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Rio de Janeiro o de… la Plata?

Redazione Toro News
di Andrea CiprandiQuesta rubrica intende essere una finestra sul panorama calcistico mondiale. Partendo non necessariamente dalla cronaca, mira a offrire spunti di riflessione rispettosi delle diverse identità di questo sport nei tanti...

di Andrea Ciprandi

Questa rubrica intende essere una finestra sul panorama calcistico mondiale. Partendo non necessariamente dalla cronaca, mira a offrire spunti di riflessione rispettosi delle diverse identità di questo sport nei tanti luoghi ove è praticato, con un occhio parimenti attento alle realtà di cui meno si parla.  

Tre reti argentine su cinque nell'ultimo Fla-Flu contemporaneamente alla perdita della testa della classifica da parte del Vasco affossato da una goleada dell’Internacional, col primo centro firmato D'Alessandro, e le incertezze del Botafogo quando manca Abreu hanno focalizzato l'attenzione di tutti gli osservatori sulle qualità dei giocatori provenienti dai due Paesi storicamente riconosciuti come i maggiori antagonisti sportivi del Brasile. 

Domenica scorsa, con Flamengo e Fluminense sull'1-1 a metà della ripresa, un guizzo di Lanzini aveva dato l'illusione del trionfo al popolo del Tricolor, campione in carica. Poi però, negli ultimi cinque minuti quando i giochi sembravano ormai fatti, Dario Bottinelli ha realizzato una doppietta da sogno che è fruttata ai rossoneri, campioni nel 2009, una dolcissima vittoria. Come dire: firma argentina su opera brasiliana. Sbaglia però chi pensa che questi siano stati semplici exploit, basti ricordare anche solo che miglior giocatore della scorsa stagione fu quel Dario Conca trascinatore del Fluminense prima di diventare uno dei cinque calciatori più pagati al mondo dopo il suo recente trasferimento in Cina.

In un Brasileirão che ha nell’argentino Walter Montillo il momentaneo quarto miglior realizzatore, la mappatura degli argentini a Rio vede proprio il Fluminense, che pure è orfano del suo ultimo profeta, in cima alla lista dei Club 'carioca' con più ‘albicelesti’ tra le proprie fila. A Laranjeiras giocano due calciatori davvero forti, dal futuro assicurato in virtù di un presente di tutto rispetto. L’attaccante Martinuccio ha già disputato le Finali di Copa Libertadores, nello specifico quelle dell'ultima edizione nel corso della quale ha sfiorato il successo con gli uruguaiani del Peñarol, e a soli 23 anni è già alla seconda esperienza all’estero dopo aver mosso i primi passi in uno dei vivai più prolifici al mondo, quello del River Plate. Manuel Lanzini, invece, anch’egli uscito dalle giovanili del River, di anni ne ha appena 18 anni. Consacratosi a Buenos Aires lo scorso semestre a dispetto della retrocessione del suo Club, aveva esordito già sotto Angel Cappa andando a integrare il folto gruppo di fenomeni ‘millonarios’ in erba di cui facevano parte anche Erik Lamela e Rogelio Funes Mori. A Rio, dove trascorrerà in prestito l’intera stagione 2011-12, ha saputo farsi amare fin da subito segnando alla sua prima uscita e gioca bene al punto che, giovane com’è, sta già contendendo un posto da titolare niente meno che a Deco.

Un altro protagonista dell’ultimo Fla-Flu, come anticipato, è Dario Bottinelli. Il fratello minore di quel Jonathan che ha giocato nella Sampdoria a dire il vero è stato l’eroe rossonero della giornata. E i suoi numeri lasciano intuire che potrà fare ancora tanto per il Club di Gavea, magari addirittura aiutarlo a conquistare un secondo titolo nazionale in tre anni che sarebbe storico. Lanciato dal San Lorenzo, dopo una fulminea esperienza nel Racing si era trasferito alla Universidad Catolica intervallando l’esperienza cilena con una in Messico. A soli 24 anni, quindi, ha già girato parecchio dimostrando di saper fare gol sempre, e spesso in grandi occasioni: come ha ricordato nel corso di un’intervista post-clasico, infatti, aveva già punito il Boca e il Colo Colo in due delle stracittadine più calde del Sud America. Ma quel che più conta è che con due campionati vinti in saccoccia (Argentina e Cile) ora sembra pronto anche per quello brasiliano dopo l’antipasto del titolo statale 2011 conquistato proprio col Flamengo.

