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Football Story l’ultima (bellissima) fatica di Maurizio Martucci

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Anteprima nazionale al Museo del Grande Torino e della Leggenda Granata. Sabato 23 Ottobre a Villa Claretta Assandri (Via La Salle 87, Grugliasco) alle ore 18,30 lo scrittore Maurizio Martucci per la prima volta presenta la sua ultima fatica....
Redazione Toro News

Anteprima nazionale al Museo del Grande Torino e della Leggenda Granata. Sabato 23 Ottobre a Villa Claretta Assandri (Via La Salle 87, Grugliasco) alle ore 18,30 lo scrittore Maurizio Martucci per la prima volta presenta la sua ultima fatica. Si intitola Football Story, la storia del calcio raccontata nelle mostre e nei musei disseminati nel mondo.  Una libro che farà parlare molto: difatti è la prima ed unica raccolta di tutti i centri di cultura del football. Ce ne parla l’autore.

Maurizio Martucci, come nasce l’idea di questo libro?Parte da molto lontano, da un'idea sperimentale nata quasi per gioco, per amore verso lo spirito originario del pallone: è frutto di un lavoro sotterraneo durato 4 anni. Nel 2006 su una rivista di storia pubblicai un articolo dal titolo: 'In mostra un mito chiamato calcio'. L'Italia aveva appena vinto i mondiali di Germania e pensai di collegare l'evento ai precedenti di Pozzo e Bearzot, scrivendo di trofei e stemmi degli anni '30 e dell'82. Da quel momento ho iniziato a viaggiare alla ricerca di luoghi di culto per nicchie di appassionati. Ne è uscita un'avvincente mappatura, una panoramica unica che consiglio ad ogni vero tifoso di tenere sul comodino e leggere a dosi quotidiane. Non esistono altri libri del genere al mondo. Qualcuno lo considera una guida da viaggio, un'idea per le mete delle prossime vacanze invernali...

...visitare i musei del calcio a Natale?Perché no?In Italia sono una realtà allo stato embrionale, ancora sconosciuta al grande pubblico. All'estero invece è un fenomeno radicato che sfiora i numeri degli ingressi del British Museum e del Louvre. Arrigo Sacchi disse che tra le cose meno importanti della vita, il calcio è sicuramente la più importante. E io dico che il museo del calcio diventa il Sancta Sanctorum dei fedeli, il mausoleo dove è custodito il Sacro Graal di un culto laico tramandato da chi vive con ardore le sorti del club: in visita ci vanno le scolaresche per apprendere una lezione di educazione allo sport, così come si fa in gita agli scavi, per toccare con mano il valore dei siti archeologici. Beh... qui non parliamo di luoghi millenari, ma di una storia ultra centenaria! Se il calcio è diventato collettore nazional-popolare di aggregazione trans-generazionale, è merito della sacralità ludica e dei riti magico-collettivi di questa pratica sociale regolamentata dagli arnesi del mestiere: scarpini, gagliardetti, magliette, palloni, figurine, cimeli... un armamentario con oltre 160 anni di storia custodita gelosamente nelle stanze dei musei.

In pratica, cultura del calcio...Certo! Per restare nel nostro continente, Spagna, Inghilterra, Scozia e Germania sono uscite dalla segregazione culturale che invece continua ancora oggi ad attanagliare l'Italia, paese a cultura calcistica arretrata e sottosviluppata, destabilizzato da una classe dirigente spregiudicata che ha partorito uno strumento burocratico e di controllo come la Tessera del Tifoso, che allontana la gente dagli stadi invece di avvicinarla. Presentificare il passato significa fare storia, trovare punti di contatto, avere memoria storica condivisa creando un ponte tra passato e futuro, per non temere le nuove strategie di massa che disorientano anche i tifosi più incalliti. A maggior ragione oggi: business, omologazione, appiattimento, vuvuzelas, il neo-calcio sta sradicando le radici tradizionali del football. Ma il pallone può tornare alla sua gente e all'estero...

.. cosa?..all'estero custodiscono i trofei delle categorie giovanili, le targhe celebrative delle amichevoli, pure quelle di una promozione dalla serie inferiore alla serie superiore: in Italia se scendi in Serie B o retrocedi in Lega Pro sei un cretino perché lasci la diretta televisiva in pay per view, la società non becca più soldi e non c'è più nessuno in tribuna. Invece all'estero è diverso: vattene a Londra. Prova a trovare un biglietto in casa per il Leyton Orient, uno dei 20 club della metropoli. Impossibile, stadio esaurito! Mica pensano tutti al Chelsea, perché il calcio è cultura del territorio e della fede! Anche senza vincere: è il senso della nobiltà della sconfitta, in grado di difendere l'onore e la storia del club sempre e comunque. Quando il Norwich City retrocesse dalla seconda alla terza divisione, i tifosi risposero con 18.000 abbonamenti. All'estero il palmares da ostentare ai turisti contiene anche coppe che da noi non avrebbero valore e magari verrebbero dismesse o vendute su bancarelle di un mercatino dell'usato. In Italia è così, mentalità provinciale. O vinci lo scudetto, entri in Champions League oppure sei un coglione, non c'è via di mezzo: è la logica mediocre di chi mastica calcio industria come prodotto virtuale, esattamente come in altri termini si faceva nel salotto del 'Processo del Lunedì', ignorando l'essenza vera della cultura del calcio. Li hai mai sentiti ricordare le imprese del Casale, del Bologna che tremare il mondo fa, del Cagliari di Riva o del Verona di Bagnoli? E le ferite di un marketing a-culturale si vedono eccome: è una sanguisuga che sconvolge ogni gerarchia, disorienta il pubblico e attira investitori arabi, petroldollari, alta finanza, multinazionali. Ma che gliene frega a questi signori del calcio! Che gliene frega che nella tua vita hai cambiato moglie, casa, lavoro... ma non hai mai cambiato la tua squadra del cuore! Per loro la passione della gente è solo un pretesto per penetrare un mercato da aggredire: cavalcano la passione genuina per ricavarne utili! C'è bisogno di ridisegnare le regole del gioco: una legge del 1981 fa delle società sportive degli enti senza scopo di lucro, mentre il calcio di oggi ha un germe da sconfiggere. Sta al suo interno, ha nome e cognome, si chiama neo-calcio. L'avversario non è più l'altra squadra o la tifoseria opposta. La rivalità adesso si basa sulla visione del mondo: per qualcuno il pallone è ancora rotondo com'era a Cambridge nel 1848, per altri invece ha assunto una circonferenza inedita, simile ai codici a nove zeri di un contro corrente bancario...

