altre news

L’italianizzazione del modello inglese

Edoardo Blandino
 di Edoardo Blandino Continua il viaggio nelle differenze tra il calcio tricolore e quello anglosassone. Ieri vi abbiamo presentato la realtà italiana, oggi vi raccontiamo come l’Inghilterra ha risolto il problema della violenza...

 

di Edoardo Blandino

Continua il viaggio nelle differenze tra il calcio tricolore e quello anglosassone. Ieri vi abbiamo presentato la realtà italiana, oggi vi raccontiamo come l’Inghilterra ha risolto il problema della violenza negli stadi. Ma non solo: nonostante i prezzi alti per le partite, c’è grande tifo e la Serie B inglese registra un’affluenza media simile a quella della nostra Serie A.In Italia siamo passati allo spezzatino, alla Tessera del Tifoso, ma continuiamo ad avere troppa violenza e impianti vecchi. Non dovevamo cambiare registro? Come ha inciso tutto questo sul pubblico? Si sperava di seguire il modello inglese, da tempo considerato l’esempio migliore del binomio televisioni/stadi-ricavi. Purtroppo, come spesso accade nel nostro Paese, non si è copiata la traccia originale anglosassone, ma si è “italianizzato” il sistema. Così facendo, si sono snaturati alcuni elementi fondamentali che ne rendono efficiente il modello. Innanzitutto, in Inghilterra è stata debellata la violenza negli stadi. Dopo i tragici fatti dell’Heyesel ci fu un feroce dibattito parlamentare che si concluse con la decisione di adottare misure drastiche nei confronti di tutti coloro che si rendessero responsabili di atti deprecabili. Queste prime misure antiviolenza, poi implementate dal “'Football Disorder Act” varato nel 2000, hanno concesso ampissime libertà agli agenti, ma hanno anche permesso di eliminare ogni problema. Negli stadi (rigorosamentedi proprietà della società) esistono telecamere a circuiti chiusi e ogni addetto alla sicurezza è munito di manganello e di piccola telecamera con cui può riprendere eventuali scontri o risse, nel caso l’impianto dello stadio non ne fosse in grado. Dopodiché, una volta identificato il tifoso o i tifosi, non si attendono mesi per il processo. E le pene sono severissime: fino a sei anni di carcere.

Evidentemente questo modo di affrontare il problema ha dato i propri frutti. Ormai nelle principali leghe inglesi è raro assistere a scontri tra tifosi, mentre qualche problema in più c’è ancora nei campionati inferiori, dove non esistono tutte queste drastiche misure. Ma la scelta della linea dura ha pagato. Oltremanica, in Premier League, tutti gli impianti sono sempre gremiti e non dipende dai prezzi bassi. Basti pensare che il costo per un abbonamento stagionale del Chelsea nel settore famiglie (il più economico dello stadio) costa 550 sterline, cioè quasi 650 euro per membro. E se uno non dovesse andare con i consanguinei? Beh, sarebbe costretto a pagare da un minimo di 695 sterline, circa 800 euro a un massimo di 1210 sterline, cioè quasi 1400 euro. Però – come ci tiene a far sapere il Chelsea – “Season tickets for the 2010/11 season are now SOLD OUT” (I biglietti per la stagione 2010/22 sono ora esauriti).

Ma se uno pensa che tutto ciò si possa verificare solo il Premier League si sbaglia di grosso. In Serie B la musica non è differente: l’abbonamento meno caro per un singolo che vuole vedere le gare del Leeds è di 540 sterline (più di 620 euro). Eppure anche nella Coca-cola Championship (l’equivalente della nostra Serie Bwin) gli stadi sono stracolmi (nella foto: Elland Road, stadio del Leeds, durante una gara di Championship). Una recente statistica emessa dalla Football League (l’equivalente della Lega Calcio Serie B) mostra come la media degli spettatori per gara sia superiori alle 16 mila presenze. In particolare Leeds, Derby Conty, Norwich, Cardiff e Nottigham Forest hanno una media di oltre 20 mila tifosi a partita, con punte di oltre 30 mila in alcuni match. E queste sono cifre che anche la Serie A fatica a raggiungere.