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Merci Roubaix

Redazione Toro News
di Walter Panero Molti diranno: “Che palle questo qua con 'sto benedetto ciclismo! Perché non ci parla di Toro?”. Forse hanno ragione, ma a me piace raccontare storie che vanno anche al di là del Toro e di una...

di Walter Panero

 

Molti diranno: “Che palle questo qua con 'sto benedetto ciclismo! Perché non ci parla di Toro?”. Forse hanno ragione, ma a me piace raccontare storie che vanno anche al di là del Toro e di una semplice palla che rotola. Chi vuole può subito “cambiare canale”. Agli altri auguro buona lettura!

 

Serravalle Pistoiese. 7 febbraio 2010. Ore 9,00.

 

La gente ai bordi della strada guarda con stupore la Renault Clio che si lancia ad alta velocità sul rettilineo verso la curva là in fondo. Qualcuno applaude. Qualcuno ha paura. Ora frenerà, ora rallenterà, pensano. Si sentono i freni che fischiano. Odore di bruciato. Rumore. Urla.

 

Velodromo di Roubaix (Francia). 15 aprile 2001, ore 17,00 circa.

 

L'uomo è tutto coperto di fango. Fango sul viso, fango sui capelli, fango sulle gambe e sulle braccia.  Anche la sua divisa, prima colorata, ora è tutta coperta di fango. Quando entra nel Velodromo, abbassa la cerniera che gli sta sul petto. La divisa rimane aperta sul davanti e lascia intravedere una maglietta candida che contrasta col grigio scuro del fango. L'uomo taglia il traguardo. Solleva il busto. Mostra a tutti la scritta in caratteri neri stampata sulla maglietta. Poi porta la mano destra verso le labbra e la bacia, quindi la indirizza verso l'alto, agitandola a mo' di saluto verso le migliaia di persone che si assiepano sulle tribune. Sono trascorsi parecchi minuti da quando il vincitore, un Olandese, ha tagliato il traguardo prendendosi il meritato applauso della folla. Ma quello che si sente adesso è il boato di un tuono. Non c'è persona - uomo, donna, vecchio, bambino - che non lo riconosca e che non lo applauda. Non c'è persona che non comprenda la scritta sulla candida maglietta. Non c'è persona che non si commuova nel leggere quelle due parole, piene di significato. Sulla sua maglietta c'è scritto semplicemente: “Merci Roubaix”. 

 

Foresta di Arenberg. Dipartimento Nord – Pas de Calais (Francia). Qualche ora prima.

 

L'emozione sale. Le gambe tremano. Siamo qui da diverse ore con le nostre biciclette sporche di fango. Tra poco, su quella strada che poi non è una strada ma una specie di mulattiera che attraversa il bosco, la nostra attesa sarà premiata e loro arriveranno. Finalmente. Soltanto pochi giorni fa noi, cioè il mio amico Polacco ed io, abbiamo deciso di attraversare tutta la Francia pur di essere qui. Ma, per la verità, io la decisione l'avevo presa da un sacco di anni. Forse quindici. Forse venti. Forse di più. Parlo di quando, per la prima volta, vidi Moser e De Vlaeminck che, con le facce sporche di fango, si sfidavano su quello che il telecronista si ostinava a definire pavé.

“Papà, ma cos'è 'sto pavé di cui quello parla tanto?” chiesi.

“Hai presente le pietre di cui è fatta la strada che c'è davanti a casa dei nonni al paese?...”

Feci sì con la testa.

“...Ecco... quello. Ma molto più brutto!” continuò lui.

“Mamma mia!...Mi fa male il sedere già solo a pedalare di fronte a casa dei nonni.....figuriamoci laggiù....mi viene male solo a pensarci! E perché i corridori hanno le facce tutte sporche e grigie che quasi non li riconosci?”

“Quando piove, e da quelle parti piove quasi sempre, si alza il fango che c'è per terra. Ma non è fango normale: è pieno di carbone. Eh sì, perché da quelle parti ci sono un sacco di miniere di carbone dove tanti Italiani si sono spaccati la schiena lavorando per quattro soldi, rimettendoci a volte persino la vita....” concluse mio padre.

