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L’italianizzazione del modello inglese

Edoardo Blandino
 di Edoardo BlandinoVi proponiamo oggi la prima parte di quello che sarà un quadro ad ampio respiro sulla realtà del calcio italiano in confronto a quella del pallone d’oltremanica. Vi racconteremo le peculiarità...

 

di Edoardo BlandinoVi proponiamo oggi la prima parte di quello che sarà un quadro ad ampio respiro sulla realtà del calcio italiano in confronto a quella del pallone d’oltremanica. Vi racconteremo le peculiarità del mondo tricolore e i vantaggi del football inglese, spiegando così quali sono gli ostacoli nella riproposizione di un modello efficiente e funzionante come quello anglosassone.Da tempo le società di Serie A si battevano per avere una propria Lega che li rappresentasse. La maggioranza dei club della massima categoria volevano seguire il modello europeo (ed in particolare quello inglese), convinti che tutto ciò avrebbe permesso un significativo miglioramento economico. Così, dopo innumerevoli lotte, si è arrivati alla scissione delle due leghe calcio: da una parte quella di A e dall’altra quella di B. La serie B, per rilanciare il proprio marchio ed incassare anche diversi milioni, ha deciso anche di cambiare nome e prendere quello dell’agenzia delle scommesse: diventando “Serie Bwin”. In realtà, il progetto di cambiare la propria denominazione era da tempo in cantiere. Inizialmente era stato scelto “Lega Pro” che, però, è poi stato affibbiato all’ormai ex Serie C, dividendo così “Lega Pro” in “Prima divisione” e “Seconda divisione”, ovvero C1 e C2.

Al momento è ancora presto per riuscire a trarre le prime valutazioni, ma si possono fare alcune considerazioni. Da quando la Lega Calcio si è scissa, le due fazioni possono muoversi in modo più indipendente e cercare di trovare maggiori fondi, senza doversi preoccupare delle necessità altrui. Il primo e più lampante esempio deriva dal campionato spezzatino di Serie A. Con il passare degli anni era sempre aumentato il numero di partite non in contemporanea, ma quest’anno si è raggiunto il record. Oggi il palinsesto televisivo prevede addirittura un massimo di tre giorni di gare: due o tre anticipi al sabato, una partita all’ora di pranzo la domenica, le classiche gare della domenica pomeriggio, il posticipo della domenica sera ed un eventuale Monday Night match da trasmettere il lunedì all’ora di cena. Tutto questo per venire incontro alle esigenze degli investitori e degli sponsor. D’altronde, più gare si possono vedere, più il marchio è  messo in evidenza.

Ma se da un lato questo ha aumentato la spettacolarizzazione del campionato, dall’altro ha in un certo senso disincentivato la gente ad andare allo stadio. Diversi fattori, quest’anno, hanno poi ulteriormente contribuito al disinteresse. Innanzitutto quasi tutte le gare ora sono visibili in pay-per-view a cifre irrisorie dal caldo salotto di casa propria. Chi non ha le piattaforme necessarie per vedere il campionato, può sempre seguire sul web in streaming, gratuitamente, la propria squadra del cuore. Poi, chi volesse abbonarsi allo stadio si è visto costretto a sottoscrivere la Tessera del Tifoso, uno strumento che anziché fidelizzare i tifosi rischia di allontanarli ancora di più. Infine, non bisogna dimenticare il degrado degli impianti del nostro Paese. Da buoni italiani speravamo di risolvere il problema ottenendo i fondi per rimodernare le strutture grazie agli Europei del 2012, ma alla fine il torneo è stato assegnato a Polonia e Ucraina. E ora non resta che continuare a chiederci cosa ci riserverà il futuro.

 

 

(Foto: Corrieredellasera.it)