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La forza del Mister: il vecchio leone boemo

Redazione Toro News
di Walter Panero Venerdì 4 ottobre 1991. Università di Torino, Facoltà di Economia.  La professoressa non sembra cattiva. Al contrario, ha l'aria paciosa ed il sorriso aperto di chi vorrebbe mettermi a mio agio. Io...

di Walter Panero

 

Venerdì 4 ottobre 1991. Università di Torino, Facoltà di Economia.

 

La professoressa non sembra cattiva. Al contrario, ha l'aria paciosa ed il sorriso aperto di chi vorrebbe mettermi a mio agio. Io accenno a mia volta un sorriso, che è forse più un ghigno che sa di tensione. Quella stessa tensione forte che mi prende quando arriva il momento di un esame. Una tensione che di solito si traduce in energia positiva. Di solito. Geografia Economica: il mio ottavo esame. Come a dire che, superato questo, sarò più o meno ad un terzo del cammino. E anche con una buona media. Mica male per uno a cui, in fondo, di questo tipo di studi glie ne frega più o meno come una partita di badminton. Che poi in realtà 'st'esame non è neanche male, visto che è uno dei pochi in cui si parla di qualcosa che esuli dai freddi numeri e dagli asettici codici giuridici. Ragioneria, Diritto, Matematica, Statistica, Economia: ah quella zoccola (probabilmente gobba) della professoressa di Eco II che mi ha bocciato a luglio. Maledetta lei e tutti quelli come lei! Meno male che il suo assistente è dei nostri e mi sta dando una mano a preparare il suo cavolo di esame; per la verità, quando vado ai ricevimenti si finisce per parlare poco di inflazione e disoccupazione, e molto di Lentini che è un fenomeno, di Bresciani che non segna più e di Martin Vazquez che non è più quello dell'anno scorso, eccetera...eccetera....Ma poi cosa c'entrano tutti questi pensieri adesso? Cosa cavolo c'entrano con l'esame che sto per dare? Dai....dai....spara la tua domanda che vediamo se ti so dire qualcosa.....

“Allora....vediamo...ma sì...mi parli...mi parli dello sviluppo economico ed urbanistico della città di Genova nel corso degli anni Sessanta e Settanta....”

Ho un tuffo al cuore. Le mie mani, e non solo quelle, iniziano a ricoprirsi di sudore. Non mi vedo in faccia, ma se potessi vedermi mi accorgerei che sto diventando rosso, anzi granata come e più della nostra maglia.

“...Uhm.....Uhm....” dico facendo finta di schiarirmi la voce.

Con la mano destra sfioro il taschino della mia camicia. Non è un tic, ma una richiesta di aiuto. Metto sempre la stessa camicia, quando mi presento agli esami. Ormai praticamente la uso solo per quello. La stessa che avevo nel giorno della maturità. La stessa nella quale, un paio d'anni fa, tenevo l'abbonamento del Toro che poi fece una brutta fine perché mia madre me lo lavò in lavatrice insieme alla camicia stessa. La stessa nel cui taschino tengo la foto di Pupi che esulta saltellando dopo un gol, con Zoff a terra che pare inginocchiato ai suoi piedi. Meraviglia delle meraviglie. Pupi, Pupi ti prego: aiutami tu! Genova. Ci sono stato a luglio quando mi sono imbarcato per la Corsica. Con gli amici siamo arrivati là un giorno prima ed abbiamo avuto la possibilità di fare un bel giro tra i vicoli del centro. Che caldo! Che umidità! So che a Genova c'è il mare. Che c'è un centro storico molto antico e molto vasto. Che c'è un faro che lì chiamano Lanterna e che è un po' come la Mole per noi. Che d'inverno fa meno freddo che a Torino e non c'è mai la mia adorata nebbia (come faranno questi a vivere senza la nebbia? Boh...). Che ci sono nati dei cantautori importanti e anche quello che, almeno per me, è il massimo Poeta italiano vivente, anche se molti osano ancora definirlo cantante. So anche che c'è uno stadio bellissimo, e ci sono due squadre di calcio: una mi sta simpatica e quest'anno come noi fa la Coppa Uefa dopo aver battuto i gobbi di Maifredi nell'ultima giornata dello scorso campionato; l'altra non la sopporto proprio anche se a maggio ha vinto meritatamente lo scudetto (finché vivrò odierò il blucerchiatooo...perché io l'ho sempre odiatooo...e per sempre l'odierooo...). Dicevo: so un sacco di cose su Genova, ma nulla del suo sviluppo economico ed urbanistico, tanto meno negli anni che interessano a questa qui.Potrei parlare di Genoa e di Sampdoria, o di De André, ma dubito che lei mi starebbe ad ascoltare senza prendermi per pazzo. Potrei cercare di arrampicarmi sugli specchi, tentando di salvarmi spiccicando qualche parola. Ma non ho proprio idea di che cosa dovrei parlare. Nisba. Tabula rasa. Il capitolo su Genova non l'ho proprio visto! Ho studiato Milano, Venezia, Napoli, Roma, Firenze, Palermo, naturalmente Torino e anche tutto il resto del programma. Ma Genova no. Forse mi sono dimenticato. Forse... non so.