Fu quello il momento in cui decisi che un giorno, vicino o lontano, avrei voluto vederlo con questi occhi quel benedetto, maledetto pavé. Avrei voluto sentirlo scorrere sotto i copertoni della mia bici. Sentire il mio sedere ed i miei polsi sballonzolare a causa delle vibrazioni provocate dai sassi. Sporcarmi la faccia di fango.

E' quello che è successo stamattina quando ho pedalato qua sopra. Quando ho provato la soddisfazione di staccare dalla ruota il mio amico Polacco: eh già, perché lui, che pesa venti chili meno di me, mi dà lezioni in salita; ma su queste pietre il peso aiuta eccome! E così sono finalmente riuscito a lasciarmelo dietro le spalle.

Ma ecco. Ecco che arrivano. Tutti sporchi. Tutti coperti di fango che quasi non li riconosci. Ecco gli eroi del pavè. Eccoli in quello che chiamano l'Inferno del Nord, come ribadiva un cartello posto all'inizio della Tranchée d'Arenberg (1), che viene unanimemente considerato il tratto di pavè più duro in assoluto.

Bienvenue dans l'Infer du Nord!” recita lo striscione là dove l'asfalto lascia il posto alle pietre.

E se davvero uno cerca di immaginare le facce che potrebbero avere i dannati degli Inferi, non può far altro che pensare a quelle che hanno oggi i corridori. Non tanto i primi che, bene o male, su questi sassi sembrano esserci nati e cresciuti. Ma quelli che vengono dietro.

Sventolano le bandiere. Un po' di tutti i Paesi d'Europa, anche se a farla da padrona è una bandiera che non rappresenta uno stato vero e proprio. E' gialla ed ha sopra il disegno di un leone rampante nero con le unghie e la lingua rosse come il fuoco. Si tratta della bandiera delle Fiandre che, anche se qui siamo ancora in Francia, si trovano a due passi. La bandiera della terra dove si mangia pane e ciclismo a colazione, a pranzo e a cena. La terra dove ci sono più biciclette che automobili; più chilometri di piste ciclabili che di autostrade.La terra in cui i bambini nascono ed imparano a pedalare prima ancora che a camminare.La terra in cui, anche se piove spesso e fa un freddo cane, usano la bici tutti i giorni. Lo fanno le massaie per andare a fare la spesa, i manager in giacca e cravatta che raggiungono il loro posto di lavoro, gli studenti universitari che si recano a lezione. La terra della bici e del ciclismo. Punto e basta.

I primi sono passati da un pezzo in un tripudio di folla. Qualche spettatore se ne va perché probabilmente si vuole spostare per assistere al seguito della corsa su qualche altro tratto di pavé più vicino al traguardo.

Anche noi vorremmo spostarci con le bici per seguire la corsa più avanti, ma per ora ce ne stiamo belli fermi ed immobili ad aspettare. Perché lui deve ancora passare. E noi non ce ne possiamo andare finché non lo vediamo arrivare.

“Eccolo, finalmente!” mi dice il Polacco.

“Vai! Vai Balleroooo!” gridiamo all'unisono.

“Allez! Allez Ballerò” urlano gli altri intorno a noi.

Lo riconoscono tutti. Quasi come se fosse una persona di casa, una sorta di ospite fisso.

Ci sorride. Forse capisce che siamo Italiani come lui e ci siamo fatti più di mille chilometri pur di essere qui ad applaudirlo. Non lo so. Quello che so è che questa era l'ultima occasione per venirlo ad applaudire in corsa, visto che lui ha già annunciato che dopo questa gara, che per anni è stata la sua, appenderà la bici al chiodo. Non lo so. So solo che sono contento di essere qui. So solo che penso e ripenso a....

 

Domenica 9 aprile 1995. Torino. Stadio delle Alpi.

 

“Quanto manca, Polacco?”

“Pochi secondi....pochi secondi....”

Porca miseria! Come fa quello a mantenere questo aplomb, mentre io qui sto rischiando di morire d'infarto? Chi me l'ha fatto fare di venire allo stadio in queste condizioni? E' da ieri che ho trentanove di febbre e proprio non passa. Non l'ho detto a mia madre, ma lei se n'è accorta di sicuro visto che quando mi sale la febbre divento più rosso ancora di quanto sono di solito. E adesso, con la tensione che ho addosso, penso di essere più granata di quelli là in campo. E' stato davvero un susseguirsi incredibile di emozioni. Il gol iniziale di Rizzi, l'autorete di Maltagliati, il gol del nuovo vantaggio ancora di Rizzi, l'espulsione del gobbo Paulo Sosa e del nostro Sogliano. E poi questa indicibile sofferenza finale.

