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di Federico Gottardo
Può un calciatore giocare la stessa giornata di campionato con due squadre diverse? L’Inter ha dovuto porsi questa domanda mercoledì, in occasione del recupero della sedicesima giornata contro il Cesena (rimandata a causa del Mondiale per club vinto dai nerazzurri). Il difensore Andrea Ranocchia, appena acquistato dal Genoa, avrebbe dovuto debuttare da titolare ma al direttore sportivo Marco Branca è venuto il dubbio: 'ha già giocato questa giornata a dicembre con la vecchia squadra, possiamo schierarlo?'.
Il quesito è sensato: se l’Inter non si fosse posta il problema, al difensore della Nazionale sarebbero state conteggiate due partite nella stessa giornata. Possibile?
Così Branca ha chiesto lumi alla Lega calcio, ottenendo però risposte poco convinte e convincenti.
Nel dubbio l’Inter ha scelto di non convocare il giovane difensore, evitando così polemiche e un eventuale ricorso da parte del Cesena. Rimane comunque l’incertezza, anche se una regola del N.o.i.f. (Norme organizzative interne federali) sembra possa essere applicata a questa situazione. La legge 34 al comma 2 prevede che 'nello stesso giorno un calciatore non può partecipare a più di una gara ufficiale, salvo il caso di Tornei a rapido svolgimento i cui Regolamenti, approvati dall’organo competente, prevedano, eccezionalmente, che un calciatore possa disputare più di una gara nello stesso giorno'. Anche se va precisato che Ranocchia avrebbe giocato due gare della stessa giornata ma non dello stesso giorno, visto che tra una partita l’altra è passato un mese.
L’Inter ha scelto la via più facile, temendo anche una sconfitta a tavolino o una penalizzazione: in realtà la legge citata, in caso di trasgressione, non prevede soltanto una sanzione pecuniaria.
Decisione giusta, quella di Branca e dell’allenatore Leonardo?
Lo stesso Cesena aveva un problema simile: i romagnoli hanno schierato i due nuovi acquisti Paolo Sammarco ed Hernan Dellafiore. Con la differenza che nessuno dei due aveva giocato la sedicesima giornata l’11 dicembre: il primo, prelevato dalla Sampdoria, era stato in panchina nella sfida contro il Brescia, mentre l’argentino, acquistato dal Parma, non aveva giocato a Palermo.
Non si tratta comunque del primo caso di incertezza normativa. E un esempio riguarda proprio il Toro: nel 2007 l’allora attaccante granata David Di Michele era stato squalificato per il “caso scommesse” per tre mesi a partire dal 30 luglio. Il 31 ottobre il Torino giocava a Udine e anche in quel caso c’era il dubbio se Di Michele avrebbe potuto giocare: la squalifica sarebbe terminata il 31 (tre mesi esatti dall’inizio) o il 1° novembre? Situazione analoga per l’Atalanta, la quale non sapeva se schierare o meno Thomas Manfredini, anche lui squalificato per lo stesso motivo.
Il presidente Urbano Cairo aveva chiesto informazioni a Lega e Figc, ottenendo risposta positive ma informali. Al momento di dare una risposta chiara, però, nessuno si era espresso. Anche in quel caso la norma non era chiara. L’articolo 22 del codice di giustizia sportiva recita: 'Le sanzioni che comportano squalifiche dei tesserati devono essere scontate a partire dal giorno immediatamente successivo a quello di pubblicazione del comunicato ufficiale'.
Ma non dice nulla sul termine. Come l’Inter per Ranocchia, il Toro decise di non schierare Di Michele. Per tutelarsi da un regolamento poco chiaro, su cui Figc e Lega dovrebbero mettere mano. In modo da evitare il ripetersi di casi del genere.
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