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Dolcenera

Dolcenera - immagine 1
 di Walter Panero Amìala ch'à l'arìa amìa cum'à l'é, cum'à l'éAmìala cum'à l'arìa amia ch'à l'é lè, ch'à l'é...
Redazione Toro News

 di Walter Panero

 

Amìala ch'à l'arìa amìa cum'à l'é, cum'à l'éAmìala cum'à l'arìa amia ch'à l'é lè, ch'à l'é lè

(Guardala che arriva, guarda com'è, com'èGuardala come arriva, guarda che è lei, che è lei)

 

A Dante l’acqua aveva sempre fatto paura. La guardava fin da piccolo con diffidenza e non aveva mai imparato a nuotare. Anche se abitava vicino al mare, cioè non così vicino da vederlo da casa, ma abbastanza da poterci andare tutti i giorni.Infatti, si recava al mare quasi tutti i pomeriggi a bordo del suo Pandino verde. Gli piaceva starsene lì sulla passeggiata a contemplare da lontano le onde di quell’enorme distesa d’acqua che da un lato gli incuteva timore, dall'altro lo affascinava. Gli piaceva andarci soprattutto d’autunno, quando il caldo e i turisti se n’erano andati, ma il freddo ancora se ne stava dietro le montagne. Si sedeva sulla panchina con sua moglie Adriana e se ne stavano lì per ore, mano nella mano, a parlare dei vecchi tempi; a raccontarsi le loro storie, sempre uguali, sempre diverse; ad aspettare che il sole se ne andasse a riposare dopo una giornata passata a dare luce e calore al mondo, il loro mondo. A quel punto, il vento si alzava, la temperatura cambiava e, indossata la vecchia giacca un po' consumata dal tempo, Dante prendeva sotto braccio la moglie e la accompagnava alla macchina che li avrebbe riportati verso casa, verso il piccolo paese che se ne stava lassù aggrappato alla montagna come uno stambecco sulla roccia.

 

Nera che porta via, che porta via la vianera che non si vedeva da una vita intera così dolceneranera che picchia forte, che butta giù le portenu l'è l'aegua ch'à fa baggià        (non è acqua che fa sbadigliare)imbaggià, imbaggià                   (ma chiudere porte e finestre)

 

Ma quel giorno al mare non ci si poteva proprio andare. Pioveva fin dal mattino in maniera incessante e violenta. E’ arrivato l’autunno, pensava Dante. Finalmente un po’ d’acqua che fa bene alla terra, visto che da ‘ste parti saranno tre mesi che non viene giù una goccia e il terreno ha sete. Che estate strana! Un luglio che sembrava autunno, poi un agosto ed un settembre torridi come non accadeva da anni, e un inizio ottobre che pareva ancora estate. “Saranno contenti i turisti che vengono qui solo per buttarsi in acqua e se ne fregano di tutto quello che c’è intorno: dei villaggi, della campagna, della natura” diceva sempre Dante quando parlava con qualcuno in paese. E loro lo guardavano straniti: “Ma cosa vuole questo vecchio? Ha sempre qualcosa da ridire….invece di esser contento che la bella stagione porta turisti e quindi soldi, lui mugugna…d’altronde cosa ti aspetti da uno che va al mare solo per contemplarlo e l’acqua non la tocca manco con un dito?…” pensava la maggior parte della gente.

E va bene. Ce ne staremo a casa. Stamattina andrò a fare un po’ di spesa, visto che da mangiare non è rimasto un gran che. Poi chiamerò il tecnico delle caldaie, dato che l’inverno si avvicina e, anche se qui non siamo in Russia, c’è bisogno comunque di riscaldarsi. Noi siamo vecchi, ormai. Purtroppo non è sufficiente mettersi un maglione in più per riscaldarsi. E mia moglie è anche malata ed ha bisogno di stare al caldo. Questo pensava Dante quel mattino, mentre guardava fuori e vedeva l’acqua che non la smetteva di scendere dal cielo e dalla montagna. Fu scosso da un brivido. Aveva paura. Ma non lo avrebbe confessato a nessuno. Neppure alla moglie che aveva bisogno di starsene tranquilla e non di sentirsi raccontare le paturnie di un vecchio.

