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La ragazza che sorrideva con gli occhi

La ragazza che sorrideva con gli occhi - immagine 1
di Walter Panero
Redazione Toro News

A un'amica di un'ora incontrata, perduta e ritrovata. Incontro. Ma quello è Salvador Allende?” disse il ragazzo indicando una spilletta sulla borsa di lei. Il viso della ragazza si sciolse in un caloroso sorriso. Tra i tanti tentativi di approccio che le avevano fatto nel corso degli anni, quello era sicuramente uno dei più originali. Si era accorta benissimo che lui stava fingendo di leggere, ma che in realtà il suo sguardo si posava spesso e volentieri su di lei. D'altra parte ci era abituata: fin da ragazzina si era accorta di destare un forte interesse negli uomini. Essendo abbastanza timida, all'inizio la cosa la imbarazzava. Ma, col tempo, ci aveva fatto l'abitudine. E a volte si divertiva nell'osservare come i ragazzi la fissassero. Si divertiva nel vedere come molti si approcciassero a lei in maniera spesso goffa e banale. Con le solite battute o le solite richieste scontate come quella di domandare l'ora, una sigaretta, o qualche altra informazione superflua. Poi c'erano anche gli uomini timidi. Ne incontrava più spesso di quanto ci si potesse aspettare. Quelli che la guardavano di nascosto per lunghi minuti, ma non avevano il coraggio di dirle niente per paura di fare brutta figura. Quelli che, quando se ne andavano, le mollavano un ultimo sguardo magari accompagnato da un sorriso. Ma non avrebbero mai saputo nulla di chi lei fosse, cosa pensasse, da dove venisse.Ecco. Le sembrava proprio che quel ragazzo fosse uno di loro. Ormai era trascorsa quasi mezzora da quando erano saliti su quel treno e si erano trovati per caso nello stesso scompartimento. E lui non aveva fatto altro che leggere passando dal giornale al libro di un autore svedese che anche lei conosceva. Almeno sa leggere, pensava tra sé e sé la ragazza. E, al giorno d'oggi, è davvero difficile trovare delle persone che sappiano farlo. Anche lei avrebbe potuto prendere il libro che teneva nella borsetta. Ma era giunta ad un punto morto e, presto, avrebbe dovuto decidere se proseguire nella lettura, o tradire quel libro per un altro. Nell'attesa di prendere la decisione preferiva guardare fuori dal finestrino. I monti imbiancati avevano lasciato da tempo spazio alla pianura a sua volta coperta di neve. In lontananza, vedeva altre vette molto più alte di quelle che avevano superato da un po'. Le ricordavano le montagne di casa sua. Quelle in cui andava da piccola con suo padre che era un grande appassionato di alpinismo. Era immersa nei suoi pensieri quando lui le rivolse quella sorprendente domanda su Allende. Mai nessuno in Italia aveva riconosciuto quella foto che lei portava sulla borsetta.

“Sì...è proprio Salvador Allende....ma tu come fai a conoscerlo? Pensavo che qui in Italia nessuno sapesse chi è....”Aveva parlato in un Italiano quasi perfetto, anche se il suo accento denotava un'origine ispanica o sudamericana.

“Beh....” rispose lui “ ho letto qualcosa della sua storia sui libri di scuola....ho letto del golpe del 1973....di Pinnochet....dei Desaparecidos....”

La ragazza sorrise ancora. Ci sono persone che sorridono molto ma lo fanno solo con la bocca. E il loro sorriso appare falso e forzato come una sorta di ghigno. Lei, invece, era una di quelle rare persone che, quando sorridono, lo fanno anche e soprattutto con gli occhi. Fece cenno di sì con la testa. Allungò la sua mano verso di lui.

“Comunque io sono Carola, piacere.....”

“E io sono Claudio”, rispose il ragazzo cercando di mascherare con un sorriso la sua agitazione per quell'incontro fortuito ed inatteso“tu non sei Italiana, vero? Di dove sei? Spagnola? Sudamericana?”

“Cile....vengo dal Cile....da Santiago.....”

“E come mai ti trovi qui?” chiese ancora il ragazzo.