Anche al Botafogo c’è un altro forte attaccante argentino. Si tratta di German Herrera, che in questo campionato sta segnando quasi quanto il compagno di squadra brasiliano Elkeson ma soprattutto Sebastian Abreu, punta uruguaiana ispiratissima e determinante al punto che alcune sue assenze dovute ad altrettante convocazioni in Nazionale potrebbero risultare negativamente decisive nella corsa al titolo. Con 17 maglie indossate in tutto il mondo, fra cui quelle, lui, sia di San Lorenzo che River Plate ma anche del Nacional di Montevideo, il ‘Loco’ è un vero e proprio zingaro anche se sarebbe più corretto riconoscerlo quale un meraviglioso ambasciatore del calcio rioplatense, nonché esempio di integrazione come dimostra la cittadinanza onoraria di Rio che gli è appena stata accordata. Per tornare a Herrera, è originario di Santa Fe, è stato forgiato nel Rosario Central e ha pure lui dei trascorsi nel San Lorenzo. Il Botafogo è la sua terza squadra brasiliana e, significativamente, ha vinto qualcosa con ognuna di esse: nel complesso due titoli statali e un campionato di B – quest’ultimo col Corinthians nell’anno trascorso nella serie cadetta dai bianconeri ‘paulisti’. Manca solo un alloro nazionale e nella sede di General Severiano tutti sperano che al termine dello sprint selvaggio che si profila già questa possa risultare la volta buona.  

Al Vasco da Gama, infine, gioca il giovane Leandro Chaparro. Anche agli albori della sua carriera c’è il San Lorenzo. Nel complesso le sue esperienze sono finora riconducibili esclusivamente ai rossoblù e poi al suo attuale Club, nel quale spera di lanciarsi definitivamente sebbene coi suoi soli 20 anni e una maturazione evidentemente più lenta di quella per esempio di Lanzini anche in Brasile continui a dividersi fra prima squadra e giovanili. 

A questo gruppo di rappresentanti rioplatensi ai piedi del Cristo Redentore fa chiaramente compagnia una schiera di altri giocatori argentini e uruguaiani sparsi per tutto il Paese fra cui spiccano, per limitarsi ai primi, il trio D’Alessandro-Bolatti-Guiñazù dell’Internacional e il già citato Montillo del Cruzeiro. Sono tutti campioni e considerato che i brasiliani sono abituati ad acclamare chiunque purché faccia vincere la propria squadra, non importa se proviene dai più acerrimi rivali cittadini o dai Paesi sportivamente più ostili (si pensi ai casi di Tevez, Mascherano e Defederico al Corinthians e a quello riportato di Abreu, emblematico com'è nella sua ufficialità), c’è da scommettere che potranno continuare a godere dell’ambiente ideale per consacrarsi o confermarsi, venendo per questo amati. A patto, chiaramente, che chi fra loro ci sarà non dimostri altrettanta bravura ognuno con la sua Nazionale ai prossimi Mondiali, quelli che proprio il Brasile ospiterà nella speranza di riscattare definitivamente il traumatico ‘Maracanazo’ del ’50 a firma dell’Uruguay…  

L’ultima considerazione, però, ci riporta nello specifico al calcio ‘carioca’. Con un uruguaiano e quattro argentini nati fra Buenos Aires e dintorni che stanno scrivendo la storia recente dei maggiori Club locali, Rio de Janeiro oggi è anche un po’ Rio de… la Plata.