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Il River che non ti aspetti

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di Andrea Ciprandi  Questa rubrica intende essere una finestra sul panorama calcistico mondiale. Partendo non necessariamente dalla cronaca, mira a offrire spunti di riflessione rispettosi delle diverse identità di questo sport...
Redazione Toro News

di Andrea Ciprandi 

 

Questa rubrica intende essere una finestra sul panorama calcistico mondiale. Partendo non necessariamente dalla cronaca, mira a offrire spunti di riflessione rispettosi delle diverse identità di questo sport nei tanti luoghi ove è praticato, con un occhio parimenti attento alle realtà di cui meno si parla.  

Il sigillo sulla recente finale di Europa League è stato messo da un giovane e fenomenale attaccante colombiano dietro al quale, ora apertamente, hanno iniziato a correre numerose Società europee di primo piano. Si tratta del colombiano Radamel Falcao Garcia. Nella stessa partita, accanto a lui, l’argentino Fernando Belluschi, che a Dublino è riuscito a giocare alcuni minuti dopo aver saltato le Semifinali con quel Villarreal in cui militano l’attaccante Marco Ruben e il giovane difensore Mateo Musacchio, entrambi recentemente convocati in Nazionale da Batista. Solo l’eliminazione patita dal Benfica per mano dello Sporting Braga, poi, ci ha negato la possibilità di goderci il confronto tra Falcao e Belluschi e altri due talentuosissimi giocatori argentini, Aimar e Saviola

Non è questo il resoconto delle presenze sudamericane nelle fasi conclusive della seconda Coppa europea per importanza. Il riferimento è invece a ex giocatori del River Plate, quattro dei quali oltretutto usciti dal vivaio del prestigioso Club di Buenos Aires. Calciatori fondamentali per le squadre in cui stanno giocando, al pari dell’altro ex ‘millonario’ Mascherano che col Barcellona, invece, ha raggiunto la Finale di Champions League. 

Destino che accomuna tutte le sudamericane, quello di veder partire i propri beniamini per la ricca Europa. Soprattutto ricca, visto che tanta qualità la pesca dal Sud America piegato dalla svalutazione e quindi ancora una volta terra di conquista. Adesso calcistica, e a mani basse. In tutto quel Continente c’è dunque qualcosa in più ad animare chiunque sia legato a un Club: l’orgoglio di poter migliorare il calcio mondiale attraverso l’inevitabile esportazione dei propri gioielli non appena inizino a brillare. E’ anche per questo che, per restare sul River, i suoi tifosi oggi indossano con identico senso di identificazione anche maglie del Benfica, del Porto, del Barcellona, del Real Madrid, del Villarreal, del Deportivo, del Saragozza, dell’Inter, del Parma, dell’Atalanta, del Catania, dell’Udinese, del Marsiglia… Sì, perché come ricordato in un articolo recentemente pubblicato su ‘La Pagina Millonaria’ sono addirittura 87 gli ex River che attualmente giocano all’estero, 38 dei quali in Europa e una buona metà uscita direttamente dal vivaio di Nuñez. Tutti numeri destinati a crescere, basti pensare a Buonanotte che ha già firmato per il Malaga e Lamela che è sui taccuini dei migliori Club del mondo.

Fra i più noti e validi prodotti autentici del River in attività questa stagione di qua dall’Atlantico spiccano certamente i già citati Aimar e Saviola del Benfica, Falcao Garcia del Porto, Mascherano del Barcellona e Musacchio del Villarreal, di cui tanto bene già si dice nonostante i suoi soli vent’anni. Ma dallo stesso stesso settore giovanile provengono anche Higuain del Real, Demichelis ora al Malaga dopo anni passati al Bayern, Crespo del Parma e Maxi Lopez del Catania. Alcuni di loro, invece, hanno già riattraversato l’Oceano e ora giocano in Brasile o Uruguay dopo aver trascorso alcuni anni in Europa. E’ il caso di D’Alessandro e Cavenaghi, ex letale coppia offensiva del River dei primi anni Duemila, ritrovatisi all’Internacional di Porto Alegre dopo le esperienze in Germania, Inghilterra e Spagna per il primo e Russia, Francia e Spagna per il secondo. E’ anche il caso di Marcelo Gallardo, approdato  al Nacional di Montevideo dopo i trascorsi al Monaco, al Paris Saint Germain e al D.C. United e un più recente ritorno a Nuñez. E poi di Alemyda, di nuovo alla base, e Ariel Ortega, anch’egli ancora di proprietà del River ma da poco andato in prestito all’All Boys, il cui ricordo con le maglie di Sampdoria e Parma porta inevitabilmente a quello di Enzo Francescoli, altro idolo indiscusso della Banda, che qualche anno prima aveva indossato quelle di Cagliari e Torino. 

Tanti sono anche i giocatori che col River Plate hanno raggiunto maturità o notorietà in tempi più o meno recenti. Su tutti Alexis Sanchez, attaccante oggi dell’Udinese e domani facilmente di Inter o Manchester City, e chiaramente Esteban Cambiasso e Mario Yepes. Ma anche Lucho Gonzalez del Marsiglia, Alejandro ‘el Chori’ Dominguez del Valencia ed ex Rubin Kazan, Leonardo Ponzio del Saragozza e Juan Pablo Angel, implacabile attaccante dell’Aston Villa di qualche anno fa. Senza dimenticare i meno famosi Talamonti dell’Atalanta e Juan Antonio dell’Ascoli. Dal Sud America non si è invece mai mosso Dario Conca, eletto miglior giocatore dello scorso campionato brasiliano, che ha vinto col Fluminense, mentre in Sud America è tornato Sebastian Abreu, l’uruguaiano che segnò il rigore decisivo per la Celeste nei Quarti di Finale dei Mondiali del Sud Africa. Si è invece già ritirato Marcelo Salas, che più di altri  merita di essere comunque ricordato in questa sede visto che dopo la consacrazione a Buenos Aires fece meraviglie con la Lazio, cosa che più recentemente e solo per sfortuna non è riuscita a Juan Pablo Carrizo il quale, una volta ripreso dal River, ha però ricominciato a parare alla grande al punto che è prossimo a conquistare la maglia numero 1 della Nazionale. 

Senza stare a scomodare il passato coi vari Di Stefano, Sivori, Cesarini, Kempes, Passarella e Ramon Diaz che, chi più magnificamente di altri ma tutti con grandissimo merito, hanno esportato il marchio ‘millonario’, in questo momento un centinaio fra ex giocatori e veri e propri ambasciatori in tutto il mondo, spesso in molte delle squadre più prestigiose d’Europa, è qualcosa di cui un Club può veramente sentirsi fiero. E’ vero, quello del River Plate non è l’unico caso, basti pensare al Newell’s e all’Argentinos solo in Argentina. Certamente però è fra i maggiori, se non addirittura il principale in termini non solo quantitativi ma anche qualitativi. E in tempi come questi, in cui sembra che centinaia di milioni di euro possano essere messi sul piatto per allestire squadre, dicono, stellari, probabilmente è nelle radici che si può ancora trovare la grandezza. Forse, anzi, solo lì. Allora onore e gloria al River Plate e tutti i Club in grado di produrre qualcosa a cui ricchi imprenditori, armatori e sceicchi non sono minimamente interessati e di cui, soprattutto, non potranno mai vantarsi.