“Fischiaaaaaa....merdaaaaaa....è finitaaaaa....” grido con l'ultimo fiato che mi resta in corpo, con la gola che sembra trafitta da un coltello tanto mi fa male. Il Signor Cesari, l'arbitro dandy di Genova, sembra sentire il mio urlo disperato. Si porta il fischietto alla bocca e decreta la fine della partita.Un boato sovrumano riempie lo stadio che sembra tutto dipinto di granata. I gobbi? Scomparsi. Come se non ci fossero mai stati. Per la seconda volta quest'anno abbiamo vinto il derby!Che festeggino pure il loro scudetto, quei maiali a strisce! A noi importa di averli fregati due volte a distanza di pochi mesi, cosa che io non mi ricordo di aver vissuto mai da quando esisto.

Esco dallo stadio usando le mie ultime forze per saltellare e cantare, abbracciato a gente che neppure conosco. Vorrei festeggiare tutta la sera, ma non sto più in piedi. Devo andare a casa. Infilarmi sotto le coperte. Rivedere le immagini del derby. E poi guardare la registrazione della corsa di oggi, la Parigi - Roubaix, possibilmente senza sapere prima com'è andata a finire. Quindi, stasera, mi toccherà anche trascinarmi fino in caserma, visto che, come si suol dire, sto servendo la Patria.

Uscendo dallo stadio, un signore mi vede e mi riconosce. Mi si avvicina sorridendo. E' un vecchio amico di mio padre che abita dalle nostre parti.

“T'las vist che bela giornà?!?...L'uma vinciu 'l derby....e a Rubè a l'a 'dco vinciu un di nostri....(2)”

Gli sorrido con un pelo di amarezza. Lui non può sapere che mi ha appena rotto le uova nel paniere. Registrare un evento sportivo, fare di tutto per non sapere come si è concluso, immaginarsi di goderselo in santa pace e poi trovare qualcuno che ti dice com'è andata a finire, magari con sulle labbra il sorriso di chi pensa di renderti felice, è una delle cose più spiacevoli che possano accadere.

Non ho dubbi su chi sia quello dei nostri che oggi ha vinto la Roubaix. Nemmeno uno. Se c'è un azzurro che merita di vincere la Roubaix, quello è il Ballero!Il Ballero che due anni fa, il giorno dopo un derby perso che si giocava il sabato di Pasqua, credeva di aver già vinto. Andava sul pavé come se si trovasse su un biliardo, mentre gli altri arrancavano come fantini inesperti su cavalli imbizzarriti. Li aveva staccati tutti, il Ballero. Tutti tranne uno, tale Duclos-Lassalle: un Francese di quasi quarant'anni, un vecchio volpone.

“Ti prego, non staccarmi!...A Roubaix c'è tutta la mia famiglia che mi aspetta....lasciami l'onore di arrivare con te dopo aver vinto lo scorso anno...sono talmente distrutto che non proverò neppure a fare la volata...” gli aveva detto il Francese.

E Ballero il buono, il romantico, il puro gli aveva creduto. “Tanto lo batto comunque nel Velodromo. Perché devo farmi un nemico?” aveva pensato. E, pur potendolo staccare in qualsiasi momento, se l'era portato dietro come fa la motrice di un camion con il suo rimorchio.

Solo che, una volta entrato nel Velodromo, Duclos-Lassalle il furbo, forse annusando l'aria di casa, aveva d'improvviso ritrovato le energie perdute. Giusto le energie per sprintare e per battere il Ballero per pochi centimetri. Una fine da granata, anche se credo che il Ballero sia Interista. Certamente non gobbo. Ma in fondo che importa? Chi perde così è granata ad honorem.

“E' la più grande delusione della mia vita....non me la sento di andare avanti....smetto di correre!...” aveva detto a caldo.

E invece no! Il cuore di un campione vero non si arrende in questa maniera. La delusione lo rese ancora più forte, voglioso di vincere e di riscattarsi. Il Ballero tornò a Roubaix l'anno successivo (ovvero lo scorso) e perse ancora. Molti, a quel punto, erano convinti che non ce l'avrebbe mai fatta. E invece....

Invece oggi finalmente ce l'ha fatta ed è arrivato solo nel Velodromo. Solo contro tutto e tutti. Solo, prendendo a calci la sfiga che sembrava non abbandonarlo mai. 

Che giornata. Per me. Per il Toro. Per il Ballero. Per tutti noi.

 

 Serravalle Pistoiese. 7 febbraio 2010. Ore 9,01.

 

La gente urla come impazzita. La Renault Clio è finita dritta contro il muro con un rumore sordo di lamiere contorte. Qualcuno, ai bordi della strada, rimane come paralizzato. Arrivano i soccorsi. Si avvicinano alla macchina. Si sente il rumore di sirene e di elicotteri.

 

Ospedale di Pistoia. Circa un'ora dopo.

 

L'uomo col camice bianco esce dalla camera operatoria scuotendo la testa.La donna ha gli occhi lucidi e pieni di lacrime. Singhiozza. Si lascia sfuggire un urlo soffocato.Non c'è più vita nel corpo dell'uomo sdraiato là dentro. Non c'è più vita nel corpo del suo uomo. Non c'è più vita nel corpo del Ballero. La vita dell'uomo che ha saputo domare il pavé come nessuno vincendo per due volte la Roubaix, la vita dell'uomo che ha saputo guidare la Nazionale Italiana a quattro vittorie Mondiali, un oro ed un argento olimpico, è finita schiacciata contro un muro lungo una stretta strada della sua amata Toscana.La vita di Franco Ballerini, detto il Ballero, ex corridore ciclista e Commissario Tecnico della Nazionale Azzurra, si è spenta troppo presto, quando lui non aveva ancora compiuto quarantasei anni.

 

 

Sabato 9 aprile 2011. Sedici anni dopo.

 

Sedici anni fa come oggi vincevamo il derby: all'epoca non potevamo sapere che sarebbe stato l'ultimo della nostra storia.Proprio quel giorno, il Ballero vinceva la sua prima Roubaix.Domani, nel vedere le facce stravolte dei corridori che affronteranno l'Inferno del Nord, non potrò fare a meno di pensare a quell'uomo sporco di fango. Alla sua maglietta colorata diventata grigia. Al suo saluto di addio rivolto alla folla giusto dieci anni or sono.“Merci Roubaix” urlò al mondo il Ballero per mezzo della sua maglietta.Grazie Ballero dico io oggi. Grazie per essere stato grande nelle vittorie e grandissimo nelle sconfitte. Fino alla fine. Proprio come dovrebbe cercare di fare ognuno di noi.

 

(1) Trincea, budello di Arenberg.(2) “Hai visto che bella giornata?!? Abbiamo vinto il derby e a Roubaix ha anche vinto uno dei nostri”

 

Torino, Stadio delle Alpi. Domenica, 9 aprile 1995

JUVENTUS - TORINO 1-2 (1-2)

JUVENTUS (Allenatore M. Lippi): Peruzzi, Ferrara, Torricelli (al 56' Marocchi), Carrera (al 71' Di Livio), Kohler, Paulo Sousa, Deschamps, Conte, Del Piero, R.Baggio, Ravanelli.

A disposizione: Rampulla, Porrini, Grabbi. 

TORINO (Allenatore N. Sonetti): Pastine, Angloma, Pessotto, Falcone (all'81' Lorenzini), Pellegrini, Maltagliati, Sogliano, Scienza, Rizzitelli, Abedì Pelé, Cristallini.

A disposizione: Simoni, Sinigaglia, Bernardini, Osio.

Arbitro: Cesari di Genova.

Marcatori: Rizzitelli 6', 34' (T), Aut.Maltagliati 23' (J)

Spettatori: 43.791, tutti paganti, non erano validi gli abbonamenti.

Note: Ammoniti Deschamps, Scienza, Kohler e Ferrara. Espulsi Paulo Sousa e Sogliano.

 

 

Alcuni video che ricordano la carriera e la vita di Franco Ballerini:

 

Ed ecco le immagini dell'ultimo derby vinto: