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Il Toro come il Real Valladolid

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Da quando sono arrivato in Spagna ancora non mi è capitato di andare a vedere una partita della Liga. Alla maggior parte della gente questo potrebbe sembrare assolutamente normale, considerando l'approdo in una nuova città e le...
Stefano Rosso

Da quando sono arrivato in Spagna ancora non mi è capitato di andare a vedere una partita della Liga. Alla maggior parte della gente questo potrebbe sembrare assolutamente normale, considerando l'approdo in una nuova città e le molteplici priorità da assolvere - evidentemente altre - che ne comporta, ma per quanti come il sottoscitto sono calcio-dipendenti questo potrebbe provocare qualche turbamento.

Ammetto in realtà di averci provato una volta, un paio di settimane fa, per assistere alla gara contro il Rayo Vallecano (una delle varie piccole squadre spagnole delle quali sono un aficionado) ma in quell'occasione fu il prezzo del biglietto, e un pizzico di fortuna, a farmi desistere. Al di là della fama non particolarmente lusinghiera del José Zorrilla - unico caso al mondo, credo, di un impianto sportivo dedicato ad un personaggio della letteratura - noto come estadio de la neumonía (polmonite, ndr) per via delle correnti d'aria gelata che sono solite ristagnare tra le gradinate, mi contrariarono i 25 € richiesti all'ingresso per accedere al settore più economico considerando oltretutto la modestia della gara in questione.

Se da un lato quel giorno la fortuna mi permise di assistere in diretta alla rimonta con goleada del Toro contro l'Atalanta, rinunciando all'altrettanto divertente ma di sicuro meno soddisfacente 6-1 dei blanquivioletas, dall'altro mi insinuò un dubbio circa il seguito di tifosi, considerando la politica dei prezzi adoperata dalla società, e ne sono rimasto sorpreso: se l'affluenza allo stadio ricalca più o meno le medie casalinghe del Torino - squadra che, oltre a condividere la recente promozione in serie A, eguaglia anche nella capienza dell'impianto di gioco - il numero di abbonati arriva addirittura a far invidia alle grandi squadre. Sono ben 16.308 le tessere stagionali vendute, cifra che supera di gran lunga la medie-presenze di queste prime quattro gare interne di campionato, ferma a quota 14.123 senza aver ancora disputato partite di cartello, e la società si aspetta di arrivare alla cifra tonda successiva, 17.000 socios, entro Natale.

Se stadio e affluenza media rispetto ai granata fanno abbastanza impallidire (l'Olimpico, coi suoi 28.140 posti, contiene 1.628 spettatori in più del Josè Zorrilla, mentre gli abbonati del Toro stentano attorno alle 8.500 unità) a destare ulteriore impressione è la costante crescita che si è avuta negli anni: reduce da due stagioni di purgatorio in Liga Adelante dopo una retrocessione maturata alla penultima giornata contro una diretta concorrente - quanti parallelismi, tra l'altro - l'entusiasmo tra i sostenitori è tornato soltanto durante la scorsa annata con l'arrivo in panchina di Miroslav Djukic, storico centrale difensivo serbo del Valencia, che ha dato un'identità ed un'impronta di gioco alla squadra trascinandola, dopo una stagione di Segunda particolarmente disastrata tra esoneri di allenatori e richiami in corsa, ad un'insperata promozione nella Liga, salutata da ben 11.700 tessere.

Le somiglianze col Toro, per vicissitudini sportive e societarie, sembrano quindi decisamente affini, ma risulta sorprendente la differenza di entusiasmo attorno alla squadra, considerando l'operato del tecnico Ventura e della sua squadra in termini di prestazioni e risultati. Cercare una motivazione ed inviduare la colpevolezza nel pessimismo cosmico tipico dei tifosi granata sarebbe però esageramente riduttivo, oltrechè superficiale: occorre dunque provare a rifletterci un po' più lungo perchè, come spesso capita, dietro qualsiasi frutto da cogliere c'è sempre un duro lavoro di semina e coltura, lontano dai riflettori ma molto importante.

 

Stefano Rosso (Twitter: @ste_ro_)