 

Nera di malasorte, che ammazza e passa oltrenera come la sfortuna che si fa la tana dove non c'è lunaNera di falde amare che passano le bareatru da stramùà           (altro da traslocare)                 à nu n'à, à nu n'à         (non ne ha, non ne ha)

 

“L'hai poi sentito Enzo?” chiese la moglie di Dante riferendosi al tecnico delle caldaie.

“Sì….sì….ha detto che verrà oggi pomeriggio sul tardi….sai com’è….ha iniziato adesso a far freddo e gli stanno arrivando tutte le chiamate insieme in questi giorni….al massimo domani mattina, mi ha detto….”

“Speriamo che venga oggi!…Ho freddo, io!….Forse ho persino qualche linea di febbre….ora vado a prendermela….” disse Adriana rabbrividendo mentre si avvicinava al mobiletto dove tenevano i medicinali e anche il termometro.

“Sì….misuratela….così se ce l’hai ti prendi qualcosa e dopo mangiato ti metti al letto….tanto oggi il tempo….Mamma mia!…Senti come viene!….Guarda che roba!…Sembra un fiume marrone scuro….si vede che la terra non riesce più ad assorbire l’acqua….ai nostri tempi dragavano i torrenti….adesso….pensano solo a fare soldi e basta….parlano tanto di grandi opere, ma per conto mio farebbero meglio a pensare alle cose piccole….altro che!…”

“Uhh….sei il solito brontolone! Comunque sì….fa davvero paura….è da tanto che non vedevo una roba così....ma per fortuna noi siamo qui al calduccio, si fa per dire, e soprattutto al sicuro….da qui nessuno potrà portarci via….” disse ancora Adriana avvicinandosi al marito che stava alla finestra e mettendogli con dolcezza la mano su una spalla.

 

Acqua che non si aspetta, altro che benedettaAcqua che porta male, sale dalle scale, sale senza saleAcqua che spacca il monte, che affonda terra e pontenu l'è aegua de 'na rammà        (non è acqua di un colpo di pioggia)'n valabà, 'n calabà                  (un gran casino, un gran casino)

 

“E’ rimasta un po’ della pasta al forno che ho fatto ieri…” disse Dante alla moglie quando arrivò l’ora di pranzo.

“Va bene….tanto io non ho mica tanta fame….giusto per non rimanere a stomaco vuoto….se vuoi tu fatti un po’ di carne….deve esserne rimasta un po’ in frigo….”

“Ma no….basta questo…poi mi mangio un po’ di formaggio e la frutta che quella non deve mai mancare…”

“Non esagerare col formaggio e col vino! Hai sentito il dottore l’ultima volta che siamo andati e gli abbiamo portato gli esami?”

“Va beh….ma non dimentichiamoci che abbiamo ottant’anni suonati ormai….e poi per mezzo bicchiere di rosso non è mai morto nessuno….dovresti assaggiarne un po’ anche tu….”

“Ma va là!….Lo sai che non posso….i miei reni non funzionano più….quello è veleno per me!”

Dante la guardò con dolcezza e portò il bicchiere di rosso alla bocca dalla quale uscì un sorriso di soddisfazione. Altro che l’acqua, pensava Dante.

 

Acqua di spilli fitti dal cielo e dai soffittiacqua per fotografie per cercare i complici da maledireacqua che stringe i fianchi, tonnara di passantiàtru da camallà                   (altro da mettersi in spalla)à nu n'à, à nu n'à                 (non ne ha, non ne ha)

 

“Lasciali i piatti….li facciamo dopo….sono già le due passate….andiamo un po’ a stenderci di là nel letto….dormiamo un’oretta così se poi Enzo arriva tu gli dai una mano con la caldaia....

A Dante non piaceva lasciare le cose a metà. Avrebbe preferito finire il lavoro e solo dopo andare a riposare. Ma in effetti era abbastanza tardi e, se si fosse messo a fare i lavori di casa, avrebbe finito per non andarci proprio a riposare. In fondo Adriana aveva ragione. Mica c’era fretta! Era un lavoro che si poteva fare benissimo anche dopo. Cosa c’era di meglio di una bella dormita in una giornata così? Con quella pioggia che non la smetteva un attimo. Dante lanciò ancora un’occhiata là fuori: il fiume d’acqua e detriti sembrava aumentare ancora. Ma, come aveva detto sua moglie prima, non c’era motivo di preoccuparsi. Loro erano al sicuro, nella loro piccola casetta di tre vani, quella che si erano comprati trent’anni prima, anche se a lui non piaceva poi così tanto, ma a sua moglie sì e si sa che queste cose le decidono le donne.