“Mamma mia quante domande! Neanche fossimo a scuola!” rispose lei accompagnando questa frase con uno sguardo malizioso. Poi cominciò a raccontare. Gli parlò di suo padre che, negli anni '70, si era fatto alcuni anni di prigione per motivi politici. Gli parlò di come si vivesse in Cile dicendo che in Sud America, e nel mondo, c'erano sicuramente posti peggiori in cui abitare. Gli parlò della sua città, dell'Oceano, delle Ande che tanto amava. Gli disse di aver studiato storia all'Università e di essere intenzionata a dedicarsi alla ricerca, ma di aver deciso, prima di iniziare a lavorare seriamente, di realizzare un suo vecchio sogno: quello  di fare un giro in Europa ed in particolare in Italia. Era bello ed importante sognare, diceva, ma bisognava fare di tutto per realizzare i propri sogni se si voleva evitare di diventare prigionieri di essi. Gli raccontò di essere recentemente stata a Roma, a Firenze, a Pisa, alle Cinque Terre, a Genova e in molti altri posti e che stava salendo a Torino a trovare alcuni amici che l'avrebbero ospitata a casa loro.

Anche Claudio avrebbe desiderato studiare storia. Ma, dopo essersi a lungo tormentato sull'opportunità di scegliere col cuore o con la ragione, aveva deciso, senza alcuna passione per l'argomento, di frequentare e di laurearsi in Economia. Anche Claudio era alla ricerca di un lavoro, ma sapeva bene che qualsiasi impiego avesse trovato non sarebbe stato soddisfatto. Fin da piccolo anche lui aveva un sogno: voleva fare lo scrittore. Gli sarebbe piaciuto raccontare storie di sport, di viaggi, di persone. Le disse di essere certo che un giorno ci sarebbe riuscito. In verità non ne era affatto convinto, ma  i suoi amici gli avevano sempre detto che doveva mostrarsi sicuro quando parlava con una ragazza. Specie se questa gli piaceva. E Carola, anche se l'aveva conosciuta da poco, gli piaceva davvero moltissimo. Le disse anche che si trovava su quel treno per andare a vedere una partita di calcio della sua squadra del cuore. I suoi genitori avevano deciso di andare a trovare dei parenti a Genova e l'avevano praticamente costretto a seguirli: si sarebbero fermati per alcuni giorni nella città della Lanterna.  Lui aveva accettato, ma ad un patto: che il lunedì lo avessero lasciato libero di tornare a Torino per andare a vedere la partita del suo Toro impegnato in un match molto importante. Ed ora eccolo lì. Il treno stava per arrivare a destinazione e lui avrebbe voluto rimanerci sopra per sempre. Per parlare con lei. Per sentire la sua voce. Invece si preparava a scendere alla stazione del Lingotto con la sua sciarpa granata al collo e con tanta malinconia nel cuore. Aveva tanto desiderato di assistere alla partita di quella sera, ma ora gli sembrava una cosa assolutamente poco importante. Tutto gli sembrava poco importante, se lo paragonava con lei.

Scese dal treno. Si incamminò con passo lento sotto il tunnel che conduceva verso la strada. Che sciocco, pensava. Avrei dovuto rinunciare alla partita. Avrei dovuto insistere per trascorrere la serata  con lei. Avrei dovuto almeno farmi lasciare il suo numero di cellulare. E invece eccomi qui, solo come un cane. Come sempre. Mannaggia a me. Mannaggia anche al Toro che mi ha fatto perdere questa occasione.In quel momento udì qualcuno che correva dietro di lui. Si sentì chiamare da una voce inconfondibile. Si voltò. La riconobbe subito. Era lei. Era Carola. Gli disse di non essere una grande appassionata di calcio, ma che tutti gli sport la incuriosivano. Gli disse che quella forse era per lei l'unica occasione per vedere una partita  in Italia. Gli disse anche di aver telefonato ai suoi amici che la attendevano a casa dicendo loro che avrebbe tardato, perché aveva conosciuto un nuovo amico col quale si sarebbe recata allo stadio.Dalla stazione allo stadio il tragitto non era breve. Giunsero sul posto circa mezzora prima dell'inizio della partita. Lui comprò una sciarpa e glie la mise al collo e lei rispose con un sorriso. Disse che le piacevano molto quei colori. Entrarono sugli spalti proprio mentre le squadre stavano completando il loro riscaldamento in campo. Poi comunicarono le formazioni. E la partita incominciò. Claudio spiegava a Carola le varie fasi della partita. Lei seguiva con attenzione. Gli faceva domande sul presente e sul passato della sua squadra. Sorrideva. Si entusiasmava per le azioni più belle. Soffriva nei momenti di difficoltà. In poco tempo si era trasformata in una vera tifosa. La partita fu un susseguirsi di emozioni. Il Toro si trovò sotto di un gol, ma riuscì a rimediare per poi portarsi addirittura in vantaggio nel finale. Salvo poi essere raggiunto all'ultimo secondo del recupero. Uscendo dallo stadio Claudio scuoteva la testa deluso. “Solita sfiga....solita sfiga....” continuava a ripetere. Carola lo guardò. Non conosceva esattamente il significato della parola “sfiga”, ma comprese che lui era molto arrabbiato. Gli passò con dolcezza una mano sul viso. “Andrà meglio la prossima volta” gli disse. Lui sorrise. Le prese la mano. Se ne andarono così e chi li avesse visti, notando la loro intesa, non avrebbe potuto certo immaginare che si conoscevano soltanto da poche ore e che forse, di lì a qualche minuto, non si sarebbero visti mai più.

