di Andrea Ciprandi
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One-nil to the Arsenal
Questa rubrica intende essere una finestra sul panorama calcistico mondiale. Partendo non necessariamente dalla cronaca, mira a offrire spunti di riflessione rispettosi delle diverse identità di questo sport nei tanti luoghi ove è praticato, con un occhio parimenti attento alle realtà di cui meno si parla.
Si sono tenute a cornice della recente partita di campionato con l’Everton le celebrazioni per il 125° dell’Arsenal. La prima partita mai giocata dai Gunners si disputò infatti l’11 dicembre 1886, quando la squadra - che di norma indossava una maglia granata a tinta unita – giocava ancora a sud del Tamigi, si chiamava Dial Square e batté per 6-0 gli Eastern Wanderers. Sabato 10 dicembre 2012, invece, per una curiosa coincidenza il risultato è stato il più classico nella storia dei biancorossi del nord di Londra: 1-0.
Un gol manco a dirlo di Robin van Persie, oltretutto straordinario, ha suggellato un pomeriggio emozionante e più in generale una serie di eventi legati all’anniversario che hanno avuto nell’inaugurazione di tre statue molto particolari un momento davvero toccante. A campeggiare fuori dall’Emirates Stadium, ora, ci sono infatti le rappresentazioni bronzee dei tre personaggi che forse più di qualsiasi altro hanno segnato la storia dei Gunners: Herbert Chapman, Tony Adams e Thierry Henry.
Ripercorrere le vicende di questi eroi locali - ma non solo - aiuterà a comprendere alcune delle più importanti svolte epocali nella storia del Club.
Chapman fu il primo vero manager del calcio e a lui si attribuiscono oltre che l’introduzione del WM (sistema) anche l’invenzione di un calciomercato ante litteram. Proveniente dall’Huddersfield Town, che aveva condotto ai primi trionfi di sempre con 3 allori, nella decade fra il 1925 e il 1934 - anno in cui morì ad appena 55 anni - condusse i Gunners, che non avevano mai vinto niente in quasi mezzo secolo, alla conquista di 2 campionati e una Coppa d’Inghilterra. Fu altresì il primo, vero modernizzatore del Club. Detto della svolta tattica, oltre ad introdurre le maniche bianche nella divisa ufficiale (la cui maglia aveva già voluto rossa) pretese che lo stadio avesse un ruolo centrale nella vita sociale tanto quanto già l’aveva nello sport: fu così che la vecchia stazione della metropolitana di Gillespie, alle spalle delle case a schiera dietro la North Bank, fu rinominata Highbury.
Tony Adams è il capitano della rinascita a cavallo degli anni Ottanta e Novanta. Nei precedenti quarant’anni l’Arsenal aveva messo insieme la miseria di 7 trofei; nei 19 con ‘Tone’, che esordì nel 1983 a 17 anni e a 21 era già capitano, ne avrebbe invece collezionati 10: 4 campionati, 3 FA Cup, 2 Coppe di Lega e una delle Coppe – con la ciliegina sulla torta di 2 Double. Adams è stato anche il principale testimone del passaggio di consegne (seppur indiretto in ragione degli interregni di Bruce Rioch e alcuni traghettatori interni) fra George Graham, l’ultimo interprete dalla panchina del famoso uno-a-zero, e Arsène Wenger, il profeta del bel calcio. Inevitabile, quindi, che dopo cotanta carriera trascorsa unicamente ad Highbury – oltre che con la nazionale inglese di cui fu parimenti capitano - la sua statua campeggi all’ingresso della nuova North Bank dell’Emirates: pur non essendo quella storica di Highbury guardando la quale Adams alzò tanti trofei, continua a rappresentare l’anima della squadra attraverso il tifo tanto quanto Adams, appunto, lo è stato in campo per un ventennio.
Thierry Henry, infine, è nient’altri che il più prolifico goleador nella storia del Club. Reduce dall’alloro mondiale del ’98 e incompreso alla Juventus, trovò innanzitutto la propria collocazione tattica e di conseguenza la giusta dimensione alla corte di Wenger. Ha lasciato il segno sia ad Highbury (di cui durante la sua militanza si festeggiarono i cento anni dalla costruzione) che all’Emirates, arrivando a segnare nel complesso l’impressionante quantità di 226 reti in meno di trecento partite giocate nel corso di otto stagioni. Con la maglia dell’Arsenal ha vinto due campionati, due Coppe d’Inghilterra (ottenendo il Double 2002 con Adams), quattro volte il titolo di capocannoniere e due la Scarpa d’Oro: forse per questo non fa mistero di sentirsi un Gunner a tutti gli effetti – mentre in tanti lo rimpiangono dato che senza di lui l’Arsenal non ha più vinto niente.
La speranza di tutti i tifosi, adesso, è che la presenza seppur simbolica di tre simboli del Club possa portar bene e favorire la rinascita di uno spirito di cui forse quel recente e tradizionale 1-0 può essere stato il primo segnale.
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