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 di Andrea CiprandiQuesta rubrica intende essere una finestra sul panorama calcistico mondiale. Partendo non necessariamente dalla cronaca, mira a offrire spunti di riflessione rispettosi delle diverse identità di questo sport nei...
Redazione Toro News

 

di Andrea Ciprandi

Questa rubrica intende essere una finestra sul panorama calcistico mondiale. Partendo non necessariamente dalla cronaca, mira a offrire spunti di riflessione rispettosi delle diverse identità di questo sport nei tanti luoghi ove è praticato, con un occhio parimenti attento alle realtà di cui meno si parla.  

Le recenti polemiche circa la supremazia e il carattere di una squadra milanese sull’altra sono un ottimo spunto per ricordare le radici del calcio nelle principali città del mondo. Conscio del fatto che spesso questo sport abbia attecchito ancor più nei piccoli centri, mi limiterò a considerare le grandi città di alcuni Paesi, dandone uno spaccato – decisamente indicativo - che tenga conto delle origini dei loro Club ancora in attività con riguardo sia alla fondazione che all’ambito del tifo.

Partiamo dalla Germania. La squadra più conosciuta di Berlino è l’Herta ma bisognerebbe sapere che originaria della Capitale à anche la prima polisportiva tedesca: si tratta del Viktoria, la cui sezione calcistica fu tra i fondatori della Federazione. Anche a Monaco il Club più tradizionale è quello di cui meno si parla: il decaduto Monaco 1860, il cui nome si deve all’anno di fondazione della polisportiva da cui a fine XIX secolo nacque la squadra di calcio, è del 1899. Il Bayern nacque solo l’anno seguente, raccogliendo da subito le simpatie delle classi più agiate e potendo per questo trasformarsi nella realtà più dinamica dell’intera Baviera prima e di tutto il Paese poi.

Nella vicina Austria, a Vienna si tifano prevalentemente Rapid e Austria, fondate rispettivamente nel 1899 e 1911. I biancoverdi sono sempre stati il Club di riferimento della borghesia cittadina mentre i Violetti la rappresentativa delle classi meno abbienti. Ma c’è di più: il Rapid, fra le due Guerre, giocò nel campionato tedesco – vincendone fra l’altro un’edizione – ed è questo un peccato che i nazionalisti tifosi dell’Austria non gli perdonano ancora, memori oltretutto delle persecuzioni naziste che alcuni suoi membri ebrei dovettero subire durante l’Anschluss. E in considerazione di questi fatti il mantenimento della denominazione Austria assume un significato profondo.

In Inghilterra, Londra e tutto il Sud sono sempre stati complessivamente inferiori al Centro-Nord, ove il calcio sbocciò già durante la Rivoluzione industriale. Fra le 13 principali squadre professionistiche londinesi, la più antica è il Crystal Palace (1861), seguita da Fulham (1879), Leyton Orient e Watford (1881), Queens Park Rangers e Tottenham (1882), Millwall (1885), Arsenal (1886), West Ham (1895), Wimbledon – ora rifondato – e Brentford (1889) e infine Charlton e Chelsea, soltanto nel 1905. E’ impossibile offrire in poche righe lo spaccato socio-culturale di milioni di tifosi, ma è importante sottolineare che per ognuno di questi Club ha sempre contato l’identificazione con determinati quartieri più che la popolarità su tutto un territorio spartito fra numerosi rivali. Con riguardo all’identificazione locale, va ricordato come l'Arsenal si trasferì nel Nord di Londra solo una trentina di anni dopo la sua nascita. Un cenno a parte merita però soprattutto la vicenda del defunto Wimbledon FC, che una decina di anni fa venne inopinatamente trapiantato - come solo negli Stati Uniti sarebbe pensabile - in una New Town a nord della Capitale; ivi ribattezzato MK Dons in un goffo tentativo di coniugare nuova sede e antiche radici, i suoi sostenitori originari reagirono dando vita all’AFC Wimbledon, ove AFC è l’acronimo di ‘A Football Club’, semplicemente ‘una squadra di calcio’. Ma che gioca dov’era nato l’autentico Wimbledon. 

In Scozia invece tiene banco da sempre il filone politico-religioso. A Glasgow sono i protestanti e filobritannici Rangers a essere stati fondati per primi (1873) mentre il cattolico e filorlandese Celtic iniziò a giocare soltanto nel 1888. Nella capitale Edimburgo, invece, i cattolici immigrati dalla vicina Irlanda come i tifosi degli Hoops - ma di questi notoriamente più moderati - stanno con l’Hibernian, fondato nel 1875; per gli Hearts – nati nel 1874 e terza squadra più seguita nel Paese - tifano invece in maggioranza i protestanti, che a sottolineare anche il proprio legame con la Scozia amano ricordare l’arruolamento volontario di ben 16 giocatori della loro squadra durante la Prima Guerra Mondiale. 

Anche in Belgio sono ragioni sociali prima ancora che sportive a caratterizzare il derby più sentito, quello di Bruges. A nascere per primo fu il Club Brugge, che dal 1891 rappresenta la comunità operaia fiamminga; il Cercle Bruges, da par suo, almeno inizialmente venne sostenuto dagli immigrati inglesi e olandesi dato che nel 1899 erano stati alcuni di loro a costituirlo. 

In Europa, un ruolo centrale l’hanno avuto anche altri emigranti e più precisamente quelli greci che, provenienti da Instanbul, si rifugiarono ad Atene in seguito alla Guerra greco-turca. A loro si deve la fondazione dell’AEK (che sta per ‘Unione Sportiva di Costantinopoli’), che nel 1924 si ritagliò uno spazio in una città fino ad allora in mano ai sostenitori borghesi del Panathinaikos (costituito già nel 1908) ma che nel giro di un anno, nel 1925, avrebbe visto nascere anche l’Olympiakos, che prima nel Pireo – lo storico porto della capitale greca – e poi in tutto il Paese arrivò a raccogliere i favori innanzitutto dei ceti più bassi. Analoga a quella dell'AEK è la vicenda del Panionios, ugualmente trasferitosi dall'attuale Turchia ad Atene a inizio anni Venti, benché originario di Smirne.   

Venendo alla Spagna, consideriamo Barcellona e Madrid. In Catalogna, la rivalità fra i Blaugrana, fondati nel 1899, e l’Espanyol, che è del 1900, non risiede esclusivamente in una diversa considerazione del potere centrale spagnolo. Il Barcellona divenne il simbolo della resistenza catalana soprattutto quando al Real Madrid, negli anni Cinquanta, venne di fatto assegnato il ruolo di rappresentante della Spagna nazionalista, con tutti i favori che ne seguirono. Quando furono fondati, gli oggi biancazzurri avevano invece scelto quella particolare denominazione più che altro per sottolineare l’intenzione di affrancarsi dai servigi dei tanti stranieri presenti a Barcellona, incrementando la presenza tra le proprie fila di giocatori spagnoli ma senza per questo voler ricorrere solo a catalani – niente a che vedere quindi con quanto fa l’Athletic di Bilbao affidandosi esclusivamente a baschi. A Madrid, Real e Atletico hanno praticamente la stessa età essendo nati rispettivamente nel 1902 e 1903. Mentre i madridisti, però, hanno radici cittadine, i Colchoneros devono l’esistenza all’iniziativa di un gruppo di studenti baschi trasferitisi nella Capitale ma con una grande nostalgia per il Club della loro città di provenienza, l’Athletic, di cui vollero che la nuova Società mantenesse più o meno nome e colori. Poca incidenza ha invece il piccolo Rayo Vallecano, terzo Club di Madrid, nato nel 1924 e legato allo stesso quartiere in cui mosse i primi passi il Real: basti pensare che quando militava in Primera Division lo si faceva giocare a mezzogiorno per permettere ai suoi sostenitori di seguire, più tardi, anche una fra Real e Atletico… 

La capitale portoghese, Lisbona, è divisa fra sostenitori di Sporting e Benfica. I primi, almeno nel 1902 quando nacque il Club, appartenevano all’aristocrazia; i secondi invece, nati nel 1904, per lungo tempo sono usciti quasi esclusivamente dalla fascia sociale mediobassa, che a questa squadra è tradizionalmente legata anche in ricordo dell’offensivo passaggio ai rivali cittadini di alcuni suoi giocatori in cerca di un trattamento economico migliore. Era il 1907.