Quella sera Claudio l'aveva accompagnata sotto casa dei suoi amici. Lei aveva insistito perché salisse, ma lui aveva preferito evitare. Si salutarono. Lei gli si avvicinò e gli diede un bacio sulla guancia. Poi prese un foglio di carta e una penna dalla borsetta, scrisse qualcosa e gli  mise il biglietto nel taschino del giubbotto. Infine gli sussurrò una frase nell'orecchio. “Tu sei speciale....” erano state queste le ultime parole che gli aveva rivolto. Claudio avrebbe voluto trovare la forza di dirle qualcosa. Avrebbe voluto trovare la forza di fare qualcosa. Niente di niente. Rimase lì come paralizzato. La vide mentre entrava nel portone e non riuscì a dire assolutamente nulla. Non l'avrebbe vista mai più e di lei gli sarebbe rimasto per sempre soltanto il ricordo. Si avviò verso la fermata dell'autobus che l'avrebbe riportato a casa sua ed al suo letto. Mentre attendeva, si ricordò del foglio che lei gli aveva lasciato. Lo aprì. Lo lesse. “E' stato bello conoscerti e passare un po' di tempo con te. Tu sei speciale. Ti scriverò”Stupido. Stupido. Stupido. Non mi sono neanche fatto lasciare l'indirizzo mail. E poi buona anche lei che mi prende in giro. Come fa a dire che mi scriverà se di me sa solamente il nome di battesimo e nient'altro? Sarà meglio che me la dimentichi al più presto, visto che di sicuro non la vedrò mai più. Ed è solo colpa mia: della mia solita maledetta timidezza e della mia cronica mancanza di coraggio. Mi piango sempre addosso dicendo che sono sfigato ma uno, specie alla mia età, dovrebbe sapersela costruire da solo la fortuna. Evidentemente io non sono in grado di farlo. E quindi non merito nulla. Proprio come il Toro di quest'anno.