Come è suddiviso il libro?Ci sono tre sezioni, ognuna è un concentrato di numeri, reperti, foto e curiosità: la prima parte è sui musei, sia nazionali che di club, ci sono anche quelli promossi dalla FIFA. La seconda sezione del libro è dedicata alle mostre temporanee e infine la terza racconta il collezionismo privato, dove tra l'altro parlo pure di Subbuteo, un gioco vecchia maniera. A livello di federazioni nazionali, ho censito 11 musei, dalla Norvegia al Brasile, dall'Irlanda al Giappone e al Paraguay, passando ovviamente per il museo nazionale di Coverciano, gestito dalla fondazione che fa capo alla FIGC. Una trentina sono invece i musei permanenti dei club: molti conoscono quelli delle blasonate di Manchester, Liverpool, Madrid e Barcellona. Ma sono altrettanto affascinanti i musei di Bilbao, Glasgow, Saragozza e Lisbona...

E in Italia?… poche isole felici. La più famosa è dentro San Siro: attira ogni anno migliaia di visitatori. E' il museo del Milan e dell'Inter, nato dalla passione di un collezionista privato che ha tramutato il suo hobby in una professione vera e propria al servizio di milanesi e turisti stranieri. Dentro lo stadio di Vercelli esiste invece la sala dei trofei della mitica Pro di Silvio Piola, ma quello che sento più vivo, dinamico e pulsante è sicuramente il museo del Torino: nato dalla volontà di alcuni tifosi granata, in Italia è l'unico creato e gestito da soli tifosi. Non conta su aiuti esterni né su sponsorizzazioni da parte della società di Cairo: si regge sui contributi del popolo torinista. Ci sono i pezzi del leggendario Stadio Filadelfia, le maglie di Mazzola, i tagliandi d'ingresso delle trasferte e i resti dell'aereo schiantatosi a Superga. E' un museo leggenda, sta nel paesino di Grugliasco. L'ultimo nato in ordine di tempo è quello del Genoa, il club più antico d'Italia: c'è l'epigrafe di Gabriele d'Annunzio accanto ai segni dello sbarco degli inglesi che esportarono il calcio nel 1893. Prima era una mostra sui pionieri del '900, poi è diventato un museo vero e proprio, si trova in centro a Zena. E poi c'è un'altra chicca... il museo fotografico del tifo: a Roma, zona Vescovio-Somalia, riguarda la sponda laziale, è sulle pareti della sede del Sodalizio Biancoceleste. Ci sono foto dagli anni '50 ad oggi insieme a quelle delle formazioni schierate, a partire dal 1900. Una cosa del genere l'avevo vista a Brema: nel museo del Werder c'è una zona dedicata al suo pubblico, con tanto di megafono con cui gli ultrà alzavano i cori in curva. C'è pure l'esposizione di una macchina da trasferta su cui si viaggiava per seguire i verdi di Germania fuori città.

Perché hai scelto il museo del Toro come prima tappa per la presentazione del nuovo libro?Presto presenterò a Coverciano e a Roma. Ma non potevo non iniziare dal Museo del Grande Torino. Mi ha impressionato molto l’attaccamento della gente granata per la maglia e il simbolo, il modo di auto-gestirsi pur di far sopravvivere pezzi di storia altrimenti dimenticati. Insomma, il calcio è della gente e a Grugliasco credo sia perfettamente riuscita questa simbiosi tra tifosi, popolo e storia del club. Vi aspetto sabato ...  

 

L’AUTORE

Maurizio Martucci, giornalista e scrittore, tra gli altri ha pubblicato anche 11 Novembre 2007, l’uccisione di Gabriele Sandri una giornata buia della Repubblica, Roma, Sovera Multimedia, 2008, Cuore tifoso. Roma-Lazio 1979, Un razzo ha distrutto la mia famiglia, Gabriele Paparelli racconta, Roma, Sovera Multimedia, 2009 e Cuori Tifosi. Quando il calcio uccide, i morti dimenticati degli stadi italiani, Milano, Sperling & Kupfer, 2010. Quest’ultimo libro è stato recensito anche su RAI 1, TG5 e SKY SPORT 24. L’autore risponde sul blog cuoritifosi.ormedilettura.com

Football Story - 24,00 € - 174 pagine Edizioni Nerbini, per richiedere il libroacquisti@nerbini.it