“Allora....su....mi dica....posso suggerirle di partire con l'industria siderurgica per esempio parlando dei suoi effetti sull'immigrazione....”

Una parte di me vorrebbe provare a dire qualcosa per salvarsi. Poi vengo preso da un moto di sincerità e dico:

“Guardi....lasciamo perdere.....io Genova proprio non l'ho studiata!...Non sapevo neppure che facesse parte del programma e...so che non è una giustificazione naturalmente....va beh....ho capito....ci vediamo a gennaio....” ribatto mentre faccio per alzarmi ed andarmene.

“Ma no.....se ne stia lì....voglio darle un'altra possibilità....le faccio un'altra domanda....se la sa andiamo avanti....”

E parte con la domanda.La so e rispondo argomentando anche piuttosto bene.Ormai mi sono sbloccato. Rispondo bene alla terza, alla quarta, alla quinta. Forse ce l'ho fatta. Forse mi sono davvero salvato.La professoressa prende in mano il mio libretto e lo sfoglia alla ricerca della pagina su cui sono riportati i voti degli altri esami.

“Peccato davvero per quella domanda su Genova....penso proprio che si andrà a studiare l'argomento e non se lo dimenticherà mai più!....Peccato perché il suo esame sarebbe stato da trenta....però....però....va beh....le posso dare comunque ventisette....le va bene?”

“Belin se mi va bene!”, direbbero a Genova e dintorni.

“Scrivi lì che non se ne parla più”, vorrei dirle.

E invece dico: “Beh....da com'era iniziata non mi posso certo lamentare....va benissimo!”

Saluto con un sorriso ed una stretta di mano. Saluto e lascio l'aula.Saluto e lascio la Facoltà.Vado a prendere il mio dieci e me ne torno verso casa. Felice per lo scampato pericolo.Felice anche perché per un po' non dovrò più dare esami (a parte ripetere Eco II che però ho già studiato e ristudiato, maledizione!)Felice perché ora per un po' avrò la possibilità di dedicarmi alle cose che più mi interessano.Gli amici, naturalmente.E il Toro soprattutto.E chi se ne frega di Genova e dell'esame di Geografia?! Chi se ne frega della prof di Economia che mi ha segato!? Chi se ne frega di tutto! Domenica gioca il Toro. E questa è davvero l'unica cosa che mi interessa in questo momento. Questa e nient'altro. Tutto il resto può aspettare, quando gioca il Toro. Il Toro che non è partito benissimo in campionato, perdendo la prima in casa con la Lazio dopo oltre due anni di imbattibilità interna. Il Toro che però ha vinto sia a Cremona che a Cagliari. Il Toro che mercoledì, nel primo turno di Coppa Uefa, ha battuto per 6 a 1 gli Islandesi del KR Reykjavik e che presto affronterà i Portoghesi del Boavista. Il Toro guidato dal Mondo che quest'anno punta molto in alto con lo squadrone che il Presidente Borsano ha messo insieme: Martin Vazquez, Scifo, Casagrande, Lentini, Cravero, Fusi, Marchegiani, Policano sono nomi che tutti ci invidiano! Il Toro che domenica prossima se la vedrà con la neo promossa Foggia, guidata da quello strano tipo di Zdenek Zeman.

In questi mesi, soprattutto grazie a quella “Bibbia del Calcio” che va sotto il nome di “Guerin Sportivo” ho imparato un bel po' di cose su di lui. E' nato a Praga subito dopo la guerra. Dicono che nell'estate del 1968 si trovasse in vacanza  in Italia dallo zio Cestmir Vycpalek che allenava il Palermo, proprio quando i carri armati Sovietici posero fine in maniera violenta al sogno di una generazione che pensava fosse possibile dar vita ad un comunismo dal volto umano. Aveva poco più di vent'anni all'epoca, ma decise che a casa non ci sarebbe tornato mai più. Almeno finché non fossero arrivati tempi migliori. Proprio a Palermo conobbe Chiara, la donna della sua vita e madre dei suoi due figli. Gli sarebbe piaciuto giocare a pallone, ma i suoi piedi erano troppo ruvidi per consentirgli di sfondare, così decise di diplomarsi all'Isef e di intraprendere la carriera di allenatore nel Cinisi, la squadra di un quartiere periferico di Palermo. Dopo aver allenato altre squadre dilettantistiche, grazie all'intercessione dello zio che nel frattempo aveva anche allenato i gobbi, approdò al Palermo come allenatore delle giovanili. Da lì iniziò a girare l'Italia passando al Licata, quindi al Foggia, quindi al Parma, poi al Messina di Schillaci e infine nuovamente al Foggia del Presidente Casillo che l'anno scorso, grazie ad un gruppo di giocatori giovanissimi e semi-sconosciuti, è riuscito a dominare il campionato cadetto. In che modo? Con uno sistema di gioco molto spregiudicato in cui tutti pensano ad attaccare più che a difendere. E poi correndo, correndo e ancora correndo. Come il Milan di Sacchi che ha dominato il mondo, prima di perdere la faccia nella notte di Marsiglia. Anzi: molto di più, visto che Sacchi in squadra aveva fenomeni come Gullit, Van Basten, Rijkaard, Donadoni e tanti altri. Mentre Zeman al massimo può schierare Baiano, Rambaudi, Signori e Petrescu. A me non fa impazzire il suo modo di intendere il calcio, perché preferisco allenatori più “classici” come il nostro Mondo. Ma lui mi piace. E sapete perché? Proprio perché non fa assolutamente nulla per apparire più simpatico di quello che è. E' lui! Punto e basta. In panchina sembra paralizzato e non fa una piega sia che la sua squadra faccia tre gol, sia che li subisca. E poi, quando rilascia interviste, si esprime quasi sempre a monosillabi. Ma spesso i suoi monosillabi sono più significativi e intelligenti delle mille parole che riempiono il bla-bla-bla televisivo. Come detto, io mi tengo il mio bel Mondo che adoro come pochi. Ma Zeman lo ammiro e lo rispetto eccome. E non vedo l'ora di veder giocare finalmente il suo Foggia che, in questo campionato, è partito benissimo battendo la Fiorentina ed il Cagliari, ed ha sei punti proprio come noi. Con la differenza che, da noi, tutti si aspettavano grandi cose, mentre finora abbiamo un po' deluso. Dal Foggia non ci si attendeva nulla, per cui i giornali non fanno altro che tessere l'elogio dei rossoneri e del loro Mister. Tutti elogi meritati, per carità...però....però domenica vedremo davvero chi è il più forte! E io dico che alla fine saremo noi a festeggiare!

 

Domenica 6 ottobre 1991. In giro col Polacco. Allo stadio col Polacco.

 

Piove, piove, piove. Fin dal mattino quando con l'amico Polacco (che in realtà è Polacco quanto lo sono io, ma va beh...) si va a vedere uno spezzone della partita dell'Ivest che gioca a due passi da dove abitiamo noi. Mi piace da morire quando arrivano le piogge di ottobre che annunciano l'autunno. Mi piace da morire l'odore che hanno le foglie morte bagnate dalla pioggia. Mi piace pensare che l'estate è finita e che l'inverno si avvicina, lentamente ma inesorabilmente. Alla facciazza di chi vorrebbe che l'estate durasse all'infinito.

“Piove, Polacco....e sai cosa succede quando piove?”

“No....cosa succede?”

Se piove, sì vince! Ne sono sicuro!...Come quella volta col Pisa un paio d'anni fa....come a marzo col Genoa....quando piove vinciamo sempre! Fidati!”

Da un po' di tempo mi sono auto-convinto di questa cosa, che poi mica lo so se sia vera. Però mi sono messo in testa che se abitassimo in un posto dove piove sempre come - che ne so? - la Scozia o l'Irlanda noi vinceremmo lo scudetto tutti gli anni. Bello crederci, anche perché qui, fino a prova contraria, siamo in Italia e piove solo quando ne ha voglia lui.

Piove, piove, piove anche quando, a bordo della mia centoventisei azzurra mezza scassata, ce ne andiamo allo stadio. A quello stadio che è diventato il nostro più o meno un anno fa, ma che forse nostro non è mai stato veramente e non sarà mai.

Piove, piove, piove mentre le squadre entrano in campo. Eccolo lì il grande portierone Marchegiani. E Pasquale Bruno, con Rambo Policano. E Fusi. E Scifo. E Martin Vazquez. E Gigi Lentini. E il piccolo, grande Bresciani. Manca ancora Crevero che si sta riprendendo da un brutto infortunio e oggi va in panca. No. Non c'è Foggia, non c'è Zeman che tengano. Questo è il Toro! E nessuno gli può fare paura!

“Mamma mia, Polacco....che roba....questi corrono come pazzi....ci stanno distruggendo...” dico rivolgendomi al mio solito compagno di viaggio che fa di sì con la testa. Lui è un po' come Zeman: parla solo quando è strettamente necessario.

In effetti il primo quarto d'ora è da paura. I giocatori del Foggia corrono come pazzi, sono ovunque dando quasi l'impressione di essere tre o quattro in più rispetto ai nostri. Noi non la vediamo proprio e i rossoneri pugliesi ci mettono sotto, battendo una serie infinita di corner e collezionando diverse palle gol.Ma il Toro, anche con un po' di fortuna, riesce a resistere e man mano mette la testa fuori. Ci prova prima Lentini con un tiro debole respinto da Mancini, ma è Rambo Policano a sbloccarla al diciassettesimo minuto. Dopo aver saltato il romeno Petrescu, il nostro fluidificante si invola sulla fascia. A quel punto tutti si aspetterebbero un cross, mentre Rambo, vedendo Mancini fuori dai pali, la calcia tesa verso la porta da posizione quasi impossibile. Palla in rete. 1 a 0 per noi. Il Polacco ed io possiamo darci il cinque come facciamo sempre quando si segna, ma quest'anno è la prima volta che capita in casa, dopo una sconfitta ed un pareggio. Una decina di minuti dopo, Bresciani lancia Martin Vazquez in area. Mancini lo butta giù. Rigore di Scifo. 2 a 0 e il Foggia  è matato! Con buona pace di chi ne esaltava la forza. Per modo di dire, visto che dopo tre minuti i Pugliesi hanno l'occasione per rientrare in partita grazie ad un rigore concesso dall'arbitro Luci per fallo di Mussi su Baiano. Tira quest'ultimo. Parata di Marchegiani. Niente da fare per il Foggia. Ma quante emozioni!Nella ripresa, Lentini, con un colpo di testa, ci porta addirittura sul 3 a 0. E i gol potrebbero essere ancora di più, visto che ora il Foggia appare fuori dal match: cerca di attaccare in massa, ma si espone al nostro contropiede che però non ottiene grandi risultati, anche perché tutti cercano invano di far segnare Bresciani che, dopo i tredici gol realizzati nello scorso campionato, quest'anno è ancora a secco. Segna invece il Foggia con Baiano ad una manciata di minuti dalla conclusione. Finisce 3 a 1 per noi. Tutto giusto. Tutto meritato. Tutto molto bello. Soprattutto il risultato.

Soprattutto il fatto che, vincendo oggi, ci portiamo al secondo posto in classifica ad un solo punto dal Napoli capolista. In più, raggiungiamo i gobbi che le hanno prese ancora una volta al Ferraris col Genoa. Esattamente come a maggio.Che meraviglia.

“Hai visto, Polacco?...Te l'avevo detto che con la pioggia....”L'amico tace, ma sorride. A volte il silenzio ed un sorriso valgono più di mille parole. 

Piove, piove, piove anche mentre ce ne torniamo a casa. Ma la pioggia non ci toglie il sorriso. Da domani tornerò a pensare agli esami. Ma ora voglio godermi questo momento di grande felicità. Abbiamo vinto. Siamo ben messi in classifica. E soprattutto abbiamo la consapevolezza che quello di quest'anno è un gran bel Toro. Un Toro in grado di battere chiunque. Un Toro a cui nulla è vietato, anche i sogni più grandi. Un Toro forte da impazzire.

 

Sabato 10 dicembre 2011. Chi l'avrebbe detto?

 

Chi l'avrebbe detto che il Toro, quel Toro, sarebbe arrivato terzo in campionato dietro il Milan e i gobbi, e soprattutto si sarebbe giocato fino all'ultimo secondo la Coppa Uefa, eliminando niente meno che il Real Madrid in semifinale?

Chi l'avrebbe detto che, nel giro di una manciata d'anni avremmo imboccato quel tunnel oscuro dal quale ancora oggi fatichiamo ad uscire? Un tunnel in cui la B è diventata un'abitudine e i pochi anni di A sono stati così pieni di sofferenze e di umiliazioni da essere ricordati come ancora peggiori di quelli di B?

Chi l'avrebbe detto che Zeman si sarebbe trovato ad allenare, con risultati altalenanti, le due squadre romane? E soprattutto chi l'avrebbe immaginato che, sul finire degli anni Novanta, sarebbe diventato un grande eroe anti-gobbo, quello che con le sue dichiarazioni diede il via al processo per doping nei confronti di “quelli là”? Come sappiamo, quel processo si concluse a tarallucci e vino e con un sostanziale nulla di fatto, come quasi tutti i processi che riguardano i ricchi ed i potenti. Eh sì, perché mentre in altri sport gli atleti pagano a carissimo prezzo (a volte con la vita) i loro errori, e lo fanno in prima persona, nel calcio dei potenti a pagare sono al massimo i medici ed i farmacisti che contano poco e che, naturalmente, riempiono di prodotti proibiti gli atleti all'insaputa di questi ultimi e soprattutto ad insaputa delle società che su quei “trattamenti speciali” hanno costruito parte delle loro fortune (tre scudetti e una Coppa dei Campioni, mica storie).

Chi l'avrebbe detto che con le sue dichiarazioni di denuncia, Zeman si sarebbe trovato terra bruciata intorno e sarebbe stato costretto ad emigrare in Turchia per trovare qualcuno che gli offrisse un lavoro? Eh sì...perché la verità è scomoda....e gli scocciatori è sempre meglio toglierseli di torno. Molto meglio. 

Chi l'avrebbe detto che Zeman avrebbe trovato la forza di ripartire e che, vent'anni dopo, sarebbe ritornato sul “luogo del delitto”, ovvero in quella Foggia che aveva fatto sognare in passato? Purtroppo durò un solo anno, quello scorso, concluso con un sesto posto.

Chi l'avrebbe detto che, sempre vent'anni dopo, ce lo saremmo trovati nuovamente di fronte? Lui col suo Pescara che, all'inizio del campionato, nessuno osava pronosticare tra le squadre protagoniste di questo torneo di B. E invece eccolo lì, il vecchio leone boemo solo un poco spelacchiato. Eccolo lì con i suoi silenzi. Con le sue smorfie che sembrano dire niente, ma dicono tutto. Con le sue infinite sigarette. Dategli dei ragazzi di belle speranze, meglio se sconosciuti. Dategli la possibilità di lavorare con calma e lui costruirà qualcosa di fantastico e saprà far sognare i suoi tifosi, e a volte anche quelli avversari.Potendo scegliere, mi tengo ben stretto il nostro Mister e la nostra difesa da record, visto che in genere con gli attacchi esplosivi si fa spettacolo ma non si vincono i campionati. Ma al Pescara e a Zdenek Zeman vanno comunque tutti i miei applausi! A prescindere da come finirà oggi. A prescindere da come finirà questo campionato. 

Chi l'avrebbe detto che quel giovanissimo assistente con cui amavo discorrere di Toro più che di economia, sarebbe diventato niente meno che il Presidente di una grande banca? Guarda caso quella che ora mi permette di campare?

Chi l'avrebbe detto che, quella giovane professoressa che mi bocciò all'esame di Economia II  (per la cronaca alla fine mi rifilò un bel ventotto) sarebbe diventata vent'anni dopo niente meno che Ministro della Repubblica? Chi l'avrebbe detto che avrebbe fatto piangere non solo i suoi studenti, non solo i suoi occhietti in conferenza stampa, ma anche e soprattutto milioni di Italiani?

Chi avrebbe detto soprattutto che in quella domanda su Genova era contenuto il destino della mia vita? Chi avrebbe detto che mi sarei trovato a condividere il mio viaggio terreno con una Doriana e che, affacciandomi dalla finestra di casa, avrei potuto sentire l'odore dei Caruggi cantati dal Grande Poeta? Chi avrebbe detto che avrei imparato che è possibile vivere senza respirare nebbia d'inverno e senza grattare il ghiaccio sul parabrezza della macchina al mattino? Chi avrebbe detto che avrei visto con questi occhi quanto sia stato disastroso il processo di urbanizzazione a Genova? Che avrei toccato con mano, anche di recente, quali danni clamorosi siano stati arrecati al paesaggio durante gli anni del boom economico in Italia?

Infine chi l'avrebbe detto che, vent'anni dopo, il Polacco ed io saremmo stati ancora lì? Uno al fianco dell'altro? I soliti silenzi. I soliti sguardi. Le solite parole. Le solite speranze. Le solite sensazioni.Passano gli anni. Cambiano gli scenari. Però alcune cose rimangono sempre più o meno le stesse e il fatto che ci siano non può fare a meno che darmi conforto.Mi dà conforto la ripetizione del rito della partita, anche se ora non si gioca più di domenica ma quando capita.Mi dà conforto che certi uomini come il nostro attuale Mister, il grande Mondo e il mitico Zeman non passino mai di moda.Mi danno conforto i nostri colori che, almeno finora, nessuno è riuscito a cambiare.Mi danno conforto le nostre facce che sono più o meno le stesse di allora, anche se per fortuna se ne aggiungono sempre di nuove. Mi dà conforto il nostro Toro, questo Toro.Che quest'anno è riuscito a ridarci non dico delle certezze, ma almeno qualche piccola speranza. Che, anche se non è forte da impazzire come quello dell'epoca, sta dimostrando di aver recuperato un briciolo di dignità ed un minimo di voglia di continuare ad esistere.Che da quest'anno sembra finalmente tornato ad essere il Toro.

 

 

Torino, Stadio delle Alpi. Domenica, 6 ottobre 1991

TORINO - FOGGIA 3-1 (2-0)

Torino: Marchegiani, Bruno, Policano (all'82' Annoni), Mussi, Benedetti, Fusi, Scifo, Lentini, Bresciani, Martin Vazquez, Venturin (all'89' Carillo). A disposizione: Di Fusco, Cravero, Casagrande. All.: Mondonico.

Foggia: Mancini, Petrescu, Codispoti, Picasso, Matrecano, Consagra (al 57' Napoli T.), Rambaudi, Shalimov, Baiano, Barone, Signori. A disposizione: Rosin, Grandini, Porro, Musumeci. All.: Zeman.

Arbitro: Luci di Firenze.

Marcatori: Policano 17' (T), Scifo 28' rig. (T), Lentini 54' (T), Baiano 81' (F).

Spettatori: 36.955 di cui 26.027 abbonati e 10.928 paganti per un incasso di 299.794.000 lire. La campagna abbonamenti non è ancora conclusa.

 

ECCO ALCUNE DELLE “FRASI CELEBRI” PRONUNCIATE DA ZDENEK ZEMAN NEL CORSO DELLA SUA CARRIERA DI ALLENATORE:

 

"Non c’è nulla di disonorevole nell’essere ultimi. Meglio ultimi che senza dignità"

"Tutte le partite partono dallo 0-0, sta alla squadra cambiare il risultato"

"Be'...se non abbiamo vinto lo scudetto vuol dire che abbiamo sbagliato qualcosa..."

"Non importa quanto corri, ma dove corri e perché corri."

"Talvolta i perdenti hanno insegnato più dei vincenti. Penso di aver dato qualcosa di più e di diverso alla gente."

"Non conto le sigarette che fumo ogni giorno, altrimenti mi innervosirei e fumerei di più."

"Mio padre mi voleva medico. Come lui. Meno male che non è andata così."

"Dovrei parlare di arte? Di politica? Di economia? Io sono uno che sta nel calcio, se un giornalista viene da me lo fa perché vuole avere un'opinione competente, altrimenti fuori dal calcio io sono uno qualunque e il mio parere conta come quello di un contadino. Eppure dal contadino non va nessuno."

"Io alleno, ma non posso scendere in campo e giocare."

"Il calcio è sempre lo stesso, sia in una piccola che in una grande città il campo ha sempre le stesse misure e la preparazione è sempre la stessa."

"Nella mia carriera mi sono procurato tanti nemici: meglio così, loro rappresentano uno stimolo."

"Pretendo che ogni giocatore dia il meglio di se stesso, nel rispetto dell'esigenza di fare spettacolo. Se non vinciamo, nessun dramma. Mi basta che i ragazzi abbiano dato il massimo."

"Da piccolo a Praga mi dissero 'prendi quella posizione' e mai 'prendi quell'uomo': da quel giorno non ho più cambiato idea, sarebbe stata la zona il mio modulo di gioco ideale."

"Il mio calcio è prevedibile? Una stupidaggine: che cosa ne sanno i miei colleghi degli schemi di Zeman?"

"Nel calcio non esistono più le bandiere: ormai comandano la politica e l'economia."

"Mi sento più italiano di tanti allenatori italiani."

"Cosa cambierei se potessi tornare indietro? Niente, proprio niente, rifarei esattamente tutto ciò che ho fatto. Né credo che questo esonero pregiudicherà il mio futuro di allenatore, il calcio che io insegno non finisce con la fine di questa mia esperienza parmense, qualcuno avrà ancora fiducia in me."

"Non ho rapporti con la stampa o la televisione. Voglio essere giudicato per quello che faccio con la mia squadra, non mi interessano altre esibizioni."

"Raramente mi capita di dire una bugia. Per questo mi sento solo. E' un mondo, il nostro, in cui se ne dicono tante."

"Riguardo a chi mi chiede conto di alcuni errori commessi lo scorso anno, posso dire semplicemente che chi fa, fa sempre errori; solo chi non fa nulla non sbaglia. L'importante è fare errori in buona fede, e ancor più importante accorgersene e porvi rimedio."

"Non è vero che non mi piace vincere: mi piace vincere rispettando le regole."

"La mia verità è la verità di tutti."