Lettere

Avrebbe voluto dimenticarla, ma proprio non ci riusciva. Quasi tutte le notti lei gli appariva in sogno: una volta erano allo stadio, una volta al mare, una volta in montagna. Si risvegliava con l'amaro in bocca perché si rendeva conto che nella sua cameretta c'erano come sempre il poster del Grande Torino, del Mondo con la sua sedia e di Marco Pantani. Ma non c'era lei. Chissà dov'era. Cosa faceva. A cosa pensava. E soprattutto: chissà se lei lo pensava, almeno ogni tanto. Chissà se lei   si ricordava ancora di lui e del loro incontro. Di giorno scriveva immaginando di raccontarle le sue giornate vuote. Oppure se ne andava in giro, guardava le altre ragazze e, quando ne vedeva una bruna e con gli occhi scuri e sorridenti, la osservava con insistenza mettendosi a volte in situazioni imbarazzanti. Ma lo faceva soltanto perché quegli occhi intensi e sorridenti lo portavano a pensare a lei.Erano passate un paio di settimane dal giorno in cui l'aveva incontrata quando, tornando a casa dal solito colloquio di lavoro che si sarebbe risolto con l'ennesimo fallimento (non c'era lavoro che gli interessasse veramente), vide qualcosa nella buca. Sarà la solita pubblicità, pensò. Aprì la cassetta con l'idea di buttare direttamente la busta nel cestino. Ma poi si bloccò. Guardò meglio. Il suo sguardo fu attratto dal francobollo. C'era una bandiera rossa e blu e su di essa un volto stilizzato. Era il volto di Salvador Allende. Il suo cuore cessò di battere per qualche secondo. Magari non è lei, pensò preso dal suo solito pessimismo cronico granata. E chi vuoi che ti scriva dal Cile? Salas con la foto del suo errore dal dischetto nel famoso derby del 2001?Era lei. Non riusciva a capire come avesse fatto a rintracciarlo. Ma era lei. Gli raccontava del proseguimento del suo viaggio in Europa. Gli parlava della sua vita. Della situazione politica in Cile. Di come lo avesse rintracciato sbirciando il suo nome ed il suo cognome allo stadio sulla carta d'identità e poi facendo una ricerca su internet. Carola non gli indicava il suo indirizzo mail: “se vuoi mandami il tuo” gli scrisse “ ma io preferirei che noi ci scrivessimo solamente delle lettere a mano, come facevano i protagonisti dei romanzi dell'Ottocento che tanto amiamo e di cui tanto abbiamo parlato quando ci siamo incontrati. Noi non siamo e non saremo mai persone banali e la nostra corrispondenza dovrà essere speciale...”. E' pazza, pensò Claudio. Ma mi ha cercato ed è riuscita a trovarmi, diavolo di ragazza! E io che pensavo di averla perduta per sempre, uomo di poca fede!Nella busta c'era anche la foto di un bellissimo posto di montagna. Pareti rocciose altissime che  si stagliavano nel cielo come lame affilate e si specchiavano in un piccolo lago azzurro. Un posto favoloso. Ma per lui la cosa più bella di quella foto non era il panorama pur meraviglioso. Per lui la cosa più bella era lo splendido sorriso di lei.Passò tutto il pomeriggio a scrivere una lunga lettera in cui praticamente raccontava a Carola la sua vita. Probabilmente l'avrebbe annoiata a morte, ma a lui non interessava. Voleva che lei sapesse tutto, davvero tutto di lui. Oddio: proprio tutto no, visto che si era ben guardato dal dirle che cosa provasse davvero per lei. Dopo un paio di giorni prese il coraggio di sigillare e di spedire la lettera.  Passarono altre tre settimane. E non arrivò nulla. Pensò che il suo scritto lunghissimo l'avesse spaventata e lei avesse deciso di troncare sul nascere la loro corrispondenza. Finché un giorno, durante le feste natalizie,la mamma di Claudio giunse a casa con una lettera molto voluminosa. Stesso colore di quella precedente. Francobollo che rappresentava delle montagne innevate. Era indubbiamente lei. Il ragazzo si sentì morire. Aprì la lettera. Era scritta ancora una volta a mano ed era anche questa molto, molto lunga. Pagine, pagine, pagine in cui Carola si raccontava esattamente come aveva fatto lui. Evidentemente non solo la sua lettera non l'aveva annoiata, ma le era piaciuta talmente da spingerla a fare lo stesso. Nella busta c'erano anche altre foto di lei con la sua famiglia ed altre persone in vari posti del Cile.Passarono le settimane. Ormai si scrivevano tutti i giorni. Ognuno dei due raccontava all'altro la propria giornata. Le cose che faceva. Le cose che gli accadevano. Le cose che pensava. Claudio prese anche il coraggio di mandarle alcuni racconti ed alcune poesie che aveva scritto. Erano soprattutto componimenti d'amore. Ma non ebbe mai il coraggio di dirle la cosa più importante: ovvero che quasi tutte quelle poesie le aveva scritte pensando a lei ed ai suoi occhi.

Invito

Febbraio, nel Nord Italia, è l'inverno che, forse perché sa di avere ormai i giorni contati, diventa ancora più rigido e crudele. Febbraio è anche il sole che vince pian piano la propria lotta contro il buio e illumina le montagne della città in cui abita Claudio, regalando loro una miriade di colori che vanno dal giallo all'arancione, dal rosso al violetto. Ma febbraio non è solo inverno. Spesso ci dimentichiamo, piegati come siamo sul nostro piccolo mondo, che per una parte importante della terra, febbraio significa estate. Significa vacanze. Per tutto il mese precedente i due ragazzi avevano continuato a scriversi quasi quotidianamente. Finché non arrivò una lettera in cui Carola avvisava il ragazzo che sarebbe partita per le ferie e che quindi non si sarebbe fatta viva per un po'. Claudio sentì dentro di sé un moto di disperazione: come farò adesso senza di lei? A chi racconterò le mie giornate ora che non potrò farlo con lei? Stava per buttarsi sul letto nel tentativo di addormentarsi per dimenticare tutto e per far passare quei giorni più velocemente, quando notò che, in fondo alla lettera, c'era un post scriptum sottolineato in rosso.Diceva: “Quando tornerò avrò ancora qualche giorno di vacanza, se ti va, se non hai niente di meglio da fare, potresti venire a trovarmi qui a Santiago: potremmo prendere la macchina ed andarcene un po' in giro per il mio Paese. Fammi sapere.”

Claudio sentì di essere vicino come non mai alla morte. Il cuore gli stava per scoppiare. Lesse e rilesse quella frase per una ventina di volte. Non riusciva a crederci. Lei si era spinta dove lui avrebbe voluto arrivare da settimane senza trovare il coraggio necessario. Lo aveva invitato a casa sua. Di fatto gli stava proponendo una breve vacanza insieme. Magari ci sarebbe stata anche altra gente, ma di certo loro due sarebbero stati insieme come quella sera di novembre a Torino.Entrò subito in internet alla ricerca dei biglietti. Vide che da Torino c'era la possibilità di raggiungere Santiago facendo un solo scalo a Madrid. Si rese conto che le tariffe più convenienti erano quelle proposte a chi partiva di lunedì. C'era un problema. Come fare per i soldi? Lui svolgeva sì qualche lavoretto saltuario, ma non era assolutamente in grado di affrontare una spesa come quella che un volo di quel genere avrebbe comportato. Doveva per forza parlare con sua madre per farsi prestare i soldi. Ma come fare, visto che lei di tutta quella storia non sapeva assolutamente nulla? Cercò di frugare nella sua fantasia per individuare qualche scusa che potesse giustificare la sua partenza per il Cile. Non la trovò. Allora decise di dire la verità. O meglio, una mezza verità. Disse che all'Università aveva conosciuto alcuni ragazzi cileni che ora erano tornati a casa. Disse che lo avevano invitato a visitare il loro paese e che non avrebbe potuto perdere l'occasione per fare quel viaggio. Disse anche che probabilmente si sarebbero offesi se lui non fosse andato. Insomma riuscì a convincere i suoi genitori che non poteva proprio rinunciare alla partenza. Un'ora dopo aveva già in mano i propri biglietti. Sarebbe partito per Santiago la sera di lunedì 1 marzo.

Falsa partenza

Le settimane che precedettero la partenza furono interminabili: Claudio contava i giorni, le ore  che  lo separavano dal  momento in cui avrebbe potuto rivederla. Oltretutto i contatti con lei si erano affievoliti di molto da quando era partita per le vacanze. Gli mancavano i quotidiani scambi di corrispondenza con lei. Avrebbe voluto addormentarsi, entrare in una sorta di letargo, e risvegliarsi giusto il giorno della partenza. E invece di notte dormiva poco e male. Faceva dei brutti sogni. Sognava di perdere l'aereo. Sognava di arrivare a destinazione e di non trovarla. Peggio ancora: sognava di arrivare da lei, e di scoprire che in realtà era assolutamente diversa da come se la ricordava. A volte gli appariva grassissima. A volte magra come uno scheletro. I suoi occhi, che lui ricordava come sempre pieni di luce, gli apparivano come tristi e inespressivi. Ma erano soltanto sogni. Brutti sogni.Claudio aveva sempre avuto paura di volare. Lo aveva fatto un paio di volte: quando era andato a Londra e da lì in Scozia qualche anno prima. E, più di recente, quando era stato in quella bellissima  terra che si chiama Irlanda. Ma si trattava di voli brevi. Di un'ora o poco più. Altra cosa sarebbe stata fare un volo di parecchie ore attraversando l'Atlantico fino a giungere quasi sulla costa Pacifica. Aveva una fifa boia, ma la voglia di rivederla era così forte da consentirgli di superare qualsiasi ostacolo.E il momento in cui l'avrebbe vista si stava ormai avvicinando sempre più. Mancavano soltanto due giorni alla partenza ed era giunto il momento di preparare i bagagli.

Come sempre si sarebbe fatto aiutare da sua madre. Come sempre avrebbero litigato, cosa che accadeva con puntualità svizzera ogni qualvolta lui doveva partire e le chiedeva un aiuto. Faceva tutto parte di un rituale che sembrava quasi prestabilito.

“Mamma, laggiù è estate piena: quella roba pesante non serve....più magliette....ci vogliono più magliette.....”

