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L’ Italia s’ è desta, del terzo posto s’ è cinta la testa

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Italia di bronzo. Ma anche di ferro. In un pentagramma di note...
Redazione Toro News

Italia di bronzo. Ma anche di ferro. In un pentagramma di note gravi e acute, quel che resta è un assolo tutto azzurro. Due vittorie, due pareggi (nei tempi regolamentari) ed una sola sconfitta contro il Brasile, campione, il che la rende più sopportabile. Per farla breve, un cammino a singhiozzo. L’ultimo ‘concerto’ strappa applausi andava in onda ieri contro l’Uruguay: alla banda Prandelli sono bastati Astori e Diamanti per neutralizzare la doppietta di re Mida, o meglio, Cavani, l’arpione che tramuta in oro e quindi in gol ogni pallone gli capiti sotto tiro. E mentre il ‘beat’ diminuiva, il ritmo saliva. Alla lotteria dei rigori infine Buffon rivestiva i panni del frontman e la Celeste mancava gli accordi giusti per tener fronte: è questo l’allegretto finale. Un buon preambolo del Mondiale che verrà. DOPPIO OK AL GONG- L’Italia si presentava carica a mille al proprio debutto e, in fin dei conti, trapelava un chiaro senso d’ottimismo all’interno dell’ambiente. Due gioie. E una Nazionale cinica e concreta, di cui non siamo sempre abituati, strappava sei punti fondamentali che sarebbero valsi il passaggio alle semifinali. Il 16 giugno l’esordio al Maracaña contro il Messico del Chicharito Hernandez e di Dos Santos, il 19 la sfida alla nazionale del Sol Levante traghettata da una vecchia conoscenza del Torino, ovvero Alberto Zaccheroni. Al primo appello Pirlo si dilettava a fare il cecchino, Balotelli divenne l’eroe di serata e, da copione, i centroamericani cedevano. Toccava poi il Giappone, che, lungi dall’essere un’outsider, dava l’impressione di una squadra organizzata e dalla scorza dura. Lo era. L’Italia, in difetto di sottovalutazione, si trovava già sotto al 21’: prima Honda, dodici minuti dopo bissava Kagawa. De Rossi ricuciva gli strappi nel finale di primo tempo. Poi il continuo flipper di rimonte e contro-rimonte: la spuntano i nostri per il rotto della cuffia. Il granata Alessio Cerci giovò solamente dell’ultimo, magro quarto di gara contro El Tricolor e recitò una buona parte in fase d’interdizione e nelle ripartenze. Il resto sarà tutta panchina. SALITA CONTRO I PIU’ FORTI- Arena Fonte Nova, Salvador. Avversario: il Brasile di Scolari. In palio per i trionfatori 'solo' un primo posto e una Spagna in meno. L’avvio mostra di che impasto è fatta la compagine rivale. L’artiglieria è calda, gli Azzurri soffrono le incursioni sfreccianti da ogni angolo del rettangolo verde. La Seleçao trasforma le parole in fatti. A salire in cattedra (e probabilmente anche in fuorigioco) è Dante che regala il meritato vantaggio ai suoi. L’Italia ha un moto d’orgoglio, ma non basta. Il cannoniere della serata c’è, ma è cinto di verdeoro, si chiama Fred: la sua doppietta stende il tappeto rosso al Brasile per il 4-2 finale. Nulla è perduto e restano ancora colpi in canna. Con la Spagna. L'aria di revancha post-Europeo brulica da tutte le parti. E' tanto forte da sopperire all’assenza di un condottiero, leggasi Balotelli. E difatti soffrono gli iberici, pur tenendo la spada sempre sguainata e pronta a colpire. Nella battaglia di Fortaleza, l’ago della bilancia non pende mai da un lato: tutti feriti, nessun caduto. Poiché non è previsto armistizio, si va quatti quatti al gran finale: calci di rigore. Fino all’ultimo respiro, i bucanieri sparano in porta tutti i primi dodici (sei a testa), finché Bonucci cicca il colpo letale. A Navas l’onere e l’onore di chiudere i giochi. Questa afonia, come già anticipato, non si è presentata ieri contro l’Uruguay, tutt’altro. L’Italia ha fatto la voce grossa e la Celeste ha ceduto il gradino più basso del podio al tricolore. Nella notte il Brasile si è laureato campione della manifestazione infliggendo un sonoro 3-0 alla Spagna: di Neymar e Fred (doppietta) le reti.   Alessandro Roma