Proviamo per un attimo a levarci dalla mente il faccione di Abbiati mentre va a raccogliere l’ennesimo pallone in fondo al sacco; oppure, al contrario, la goduria che ci prende andando a leggere sul calendario dove giocherà la prossima la Juve (no, non al Santiago Bernabeu)… e cerchiamo di essere un po’ obbiettivi: ma a chi piace questo campionato? Da appassionato di calcio oltre che tifoso, attraverso la stagione come un estraneo: non è stata fatta la pulizia che ci sarebbe dovuti aspettare (a meno di non voler considerare Matarrese l’uomo del cambiamento); non sono state prese misure che restituiscano il campionato alla decenza (come, ad esempio, una più democratica distribuzione delle risorse: ma che orrore è la striscia positiva dell’Inter, sportivamente parlando?); non è stato capito una buona volta che tutta questa cattiva televisione ammazza il calcio (per rendere noioso il pallone bisogna avere dentro di sé un odio smisurato per il prossimo: un oceano di polemiche in uno stentato italiano, senza vedere un’immagine che non sia a rallentatore, infinite volte…); gli stessi fatti di Catania non hanno portato ad altro che una reazione isterica e generica, e dunque fatalmente inutile, contro tutto la tifoseria organizzata (della serie “colpirne cento per non beccarne uno”).
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La competenza al potere!
Per deformazione professionale, poi, guardo alla musica come a un altro “contenitore” popolare estremamente interessante per capire come vadano le cose: per esempio, il mio amico Riccardo Maffoni, taciturno rocker di Orzinuovi che semplicemente sa suonare e scrivere canzoni, ha vinto la scorsa edizione del Festival di Sanremo senza che questo cambiasse di una virgola il suo destino discografico. Le sue ballate sono romantiche e roventi, buone per accompagnare un sogno ritornando in macchina da chissà dove, mentre fuori è buio e il sonno prende lui il volante. Nella sua anima c‘è Springsteen, e l’idea di raccontare scattando immagini dal basso. Bellissima, ad esempio, Un uomo in fuga dedicata a Marco Pantani:
Mezzanotte di una domenica di luglio
partivo in seguito a paure e un grande sbaglio
luccicava quella strada bagnata
la mia mente confusa e annebbiata…
avevo dei soldi rubati a un amico
un motivo in più per il quale mi facevo quasi schifo
ma la vita a volte è anche questo…
è solo che io non ci resisto…
Sono un uomo in fuga…
Per dieci anni o quasi Riccardo è andato in giro con la sua chitarra acustica per i locali lombardi, vincendo qualche premio e lasciando dietro sé ogni volta una manciata di ragazzi emozionati: vinto il Festival, la sua casa discografica invece di organizzargli cinquanta date (dal vivo è strepitoso) l’ha scaraventato in una fila di trasmissioni televisive dove era a suo agio, per capirci, come Di Loreto dietro le punte. Tutto questo dimostra come una gestione dissennata della musica (vecchi manager, non più sintonizzati sul mondo) faccia a pezzi la cultura ma anche, contemporaneamente, il business. Penso che, in fin dei conti, è proprio questo il dramma dell’Italia: la mancanza di coraggio, trasparenza, idee e soprattutto competenza delle classi dirigenti.
Passano gli anni ma campionato di calcio e festival di Sanremo continuano a raccontarci qualcosa di noi stessi meglio di un manuale di sociologia. Ora sembrano dirci: o cambiare, o morire.
Un abbraccio a tutti, Marco
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