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Sulla decisione di vietare l'accesso al pubblico per il derby Lecce-Bari questa mattina si è riunito in telelavoro il Comitato di Analisi sulla Sicurezza delle Manifestazioni Sportive (Casms). Le decisioni scaturite da questa riunione saranno comunicate nel pomeriggio a Bari durante lla Conferenza interprovinciale dei comitati per l'Ordine pubblico. L'orientamento sarebbe quello di garantire l'accesso allo stadio per i possessori della tessera del tifoso ma certamente quanto è accaduto mostra i tanti limiti espressi dall'applicazione di uno strumento che continua a scatenare parecchie polemiche.
Sul modo con cui viene gestita la tessera del tifoso ci scrive Anthony Weatherill che da anni si batte per una tessera del tifoso gestita con e dalle tifoserie stesse e nell'articolo non manca di esprimere la sua amarezza e la sua profonda delusione per la mancanza di lungimiranza di chi ha gestito e continua a gestire questo strumento che potrebbe essere invece importante per tutti.
di Anthony Weatherill
A volte è facile prevedere le cose, senza necessariamente essere in possesso di particolari e misteriose doti di preveggenza.A volte basterebbe conoscerle le cose, che spesso hanno una loro linearità e semplicità. Se ci si preoccupa di conoscere le cose, non si arriva poi alla follia di volerle a tutti i costi piegare agli schemi creati per ragione di opportunismo o per ambizione. Lecce-Bari dl 6 gennaio si giocherà a “porte chiuse”, una frase da “semaforo rosso” per indicare che nessun tifoso potrà accedere allo stadio per assistere al derby pugliese. Cosa è successo per arrivare ad un simile provvedimento? Un’improvvisa malattia mortale da contagio a colpito il manto erboso dello stadio di Via del Mare? No, niente di tutto questo. Il prefetto di Lecce, semplicemente, teme che possano ripetersi i gravi incidenti verificatesi tra le due tifoserie nell’ultimo derby del 2008. Quindi niente tifosi sugli spalti, stavolta. Niente colori. Niente bandiere al vento. Niente sfottò. Niente calore. Vien da chiedersi per chi mai si giocherà Lecce-Bari del 6 gennaio. “Per le televisioni, per le agenzie di scommesse, per le statistiche che, come per lo show, devono sempre andare avanti”, risponderebbe qualcuno. E avrebbe anche ragione, purtroppo.” E’ il fallimento della Tessera del Tifoso!”, hanno tuonato i presidenti di Lecce e Bari, ed è sembrato che non aspettassero che l’occasione giusta per recitare il de profundis a questo tipo di tessera che, invece della sognata sicurezza, sta progressivamente svuotando gli stadi e, in taluni casi, inscenando patetiche rappresentazioni da commedia dell’arte all’interno degli stadi (gli ultrà che lasciano le curve e invadono le tribune dei tifosi vip sono gag difficilmente ripetibili). Vorrei dire ai presidenti di Lecce e Bari che forse è fallita la Tessera fatta contro i Tifosi, giusto nome con cui si sarebbe dovuta chiamare questa tessera plastifica voluta dal ministro Maroni che, probabilmente a sua insaputa, fu un maldestro e modesto tentativo di plagio della Carta del Tifoso. Sono dieci anni che mi batto per questa che più che un invenzione, considero un’intuizione che ebbi molti anni osservando e, soprattutto, amando il mondo dei tifosi delle squadre di calcio.L’intuizione della Carta del Tifoso era, ed è, il sogno di creare un mezzo di incontro tra tutti i tifosi e amanti dello sport del calcio. Una Carta che doveva rappresentare, nei miei sogni, l’incontro tra persone animate da una passione che nasce dal cuore, più che dalla ragione. Non avevo certo pensato ad una Carta del Tifoso come biglietto per entrare allo stadio, e per una ragione molto semplice: la violenza non è mai stata sconfitta all’interno di uno stadio. La violenza, qualsiasi tipo di violenza, se ha una possibilità di essere soggiogata dalla pace e dall’armonia, questa deve avvenire lontano dal teatro dove generalmente questa violenza può manifestarsi. Quando si giunge all’interno del teatro, ormai tutto è troppo tardivo. E non si può certo giungere alla conclusione che, per sconfiggere la violenza, allora la cosa migliore è quella di creare un sistema per scoraggiare la frequentazione dei teatri. Forse, e dico forse, se si vuole utilizzare un metodo repressivo, allora sarebbe