 

Oltre il muro dei vetri si risveglia la vitache si prende per manoa battaglia finitacome fa questo amore che dall'ansia di perdersiha avuto in un giorno la certezza di aversi

 

Dante ed Adriana entrarono in camera. Era quasi un peccato mettersi sotto le coperte, vista la cura con cui loro stessi le avevano rimboccate la mattina. Un rito che si ripeteva sempre uguale da oltre cinquant’anni. Cinquant’anni. Dirlo sembra facile, ma stare insieme cinquant’anni….rispettarsi….amarsi….sì amarsi anche se  lo dicevano poco, ma l’amore è fatto di sguardi, mica di parole….

Si infilarono sotto le coperte. Dante diede un’occhiata alla foto che li ritraeva insieme il giorno del matrimonio. Com’erano giovani. Com’erano belli. Com’erano spensierati.

Poi tirò su le coperte. Vide che Adriana si era già appisolata. Le prese dolcemente la mano come faceva dalla prima notte trascorsa insieme. Con l’altra spense la luce. Si addormentò sognando il boato del mare in tempesta.

A Dante l’acqua aveva sempre fatto paura.

 

Acqua che ha fatto sera, che adesso si ritirabassa sfila tra la gente come un'innocente che non c'entra nientefredda come un dolore, Dolcenera senza cuoreatru da rebellà             (altro da trascinare)à nu n'à, à nu n'à        (non ne ha, non ne ha)

 

 

I corpi senza vita di Dante ed Adriana sono stati ritrovati in quello che è rimasto della loro casa di Borghetto Vara. Il fiume di acqua, terra e fango li ha sorpresi insieme. Mi piace pensare che siano morti felici.Questo breve racconto (scritto prima di aver vissuto in prima persona l'alluvione di ieri) è dedicato alla loro memoria ed a quella di Paola, Nicolae Corneliu, Stefan Marian, Erica, Claudio, Aldo, Rita, Maurizio che hanno perso la vita durante l’alluvione che il 25 ottobre ha colpito la Liguria Orientale e la Toscana Settentrionale, e anche a coloro che sono morti ieri a Genova nelle medesime circostanze.Serve a poco, ma credo che un abbraccio a chi li ha conosciuti ed amati faccia sempre piacere anche nei momenti più bui.Solidarietà per tutti coloro che durante le alluvioni hanno perso tutto, o anche solo qualcosa.Condanna morale , invece, per chi ha permesso questo scempio.No, amici miei, questa non è fatalità. Non solo, almeno. Il Terremoto in Giappone che ha messo a dura prova la resistenza delle costruzioni antisismiche più sofisticate è una fatalità.Permettere di costruire in zone pericolose è un errore imperdonabile. Non far nulla per cercare di evitare che tragedie come questa si ripetano (ogni anno, ogni mese,ogni settimana in maniera sempre diversa ma sempre uguale) è negligenza colposa.Pensare alle cosiddette Grandi Opere quando la gente poco lontano muore perché manca l’attenzione alle piccole cose come mettere in sicurezza il corso di un torrente è un crimine. E come tale andrebbe punito o quanto meno raccontato.

 

 

Chi volesse riascoltare la canzone "Dolcenera" di Fabrizio De André che fa da filo conduttore a questo racconto, può cliccare qui sotto. Le immagini si riferiscono all'alluvione di Genova del 10 ottobre 1970 che purtroppo ha conosciuto una triste replica ieri. Sono passati 41 anni da allora ma, a parte il fatto che le immagini erano in bianco e nero, non sembra essere cambiato davvero nulla.

 

Ecco invece alcuni tremendi filmati che si riferiscono all'alluvione che ha colpito le Cinque Terre e la Lunigiana il 25 ottobre:

 

 

E qui ecco Genova, ieri: