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Dopo tantissimi anni torna a verificarsi una situazione molto particolare ma anche significativa: le quattro squadre di Birmingham e dintorni giocheranno nella massima divisione inglese.Praticamente tutti conoscono l’Aston Villa, la più titolata delle quattro coi tanti successi ottenuti fra Coppa dei Campioni, campionato e Coppe nazionali. E’ un Club particolarmente evocativo anche perché il suo trionfo continentale dell’82 praticamente coincise con l’inizio di programmi televisivi italiani dedicati al panorama internazionale, che ci fecero conoscere giocatori come Gary Shaw, Peter Withe e quel Gordon Cowans poi trasferitosi al Bari. E’ un po’ di tempo però che anche il Birmingham City ha trovato stabilità, e ora che il Wolverhampton è riuscito a salvarsi e il West Bromwich Albion guidato oltretutto da Roberto Di Matteo si è conquistato un posto fra i migliori, sono ancora di più i motivi per celebrare un angolo di mondo calcistico così speciale.Queste squadre rappresentano un’area geografica davvero limitata, paragonabile a quella compresa fra Milano, Monza e Desio piuttosto che Torino, Orbassano e Pinerolo a dir tanto, con WBA e Wolverhampton a spartirsi il tifo della Greater Birmingham, dalle immediate vicinanze del capoluogo fino alla Black County che deve il proprio nome alle numerose miniere di carbone che vi si trovano. Benché lungi dall’averlo fatto appositamente, date le sentitissime rivalità incrociate che le legano o meglio separano, con la loro brillante storia recente sono riuscite a ricreare un nucleo difficilmente ignorabile in considerazione anche dell’importanza tradizionalmente rivestita dai Club del centro Inghilterra, le cosiddette Midlands. Infatti è qui e più precisamente fra Birmingham e Sheffield che negli ambienti del dopolavoro, in piena Rivoluzione Industriale, nacque il calcio. Non per altro l’ormai decaduto Sheffield F.C. è la Società più antica del mondo (fondata nel 1857) ma Villa (1874), Birmingham City (1875), Wolves (1877) e WBA (1878) possono ugulamente essere considerati veri pionieri di questo sport. Lo furono al punto che nel 1888 tre di essi, con la sola eccezione del Birmingham City, contribuirono a creare il gruppo delle dodici squadre che presero parte al più antico campionato del mondo, quella Football League preceduta temporalmente solo da un torneo a eliminzaione diretta, la Coppa d’Inghilterra, giocata per la prima volta nel 1871-72. A sottolineare l’incidenza del calcio inglese centrosettentrionale, c’è da dire che nemmeno i soldi della Premier League e dei suoi diritti televisivi, ridistribuiti negli ultimi vent’anni fra pochi Club privilegiati, sono riusciti a spostare gli equilibri del calcio inglese. E’ quanto mai significativo, infatti, che dei 111 campionati disputati ben 90 siano stati conquistati da Club del centronord, tendenza solo di poco più marcata di quella che riguarda la Coppa d’Inghilterra, il trofeo di gran lunga più ambito Oltremanica fino alla nascita della Premier. Per i patiti dei numeri e tutti coloro che stentassero a credere che tutte e quattro queste squadre (tre delle quali dai mezzi limitati) abbiano potuto scrivere parecchia storia, basti ricordare che da sole hanno saputo mettere insieme 11 campionati, 16 Coppe d’Inghilterra e 9 Coppe di Lega, cui l’Aston Villa, forse non a caso la più facoltosa, ha aggiunto 3 trofei europei.Le norme del fairplay finanziario che la UEFA dovrebbe rendere effettive nel giro di un paio di anni potrebbero dare una mano a molti Club di grande lignaggio che mirano a rilanciarsi nel calcio che conta, come si suol dire. Nell’attesa, a ogni buon conto, trovo già molto bello che la tradizione stia riaffiorando a colpi di azzeccate scelte tecniche e buone gestioni sia umane (grazie alle Scuole Calcio) che di bilancio di alcune Società storiche rimaste per lungo tempo nell’ombra. Mentre l’Aston Villa è comunque sempre stata ai margini dell’Eden delle Big Four (Manchester United, Arsenal, Chelsea e Liverpool), le altre tre squadre della zona di Birmingham hanno atteso moltissimo il ritorno sui grandi palcoscenici; basti pensare al Wolverhampton, che ha compiuto il salto di qualità solo due stagioni or sono dopo praticamente vent’anni di purgatorio e inferno, riferendomi allo sprofondamento addirittura in Quarta Divisione. Visto che dal fairplay finanziario ci si aspetta un terremoto in ambito innanzitutto nazionale ma di conseguenza continentale, è bello sognare che proprio il Wolverhampton possa disputare fra non molti anni un’altra finale europea, magari ancora contro il Tottenham da cui venne battuto nel 1972 e che proprio quest’anno ha spezzato l’equilibrio delle citate Big Four.
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