meglio dare pene severissime a chi reiteratamente si rende protagonista di violenza durante la partecipazione ad un qualsiasi avvenimento sportivo. Il calcio dovrebbe smettere di avere, in Italia, uno status di “mondo a parte”. Un mondo in cui si può combinare di tutto, tanto da dare l’infausta idea di non far parte del mondo quotidiano. Rapinare una banca o spaccare la testa a qualcuno a causa di un fuorigioco non fischiato non sono fenomeni diversi di trasgressione violenta, sono fenomeni violenti e basta. Non è che i collaboratori del ministro Maroni si siano messi a pensare ad una Tessera del Rapinatore di banche, per una migliore fruizione della rapina. Sappiamo che, attraverso un quotidiano lavoro di intelligence, le forze dell’ordine monitorano i potenziali soggetti pronti, da un momento all’altro, a delinquere. “I soliti sospetti”, volendo parafrasare il titolo di un noto film, sono noti, e vengono sempre da percorsi di vita particolari. Poi esiste sempre il tizio imprevedibile, colui che diventa folle per un giorno. E siccome è imprevedibile, potete star certi che avrà già in tasca la Tessera del Tifoso. Quella che dovrebbe rendere tranquillo lui, gli altri e le forze dell’ordine. Nel corso di questi anni ho più volte parlato, attraverso i mass media ed interventi in dibattiti pubblici, sulla logica conclusione a cui si sarebbe giunti con la Tessera del Tifoso del Ministero degli Interni. La Tessera del Tifoso, utilizzata in quel modo, non poteva in nessun modo sopire gli squilli di violenza, e in nessun modo poteva favorire il ripopolamento degli stadi, con famiglie e bambini compresi. La violenza non scompare perché c’è una tessera, ed è stato dilettantesco il solo pensarlo. La Carta del Tifoso doveva, e potrebbe ancora essere, l’inizio di un progetto culturale che mira al coinvolgimento diretto dei tifosi nella vita delle loro squadre di calcio. Un tifoso che diventa soggetto attivo, e non passivo come è sempre stato. Un tifoso che si appropria, finalmente, della sua “chiesa” e, insieme ai cerimonieri della liturgia, partecipa attivamente alla vita di una parrocchia al quale da sempre è felice di appartenere. Un tifoso così non vorrebbe mai che nella sua chiesa avvenissero situazioni di disagio o di violenza, e sarebbe il primo a preservarne il luogo e l’armonia del rito. La mia Carta del Tifoso poteva, e potrebbe essere, uno straordinario mezzo d’incontro tra tutti i tifosi che vogliono dar sfogo pacificamente alla loro passione. E’ bene ricordare sempre, a costo di essere noiosi, che questi tifosi sono l’assoluta maggioranza. La mia Carta del Tifoso poteva, e potrebbe essere, il mezzo per allontanare il concetto di “guerra” alla parola “teatro”. Lo stadio è il teatro di tutti i tifosi e appassionati del gioco del calcio, un luogo dove, per un attimo, tutti proviamo quello straordinario moto del cuore che si chiama gioia. La Tessera del Tifoso attuale crea solo tensioni, rabbia, rammarico, delusioni, sconsolatezza, tristezza. Tutti questi sentimenti, prima o poi, riportano il concetto di guerra accanto alla parola teatro. Lecce-Bari, piuttosto che Roma-Lazio o altro, non può essere rappresentata come una guerra. Lecce-Bari sarà un’esplosione di sentimenti, l’ennesimo capitolo dello straordinario racconto della favola del calcio. Che questa favola sia narrata bene, dunque, che il gioco del calcio sia amato, che i tifosi siano rispettati. Ci ripensino al Ministero degli Interni, alla Federcalcio, alla Lega, e comincino a considerare i tifosi come parte del gioco del calcio. Solo così di potrà avviare quel necessario processo culturale che, invece di a volte inevitabili strumenti repressivi, porterà in auge strumenti propositivi che, da sempre, hanno favorito la normalizzazione e il depauperamento dei conflitti umani. In ultimo vorrei fare una proposta eretica e provocatoria al ministro Maroni: perché, facendo un atto di straordinario significato politico, non sgancia la Tessera del Tifoso dal biglietto d’ingresso dello stadio? Fare una piccola marcia indietro non è sempre segno di debolezza e di sconfitta per un politico, ma a volte può essere segno di una lungimiranza che avvicina alla gente nel nome del quale si esplica il diritto/dovere di governare.
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