di Walter Panero
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Il trionfo più atteso
In una delle giornate più tristi per lo sport italiano, dall'altra parte del mondo è festa. Nelle città, come nei piccoli villaggi. Nelle piazze, nelle case e nei pub. E sarà festa da domani, e chissà per quanti giorni, nei luoghi di lavoro e nelle scuole. Dopo ventiquattro anni di attesa e di umilianti sconfitte, gli All Blacks neozelandesi ce l'hanno fatta e sono finalmente campioni del mondo di rugby. Ventiquattro anni, un'eternità. Come a dire che un'intera generazione di gente cresciuta nel paese dove il rugby è religione, finora aveva visto sì vincere moltissimo i propri idoli, ma non era mai riuscita a godersi il trionfo più importante.
E' stata la volta buona, anche se la si immaginava più semplice. La Francia, infatti, si è dimostrata un'avversaria degnissima e mai doma. I transalpini hanno lasciato il campo tra le lacrime ma a testa altissima, dopo aver fatto prendere un grande spavento ai sessantamila presenti oggi all'Eden Park ed all'intero paese. E' mancato davvero poco ai “galletti”, che hanno probabilmente sprecato un'occasione storica per salire sul tetto del mondo. Sarebbero bastati un calcio o un drop. Forse, ad onor del vero, sarebbe bastato giocare in campo neutro, visto che l'arbitro sudafricano Joubert è stato piuttosto indulgente nel valutare gli interventi in fase difensiva degli All Blacks nel momento di maggior pressione francese. A volte non c'è bisogno di errori clamorosi per incidere su una partita e per giudicare “casalingo” un arbitraggio. D'altra parte, nello stadio in cui gli All Blacks non perdevano da diciassette anni (proprio contro la Francia) non era facile non farsi influenzare. In ogni caso applausi. Avevamo criticato pesantemente i ragazzi di Lievremont dopo la bruttissima partita col Galles vinta ingiustamente. Ma oggi si sono battuti come leoni, dimostrando di meritare di essere qui. Chapeau!
La Nuova Zelanda, da par suo, aveva iniziato il match nel migliore dei modi, un po' come era accaduto nella semifinale contro l'Australia. Grande pressione e, dopo quattordici minuti, meta del pilone Tony Woodcock su un'enorme ingenuità della difesa francese, di quelle, tanto per intenderci, che manco alle elementari del rugby. Si pensava che a quel punto gli All Blacks potessero dilagare, invece nulla di tutto questo. La grande determinazione dei Bleus e la scarsa vena al calcio del mediano Piri Weepu hanno fatto sì che la Francia rimanesse assolutamente in partita. Se a ciò si aggiunge l'infortunio di Cruden - il giovane mediano d'apertura già uscito indenne da una grave malattia, che finora non aveva mai fatto rimpiangere il fenomenale Carter infortunatosi ad inizio mondiale - si spiega come, nel corso del secondo tempo, sugli All Blacks sia calata letteralmente la notte. Dopo il piazzato di Donald (che aveva sostituito lo stesso Cruden), la meta di Dusautoir è stata il coronamento dell'assoluta supremazia territoriale transalpina nel corso della ripresa. Una meta che ha dato la carica ai Francesi, gettando letteralmente nel panico gli All Blacks. A quel punto, davanti agli occhi dei ragazzi in campo e dell'intera Nazione devono essere transitati tutti gli incubi peggiori del passato: le sconfitte contro l'Australia nel 1991 e nel 2003, quella contro il Sud Africa nel 1995, e soprattutto quelle contro la Francia nel 1999 e nel 2007. Eccola lì la “scimmia” che si stava depositando sulle spalle di una squadra che in 106 anni di storia ha vinto il 75% delle partite disputate, ma che a livello mondiale raccoglieva da anni solo delusioni. Eccola lì la negatività che si apprestava a rubare il sogno di un intero paese. Gli All Blacks non giocavano più. Aspettavano la fine, mentre i Francesi continuavano ad attaccare a testa bassa dando l'impressione di poter far loro la partita in qualsiasi momento. Ma i minuti passavano. Inesorabili. E il pubblico cominciava davvero a crederci. Fino al fischio finale ed all'urlo liberatorio di tutto uno stadio e tutta una Nazione. All Blacks 8, Francia 7. Trionfo, delirio, festa. Meritata e forse anche giusta, non tanto per quanto si è visto oggi in campo, quanto per ciò che gli All Blacks hanno saputo mostrare durante tutto il Mondiale, a dispetto dei numerosi infortuni che hanno colpito i loro uomini migliori.
E' finita col Capitano Richie Mc Caw che alzava la coppa verso il cielo illuminato dai fuochi d'artificio.Dietro di lui, a sollevarla idealmente, l'intera squadra, compresi tutti coloro che oggi non hanno potuto scendere in campo per colpa degli infortuni.Dietro di loro uno stadio tutto nero.E ancora più dietro, la spinta e l'urlo dei quattro milioni di persone che compongono questo meraviglioso paese. Persone che da giorni, ma che dico da giorni, da anni non sognavano altro.Persone che tra decenni parleranno ancora di questo giorno che entra di diritto nella leggenda.Persone che possono finalmente godersi questo momento di grandissima festa che inizia ora e che durerà per sempre.
Auckland, Eden Park 23 ottobre 2011
NUOVA ZELANDA – FRANCIA 8-7 (5-0)
NUOVA ZELANDA (All Henry): Dagg, Jane, Smith, Nonu (76' S.B. Williams), Kahui, Cruden (35' Donald), Weepu (50' Ellis), Read, Mc Caw (Cap), Kaino, Whitelock (49' A. Williams), Thorn, Franks, Melamu (Hore), Woodcock.
FRANCIA (All. Lievremont): Medard, Clerc (46' Traille), Rougerie, Mermoz, Palisson, Parra (12' Trinh-Duc, 17' Parra, 23' Thinh-Duc), Yachvili (76' Doussan), Harinordoquy, Bonnaire, Dusautoir (Cap), Nallet, Papè (70' Pierre), Mas (66' Barcella), Servat (66' Szarzewski), Poux
Marcatori: 14' meta di Woodcock (NZ); 45' piazzato di Donald, 47' meta di Dusautoir trasformata da Trinh-Duc
Arbitro: Craig JOUBERT (Sud Africa)
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