“E se poi andate in montagna? Io qualcosa di pesante me lo porterei....e poi lo sai bene che le magliette te le compri là: ogni volta che vai in viaggio te ne torni con quattro o cinque magliette del posto. Per non parlare delle sciarpe delle squadre di calcio: quando sei andato a Londra sei tornato con otto sciarpe e altrettante magliette....”

“Beh....sì....hai ragione....però.....ah ecco cosa ho dimenticato....gli occhiali di riserva....non si sa mai: se i miei si dovessero rompere....”

“E non scordarti di prendere qualche medicina ed il borsellino salva scippo....vai in un posto lontano....sarà pieno di brutta gente. Con tanti posti più vicini che ci sono, proprio in Cile te ne dovevi andare....”

“Guarda che le farmacie esistono anche là: il Cile non è mica un paese fuori dal mondo....e poi cosa ci posso fare se lei....ehm....”

“Se lei? Lei chi?”

“Niente....niente....un'amica che vive là....”

“Un'amica? Raccontami tutto adesso....”

“Maaaa....dai....niente di importante....finiamo 'sto lavoro che oggi gioca anche il Toro e non voglio passare tutta la mia giornata qui....”

Fu in quel momento che la porta della stanza di Claudio si aprì. Era suo padre. Aveva una faccia strana. Triste. Diversa dal solito.

“Venite a vedere....alla televisione hanno detto che c'è stato un terribile terremoto” disse il padre.

“Terremoto? Di nuovo? E dove?” chiese Claudio con sincera preoccupazione.

“Ehm....sembra che l'epicentro sia in una città che si chiama Conception....”

“Conception? Spagna? Messico? Sud America?”

“Conception....beh....Conception è....”

“Pà...che succede? Cos'è quella faccia? Vuoi dirmi dove cavolo si trova Conception?”

“Beh....Claudio....Conception si trova in Cile.....si parla di scosse fortissime, molto più forti di quelle di Haiti, e, per ora, di alcune decine di morti accertati.....tutti i collegamenti sono saltati e il paese è praticamente isolato dal mondo.....”

Silenzio. Claudio si sentì come se un coltello gli fosse penetrato nel petto e gli avesse trafitto il cuore. Non ebbe la forza di dire nulla. Per qualche minuto rimase come paralizzato. Poi prese la borsa che aveva appena finito di preparare e la gettò sul pavimento. Come impazzito si mise a lanciare magliette e calzini nella sua stanza. La madre capì il momento e gli si avvicinò per consolarlo. Lui la spinse via. Non riusciva proprio a controllarsi.

“Ma perché.....perché....tutte a me....perché?” continuava a ripetere tra sé e sé. Piangeva. Senza ritegno e senza vergogna. Continuò a disperarsi per un bel po' di tempo. Poi riprese un minimo di auto controllo. Si rese conto di quanto fosse egoista. C'era gente morta sotto le macerie. C'era gente che aveva visto la propria casa diventare un mucchio di pietre. E lui cosa faceva? Riusciva soltanto a pensare a sé stesso, al suo viaggio, all'amore che diceva di provare. Che razza di persona era? Che razza di amore era il suo se la prima persona a cui aveva pensato era sé stesso e non lei? Lei che chissà dov'era. Lei che chissà se era ancora viva.Doveva smetterla di piangersi addosso e di prendersela con la sfiga. Doveva scuotersi. Doveva cercarla. Sapere se era ancora in salute. Aveva il suo numero di telefono e, anche se fino a quell'istante non aveva mai trovato il coraggio di chiamarla, lo fece in quel momento sulla spinta della preoccupazione. Niente. Non rispose nessuno. Contravvenendo ai loro accordi provò allora a scriverle una mail, visto che lei alla fine gli aveva comunicato il suo indirizzo di posta elettronica. Passarono le ore. Nessuna risposta. I telegiornali intanto continuavano a dare notizie terribili dal Cile. Arrivavano anche le prime drammatiche immagini. Lei poteva essere lì, sotto quelle macerie. Quei calcinacci potevano essere ciò che era rimasto di casa sua. Quella strada spaccata e quel ponte crollato potevano essere la strada e il ponte che portavano a casa sua.Il giorno in cui avrebbe dovuto partire trascorse senza che nemmeno se ne accorgesse. Quel biglietto pagato così caro aveva perso di valore. Ma per Claudio tutto aveva perso di valore. Gli importava solamente avere un segnale che gli dicesse che Carola stava bene. Ma non gli arrivava nulla se non immagini e notizie drammatiche che gli impedivano di stare tranquillo di giorno e di dormire di notte. Era ormai ridotto ad uno straccio. Dormiva e mangiava poco. Notizie in televisione provenienti dal Cile tante, e tutte brutte. Invece il suo computer taceva. Ancora nessuna risposta. Fu in una delle tante notti insonni e tormentate che Claudio prese la decisione. Non appena la situazione fosse tornata alla normalità, si sarebbe precipitato ad acquistare dei nuovi biglietti e sarebbe partito per il Cile. L' avrebbe fatto anche se nel frattempo non gli fosse arrivata alcuna risposta da parte di Carola. I suoi genitori, cui aveva dovuto raccontare tutto, avrebbero capito e non avrebbero fatto questioni per pagargli un nuovo biglietto.

