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di Andrea Ciprandi
Questa rubrica intende essere una finestra sul panorama calcistico mondiale. Partendo non necessariamente dalla cronaca, mira a offrire spunti di riflessione rispettosi delle diverse identità di questo sport nei tanti luoghi ove è praticato, con un occhio parimenti attento alle realtà di cui meno si parla.
Sono una decina le squadre dei maggiori campionati europei che negli ultimi trent’anni hanno sfiorato la vittoria fra lo stupore generale. Si tratta di autentiche Cenerentole o di Club reduci da una lunghissima astinenza da successi. Fallendo l’obiettivo finale non sono riuscite a stravolgere l’Albo d’oro del proprio Paese ma, cosa forse più importante, hanno scritto pagine epiche della storia del calcio. Le loro campagne dovrebbero essere considerate positivamente invece che lasciare l’amaro in bocca a chi le sostiene. Il fatto che siano arrivate solo a un passo dalla gloria, infatti, le rende forse ancor più degne di ammirazione rispetto a chi sempre inaspettatamente ha invece vinto, potendo quindi godere per qualcosa di concreto.
In Inghilterra negli ultimi quindici anni sono saliti sul podio soltanto Manchester United, Arsenal, Chelsea e Liverpool, anche se i Reds non hanno mai vinto. Uniche eccezioni le 3 stagioni, peraltro lontane facendo ancora parte del secolo scorso, in cui hanno trovato spazio anche il Newcastle plasmato da Keegan mentre Alan Shearer segnava caterve di gol e il terribile Leeds di Viduka e Hasselbaink. Immediatamente prima che nascesse la Premier League, però, quando il Liverpoool contava già 18 titoli contro i 10 dell’Arsenal, gli 8 dello United e uno solo del Chelsea, nei piani alti della massima divisione c’era molto più movimento. A cavallo tra la fine degli anni Settanta e tutti gli Ottanta dominava proprio il Liverpool ma andavano fortissimo anche i suoi cugini dell’Everton tant’è vero che di 15 titoli consecutivi ben 12 andarono sulle rive del fiume Mersey. Nello stesso periodo, però, oltre a uno di questi due Club in cinque occasioni, secondi riuscirono a piazzarsi per due volte l’Ipswich Town costruito da Sir Bobby Robson, il Watford e il Southampton; la terza piazza, poi, andò ancora una volta all’Ipswich, 3 al Nottingham Forest di Brian Clough e al Tottenham di Hoddle e sempre una al West Bromwich Albion del manager Ron Atkinson e di un giovane Bryan Robson poi trasferitisi entrambi al Manchester United, al Crystal Palace di Ian Wright, futura stella dell’Arsenal, allo Sheffield Wednesday ove nel frattempo era approdato il già citato Ron Atkinson e al West Ham.
Proprio la stagione in cui gli Hammers arrivarono terzi, quella1985-86, merita di essere ricordata per la volata da cui uscì trionfatore il Liverpool con appena 2 punti di vantaggio sull’Everton e 4 sui londinesi. Capocannoniere quell’anno fu Lineker dell’Everton con 30 reti ma subito dietro di lui, con 26, si piazzò lo scozzese Frank McAvennie che assieme a Tony Cottee formava al West Ham una coppia d’attacco di rara efficacia; non per altro la vittoria più sonante di quella stagione fu l’8-1 che la loro squadra rifilò al Newcastle. Anno memorabile, quello, anche per la maglia completamente granata senza le tradizionali maniche celesti.
Qualche tempo prima, sempre dietro al Liverpool campione aveva chiuso il Southampton del portierone Peter Shilton, ancora fresco di due trionfi continentali col Forest: era il 1984 e la differenza fu di soli 3 punti. L’anno prima il divario fra prima, ancora il Liverpool, e seconda era stato più netto, 11 lunghezze, ma la piazza d’onore fu del piccolo Watford di proprietà di Elton John, guidato dal futuro c.t. dell’Inghilterra Graham Taylor e trascinato in campo da Luther Blissett capocannoniere con 27 gol, che in una stagione senza precedenti e nemmeno più eguagliata in seguito seppe far meglio di Manchester United, Tottenham, Nottingham Forest e Aston Villa, tutti Club poderosi anche in ambito europeo. Le due stagioni ancora prima, invece, era stato l’Ipswich a veder sfumare il titolo più o meno sul filo di lana, una volta per 3 punti e l’altra per 4: è vero che quella è stata la sue epoca dorata, con una FA Cup e una Coppa Uefa messe in bacheca, ma l’unico campionato inglese mai vinto risaliva - e tutt’ora rimane - quello del ’62.
In Spagna, invece, nel 1994 un rigore fallito da Dukic all’ultima giornata impedì al Deportivo La Coruña di aggiudicarsi il suo primo titolo; a vincere, così, fu il fortissimo Barcellona targato Cruijff, che fra l’altro di lì a breve sarebbe stato anche finalista della seconda edizione della Champions League. Ci fosse stato Donato, normalmente designato a battere le massime punizioni, la storia sarebbe forse cambiata. Quel che resta invece sono una stagione strabiliante culminata in un piazzamento senza precedenti, il premio Zamora andato al portiere Paco Liaño quale meno battuto della Liga avendo subito appena 18 gol e una storica qualificazione europea. Ma non è tutto. I galiziani infatti da quel momento salirono definitivamente di rango e nel 2000 fecero loro il primo - e unico - campionato; insomma, ci volle qualche anno ma alla fine ebbero la propria rivalsa e ripensando a quel ’94 nessuno dei loro tifosi può più prendersela troppo.
Venendo alla Germania, nell’ultimo trentennio non ci sono stati singoli casi eclatanti bensì una serie di disdette sul filo di lana che, in ragione del loro numero, hanno finito per sconfortare i tifosi più che inorgoglirli a dispetto delle tradizione poco o per niente vincente della squadra tifata. Mi riferisco ai casi di Schalke 04 e Bayer Leverkusen, gli eterni secondi. I primi, che pure hanno vinto il titolo 7 volte, non si laureano campioni dal 1958 e detengono il record di piazzamenti: 9, 4 dei quali negli ultimi dieci anni. I secondi, invece, non sono mai stati campioni di Germania al pari di altri ma sono arrivati a essere soprannominati Never-kusen dopo che fra il 1997 e il 2002 arrivarono secondi per ben 4 volte e nell’ultima occasione, come molti ricordano, guidati da Michael Ballack, Lucio e Neuville oltre che potendo contare sui gol di Berbatov cedettero il campionato al Bayern per differenza reti, la Coppa di Germania proprio allo Shalke e poi persero anche la Finale di Champions League contro il Real Madrid.
Se le vicende di questi due Club tedeschi sono particolari, gli sfortunati exploit delle altre squadre ricordate restano parentesi radiose nel corso della storia di ognuna di esse. A maggior ragione in anni dominati sempre dagli stessi protagonisti più o meno in tutti gli angoli del mondo, devono essere davvero motivo di vanto per chi le sostiene e di gioia per tutti gli amanti del calcio, non avendo queste squadre niente a che vedere con le corazzate che quand’anche perdessero la corona sul filo di lana sarebbero sempre in grado di riprovare subito a prendersela.
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