Dall’altra parte dell’Atlantico, a Rio de Janeiro nei sostenitori del Flamengo si ravvisano bene o male le stesse caratteristiche di quelli del Benfica, visto che anche in questo caso fu l’avversione al carattere di un’altra Società a portare alla fondazione della loro squadra di calcio – in un periodo in cui erano diffuse soprattutto le polisportive e in particolare i Club di canottaggio. Era il 1911 e, a 9 anni dalla nascita del settarissimo Fluminense (1902) si produsse lo scisma di alcuni ribelli da cui scaturì la fondazione del Flamengo – vicenda, questa, che ricorda anche quelle di Milan e Inter, Siviglia e Betis, Gremio e Internacional di Porto Alegre. Le altre due principali squadre di Rio, Botafogo e Vasco da Gama, nacquero invece come divisioni delle omonime polisportive rispettivamente nel 1904 e 1915, con la prima che a oggi ha i tifosi mediamente più anziani del Brasile e la seconda che è la tradizionale rappresentativa della comunità portoghese essendo nata non a caso dalla fusione col Lusitania. A San Paolo e dintorni, invece, fra le quattro cosiddette grandi è il Corinthians la più vecchia, essendo stata fondata nel 1910 da un gruppo di immigrati spagnoli e portoghesi di umili origini. Seguì il Santos, del 1912, che a differenza delle altre gioca vicino al mare, nell’omonima cittadina. Sempre al centro della megalopoli paulista, invece, appartengono il Palmeiras, fondata nel 1914 come Palestra Italia da un gruppo di nostri emigranti, e il San Paolo, che è la più giovane: fu solo nel 1930, infatti, che dalla fusione di altri due Club nacque il cosiddetto Tricolor Paulista. Attualmente le tifoserie più numerose sono quelle di Flemengo e Corinthians, seguite nell’ordine da 20 e 15 milioni di brasiliani. Seguono San Paolo, Palmeiras e Vasco, col tifo che man mano che si scende in questa graduatoria sta a indicare un’incidenza dell’affezione locale sempre maggiore, come nel caso di Santos, Botafogo e Fluminense che a dispetto dei successi non sono quasi tifate fuori dalla propria città.

Venendo all’Argentina, a Buenos Aires giocano ancora più squadre che a Londra. Come nella capitale inglese, però, ce ne sono solo alcune di rilievo e le dispute circa tradizione e seguito riguardano soprattutto due. Fra queste, la prima a essere fondata fu il River Plate (1900) a cui seguì il Boca Juniors (1905). Le tifoserie di questi due dichiarati nemici sportivi si dividerebbero fra borghesi, legati al River, e meno abbienti e immigrati, fedeli al Boca. Ma questa distinzione è frutto di una forzatissima manipolazione storico-propagandistica che esiste dai tempi del trasferimento dei ‘millonarios’ nella zona bonificata a nord della città, l’allora nuovo polo di sviluppo economico bonaerense. Bisognerebbe infatti ricordare come entrambi i Club siano originari della Boca e tra i fondatori degli uni e degli altri figurassero non solo italiani ma addirittura genovesi, nonostante dell’appellativo di Xeneizes (appunto ‘genovesi’) si sia poi indebitamente impossessato in esclusiva il Boca, al pari dell’espressione ‘La mitad mas uno’ vale a dire ‘la metà più uno’ con riferimento al numero di tifosi che avrebbe in tutto il Paese.   

La considerazione finale è d’obbligo. Il tempo passa, il tessuto sociale cambia e soprattutto i soldi girano. A metà anni Cinquanta il Real Madrid di Bernabeu inaugurò la politica dei grandi investimenti stravolgendo di conseguenza gli equilibri del calcio. Basti pensare all’acquisto di Di Stefano (l’allora più forte giocatore al mondo, già destinato al Barcellona), alla vittoria di 14 campionati in due decenni dopo i 2 soli conquistati dei venti precedentemente disputati e alla conquista delle prime cinque edizioni della Coppa dei Campioni, che proprio il suo Presidente aveva voluto in sostituzione della Coppa Latina nel momento in cui il Club madrileno poté permettersi di allestire l’unica multinazionale del tempo, godendo fra l’altro dei favori del Governo che aveva bisogno di una squadra che rappresentasse al meglio la Spagna nell’Europa post bellica. Divenne famoso al punto da essere considerato il calcio per antonomasia e oggi, al pari di altre grandi squadre, ha accantonato senza drammi le vicende cittadine di fronte al favore di schiere di ammiratori e consumatori di tutto il mondo. Dai tempi di Bernabeu, e ultimamente sempre più, grandi somme hanno spesso portato a grandi affermazioni, ovunque. E alla conseguente conquista di masse di nuovi, giovani appassionati affascinati dalle vittorie e a queste fedeli più che alla storia e alle radici. Considerando poi anche la globalizzazione e la crescente uniformità sociale – almeno apparente – sarà facile arrivare alla conclusione che ormai ogni considerazione circa il carattere di un determinato Club è divenuta anacronistica. A meno che non si badi a quel che fu ma che, davvero, non è più.