Viaggio

Claudio preparò il suo bagaglio, stavolta in silenzio e senza fare discussioni. Salì sull'aereo la sera di domenica 21 marzo, il primo giorno di primavera per noi che viviamo nell'emisfero Nord, il primo giorno d'autunno per coloro che abitano dall'altra parte del globo. Sul volo che da Madrid lo stava portando a Santiago provò a leggere e poi a guardare un film di avventura. Ma non ci riuscì. Si limitò a osservare le nuvole dal finestrino. E a pensare. Chissà com'era veramente la situazione a Santiago? Chissà se lei era ancora viva e in salute? Chissà se sarebbe riuscito a trovarla? E soprattutto chissà cosa le avrebbe detto se l'avesse incontrata? E cosa  gli avrebbe detto lei? Come avrebbe reagito a questa improvvisata?L'aereo stava iniziando la fase di atterraggio. Claudio puntò ancora una volta il suo sguardo verso il finestrino. Gli apparve una città molto più grande di come se l'immaginava. Molto più grande della sua. Ma come la sua circondata da montagne che gli davano in qualche modo la sensazione di trovarsi a casa.Scese dall'aereo. Recuperò il bagaglio. Uscì dall'aeroporto e si rese conto di quanto facesse caldo in quella città. Fu colpito dall'apparente normalità della situazione e non poté evitare di chiedersi come sarebbero andate le cose se sull'Italia si fosse abbattuta una tragedia di quelle proporzioni. Si mise alla ricerca di un taxi. Il tassista aveva una faccia olivastra da indio corredata da una barba ispida. Mostrò di comprendere subito quando Claudio gli diede il biglietto con l'indirizzo di Carola e della sua famiglia. L'autista parlava tanto. Claudio conosceva poco lo Spagnolo, ma riusciva a capirlo. Gli chiese da dove provenisse e, quando il ragazzo gli disse che arrivava dall'Italia, fece un sorriso misto di stupore e disgusto. Gli spiegò che dovevano seguire un percorso alternativo rispetto a quello che si poteva fare normalmente, perché una parte della città era chiusa al traffico per le conseguenze del terremoto che aveva  causato danni a molte strade ed abitazioni, nonché ad alcuni edifici storici e civili. Gli chiese per quale motivo fosse lì, e Claudio rispose sinceramente che stava cercando un'amica. Il tassista ribatté che le donne cilene erano le migliori del mondo....insieme a quelle Italiane...

“Hai già conosciuto donne Italiane?” chiese Claudio.

“Sì certo....Sofia Loren e Gina Lollobrigida....anche se poi conosco meglio gli uomini.....quel maricon di Panatta che ci rubò la Coppa Davis nel 1976....o anche i calciatori...Gianni Rivera....Paolo Rossi...Roberto Baggio...e quell' asqueroso che venne giustamente espulso nella partita contro di noi ai mondiali del 1962...ma tu non te lo ricorderai di certo...”

Invece Claudio, che conosceva benissimo la storia del calcio anche dei tempi passati, si ricordava bene di quell'episodio: avrebbe voluto dirgli, urlargli in faccia, che  che quel “porco” era stato il Grande Capitano della sua squadra del cuore negli anni '60 e '70. Ma preferì tacere.L'uomo  passò poi a parlare dei tempi di Allende. Di quelli di Pinnochet. Della situazione politica attuale. Del terremoto. Del poco che funzionava e del molto che non andava nel suo paese. Gli chiese di come fossero le cose in Italia. E Claudio rispose con una smorfia, facendo capire che forse era meglio non indagare oltre. Il ragazzo guardava fuori dal finestrino: alcuni bambini si sfidavano a calcio tra le macerie con un pallone mezzo sgonfio, utilizzando alcuni grossi blocchi di cemento come pali. Anche in questa situazione drammatica, pensava, la vita va avanti. Il calcio e lo sport in generale sono da sempre il simbolo della vita che continua e va oltre le difficoltà.“Ecco” disse all'improvviso il tassista “siamo praticamente arrivati. La casa della tua bella è quella là. Direi che lei non se la passa per niente male. Chissà perché, quando arriva il terremoto, se la prende sempre con i più poveri e risparmia quelli che stanno meglio? E poi hanno il coraggio di dire che esiste un Dio e che vuol bene ai poveri”.

