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Football

Redazione Toro News
di Andrea Ciprandi

Dire football non significa necessariamente dire calcio. Molti presunti puristi non riconoscono altro football che quello nato in Inghilterra e inorridiscono al sentire l’espressione ‘soccer’ anche se forse solo perché non ne conoscono l’etimologia. In realtà, senza poter vantare meno nobiltà sportiva degli europei, statunitensi e canadesi sono costretti a utilizzare l’espressione ‘soccer’ per distinguere il calcio dal loro football dato che in Nord America sono largamente praticati entrambi. Contemporaneamente, anche agli antipodi si usa dire ‘soccer’ per parlare di calcio, ma questo perché il football, lì, è l’Aussie Rules o, com’è ufficialmente definito e comunemente conosciuto, il football australiano. Per quanto in alcuni casi possa esserci un’origine comune fra diverse discipline praticate nei college, il football americano non ha niente a che vedere col rugby, nonostante siano in tanti a pensarlo, per quanto lo si giochi utilizzando una palla ovale, senza effettuare troppi calci, utilizzando imprescindibilmente le mani e sfruttando due porte con pali molto alti e senza rete. Quello australiano, d’altro canto, non è un surrogato di quello americano, del rugby e dello stesso calcio solo perché da un lato prevede porte con pali alti da infilare con la solita palla ovale e l’utilizzo delle mani mentre dall’altro implica molto gioco di piede e chi lo pratica non indossa protezioni…  Un’altra cosa, poi, è certa. Vale a dire che se fuori dall’Europa pur con le naturali preferenze derivanti dalla tradizione ogni sport, calcio compreso, è largamente praticato e innanzitutto rispettato, nel Vecchio Continente invece siamo molto restii anche solo a riconoscere credibilità agli altri football. Questo a dispetto dell’esistenza e della grande attività dentro e fuori dai campi di una numerosissima comunità, direi un popolo, di cultori delle altre discipline. Siamo nell’ordine di centinaia di migliaia, ma se già la Pellegrini e la Cagnotto fanno fatica a farsi tenere aperta una piscina per allenarsi figuriamoci se le varie Federazioni a cui sono affiliati gli sport maggiormente praticati ma soprattutto propinatici in Italia, con dietro i loro sponsor e le loro televisioni, avranno mai interesse a lasciare spazio a queste altre discipline e a concedere le proprie strutture, per praticarle, a chi le ama… Visto come vanno le cose da queste parti, giova allora fare una rapida panoramica sulle origini dei tre football e sono convinto che leggere alcuni dati farà quanto meno riconsiderare la nobiltà di quelli nati e diffusisi negli altri Continenti. Se le regole dal calcio moderno furono fissate all’Università di Cambridge nel 1848 e nel 1857 si fondò la prima squadra professionista, vale a dire il famoso Sheffield Football Club, già nel 1841 in Australia giocavano al loro football e la prima squadra non amatoriale fu fondata a cavallo fra il 1858 e il 1859: si trattava del Melbourne. Tempo giusto un decennio o poco più, poi, e nel 1861 sarebbe nato anche quello americano, sorto al pari del calcio europeo in ambiente universitario. In Inghilterra bruciarono le tappe in quanto a organizzazione, con la Football Association che vide la luce già nel 1863 e il primo campionato professionistico, la Football League, nel 1888. In Australia, a ogni buon conto, erano in ritardo solo di una decina d’anni, con la Victorian Football Association fondata nel 1877 e il primo torneo, la Victorian Football League, nel 1897. Per quel tempo, comunque, erano già nate le prime squadre professioniste americane (1892) e non tragga in inganno l’organizzazione tardiva della prima lega professionistica, la vecchia National Football League del 1922, perché allora come se non più di oggi il football universitario era seguitissimo e, di fatto, poteva bastare a se stesso. Curioso, poi, come l’uomo simbolo del football americano delle origini fosse un mezzosangue legato alla tribù dei Sacs-Meskwaki, vale a dire il campione olimpico Jim Thorpe. Lo dico perché centinaia di milioni di statunitensi evidentemente devono lo sviluppo di una delle loro passioni nazionali a una persona prima osteggiata per motivi razziali e solo in seguito assurta a simbolo, un indiano d’adozione che di gran parte di loro o dei loro antenati armati di moschetto avrebbe volentieri fatto a meno…A questo punto è necessaria una precisazione circa l’origine dell’espresione ‘football’ che risulterà illuminante. ‘Foot-ball’ erano chiamate dagli inglesi le discipline che prevedevano anche il trattamento del pallone coi piedi e fra queste rientrava innanzitutto il rugby, o meglio il ‘rugby football’. Quando, sempre in Inghilterra, nacque il calcio, lo si definì ‘association football’ ma anche, prendendo spunto dalla parola ‘association’, semplicemente ‘soccer’. Così, contemporaneamente al fiorire dei regolamenti che avrebbero definito i diversi sport di squadra e movimento con la palla in giro per il mondo, fra cui anche il citato ‘aussie rules’ ovvero football australiano, anche il soccer di britannica origine attecchì in Paesi diversi e lì continuò a essere chiamato in quel modo per distinguerlo dagli altri football locali. C’è anche da dire che il calcio è l’unico sport che tutti sembrano essere in grado di praticare in ogni parte del pianeta, a differenza per esempio degli altri due football, che a dispetto della scarsa considerazione di cui godono da noi sono tecnici, tattici, atleticamente probanti e lealmente giocati come nessun calciatore medio, mi sia concesso, saprebbe concepire e nemmeno sopportare. Per non parlare della modernità con cui vengono gestiti e dell’intransigenza dei loro regolamenti, tutte cose che siamo pronti a invidiargli solo quando la nostra squadra di calcio perde magari per un gol preso su fuorigioco non visto o si vede negare un rigore che invece c’era, e allora al diavolo l’umana imperfezione e l’irresistibile semplicità del gioco del pallone rispetto a quelle altre cose là da circo… Non me ne volgiate, non sto dicendo che il calcio sia roba da poco: mi contraddirei. Ma è quanto mai ingiusto ritenere che ci sia soltanto folklore dietro l’aspetto per noi insolito di chi pratica le discipline nazionali nordamericane e australiane. Sì, nella terra dei canguri il football è addirittura più praticato e seguito del rugby, diversamente da quanto siamo abituati a sentirci dire: i tesserati sono all’incirca 700.000, quasi il doppio di quelli del cricket o di ‘rugby union’ e ‘rugby league’ messi insieme, la media di spettatori sfiora i 40.000 a partita e la finale del campionato, la Grand Final, è l’evento sportivo a cui presenziano dal vivo più tifosi fra tutti quelli che ci sono al mondo, calcistici inclusi. Certo, ogni Paese ha la propria storia e conseguentemente le proprie preferenze, ma non dovendo nemmeno temere che l’amato calcio possa mai essere messo in ombra da una qualsiasi altra disciplina sarebbe positivo aprirsi anche a tutto il resto. E, quando capita, avere un approccio ragionevole, con la sportività che dovrebbe animare chi segue, appunto, lo sport e non solo uno sport. O quanto meno con curiosità e simpatia. Espressioni, queste, che fanno sorridere innanzitutto me mentre le scrivo ma che, abbandonata una certa presupponenza fuori luogo, restano potenzialmente un buon punto di partenza verso la civiltà e il divertimento. Che non sono mai abbastanza.