alla fine, sono i più caldi, i più complicati. Bollenti di polemiche aspre e sospetti male occultati. Quelli della serie A di casa nostra, per esempio: ma solo quelli. Perchè, ormai, a queste latitudini la seconda, la terza o la quarta serie fanno solo numero e contano poco. Oppure, perchè i rimedi presuppongono un costo. Che non tutti possono accollarsi. I pasionari della moviola a bordo campo, però, riconquistano metri. Anzi, chilometri. E tornano a ruggire. Dopo essere stati stoppati, ma solo per un po', dalla nuova tendenza della televisione generalista: quella di arginare gli attriti e di calmare le folle. Fortificando, nel contempo, gli interessi dei più potenti. Cioè, dei più agevolati. Che è poi il concetto di fondo che regola la quotidianità di questo Paese. Sottrarre all'analisi l'approfondimento delle immagini del crimine, del resto, ha funzionato un anno o poco più. Ma, del resto, alla sportellate dei cattivi arbitraggi è arduo resistere. La tecnologia, allora, spinge. Anche se Blatter, Platini e il potentato tutto si opporrà strenuamente, fieramente: lo sappiamo già. Mentre altrove (in Norvegia, dove sono sempre più avanti) si pensa persino di rivedere il regolamento di base. La proposta della federcalcio locale, rilanciata dall'Ansa, è addirittura originale. Per non dire ingenua. In occasione di gare non proprio equilibrate, è questa l'idea di fondo, magari quando il divario stabilito sull'erba consiste in almeno quattro gol, la formazione che sta perdendo può opportunamente rafforzarsi: con un dodicesimo giocatore. Perchè, fanno sapere dalla Scandinavia, non è divertente imporsi (o perdere) diciassette a zero. Vero. Come è vero pure che, in determinati casi, sarebbe meglio cambiare mestiere o occupazione. E provare a fare altro. Il pallone è un divertimento, una passione, una professione. Non un obbligo.Maurizio Mazzacane
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