Il ragazzo annuì. Poi raccolse il suo pesante zaino, pagò e si diresse verso la casa. Il suo cuore aveva preso a battere in maniera incontrollata. Le finestre aperte lasciavano intendere che in casa c'era qualcuno. Non sapeva come comportarsi. Chiamare? Suonare il campanello? Scappare senza lasciare traccia? Non ebbe la possibilità di scegliere. Una donna dai capelli rossi lo vide in piedi vicino alla porta.

“Cerchi Carolina?” disse la donna.Lui la riconobbe subito: era la madre di Carola, o Carolina come diceva lei. L'aveva vista in alcune delle foto che lei gli aveva mandato.

“Ehm....no....cioè sì....”

“Lei non è in casa....” rispose la donna

Ecco. La solita sfortuna che ritorna, pensò Claudio.

“E' lo stesso, verrò un'altra volta.....”. Ma cosa sto dicendo? Un' altra volta? Ma quale altra volta? Mi son fatto migliaia di chilometri solo per vederla e non posso certo aspettare che ci sia un'altra volta!

“Ma sei fortunato: prima del terremoto aveva lasciato la città per andare in montagna con alcuni amici. Avrebbe dovuto tornare dopo qualche giorno, ma poi sono saltati i collegamenti ed è stata costretta a rimanere là. Oggi però dovrebbe essere sulla strada del ritorno. Anzi, ora che ci penso dovrebbe essere già qui....”

“Beh. Posso aspettarla qui allora....” rispose Claudio tirando fuori quel poco Spagnolo che sapeva

“Ma che? Hai l'aria di uno che ha fatto tanta strada. Se sei amico della mia piccola, allora sei nostro amico. Non sia mai che ti lascio qui in strada ad aspettare. Vieni dentro che ti offro qualcosa da bere....”

Sogni

Una bella tazza di tè era proprio quello che ci voleva in quel momento. Claudio si sentiva rilassato e a proprio agio. La madre di Carola gli aveva fatto vedere alcune foto della loro famiglia e a lui sembrava di conoscere quel luogo e quelle persone da sempre.Era passata circa mezzora dal suo arrivo quando dalla strada si udì il rumore di un'automobile. Si sentirono alcune voci femminili che si scambiavano dei calorosi saluti. Passarono alcuni, lunghissimi istanti. A Claudio tremavano nuovamente le gambe e sentiva il rossore che gli coloriva la faccia. Non riusciva proprio a controllarsi.  La porta si aprì e comparve lei. Claudio riconobbe quello zaino: era lo stesso che lei aveva con sé quando si erano conosciuti. Indossava un paio di jeans ed una maglietta bianca con un disegno che rappresentava un volto di donna. Legata in vita aveva una felpa a righe verdi e bianche. Era più bella che mai. Più bella di come se la ricordava. Più bella di come l'aveva sognata in tutte le lunghe notti trascorse dal loro primo ed unico incontro.Lui subito abbassò gli occhi. Poi vinse la sua timidezza e trovò il coraggio di alzare lo sguardo verso di lei. Vide che i suoi occhi mostravano stupore. Poi però si sciolsero nel più bel sorriso che gli fosse mai capitato di vedere fino ad allora. Claudio avrebbe voluto che il tempo si fermasse per sempre in quell'istante. Non gli interessava quello che sarebbe successo da quel momento in poi. Se e come quella loro storia sarebbe nata e si sarebbe sviluppata. Anche lui, nel suo piccolo, aveva inseguito il proprio sogno e lo aveva realizzato.Sentiva che quello era il momento più bello della sua vita. E che nessuno glie l'avrebbe mai potuto rubare. Dopo questo lungo racconto, che spero non vi sia risultato troppo noioso, questa rubrica si prende qualche giorno di vacanza. Per chi vorrà, passerò nuovamente da queste parti sabato 17 aprile. Colgo l'occasione per augurare a tutti i lettori una Buona Pasqua.