di Andrea Ferrini
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Superbowl: quando si uniscono realmente sport e divertimento
In America è l’evento dell’anno, la festa nazionale non ufficiale, il giorno in cui tutto il mondo a stelle e strisce si ferma. L’assegnazione del Vince Lombardi Trophy ha travalicato i confini USA diventando un evento di caratura mondiale per appassionati e non. L’edizione 2011 ha visto i Green Bay Packers, i Cheese Head, riportare a casa il trofeo intitolato al loro mitico allenatore dopo 14 anni, nonostante un’annata che sembrava destinata al fallimento.
Una rimonta che ha dell’incredibile per l’unica squadra dell’NFL ad esclusivo azionariato popolare: 110 mila persone che detengono quote della società, nessun azionista di maggioranza, nessuno sceicco multimilionario e uno stadio dedicato al proprio fondatore - Earl Lambeau - non a una bibita o a una banca. Un impianto da 74 mila posti che registra sempre il sold out, con liste di attesa per un abbonamento stagionale da più di 80 mila persone.
Udite, udite: senza bisogno di tessere fidelizzanti, gabbie per gli ospiti o cordoni di polizia. Favole che in Italia e in Europa sono destinate a rimanere tali.
Certo negli USA esistono altre regole, una concezione diversa dello sport e dello spettacolo. Alcuni potrebbero storcere il naso ma il successo degli avvenimenti sportivi americani è sotto gli occhi di tutti: stadi sempre pieni, merchandising di ogni genere, squadre che tornano a vincere dopo anni di anonimato. Nessun campionato già deciso in partenza, partite dal risultato quasi sempre incerto, squadre materasso che l’anno dopo hanno la possibilità di rifarsi.
Lo spettacolo offerto dal Super Bowl porta ogni anno a infrangere i propri record e a registrare cifre da capogiro. La Fox ha reso noto che la partita e' stata seguita da una media di 111 milioni di telespettatori, contro i 106,5 dell’anno precedente, e ha registrato lo share più alto di sempre: 71%.
Per uno spot di 30 secondi bastano 'appena' 2,6 milioni di dollari, mentre la Chrysler di Sergio Marchionne ne ha investiti ben 9 per uno pubblicità inedita di 2'' per lanciare il nuovo modello di Chrysler 200. Da Arlington, sede del Cowboys Stadium teatro dell’evento, a Detroit corrono circa 2000 km: spazio alle interpretazioni.
Allo stadio erano presenti fior fior di celebrità impazienti di godersi la partita: da George Bush alle coppie celebri come Harrison Ford e Callista Flockhart, a Michael Douglas e Caterina Zeta Jones, Alex Rodriguez e Cameron Diaz, Ashton Kutcher.
Altri vip invece, loro malgrado, sono entrati a far parte della storia della competizione: dopo il capezzolo galeotto di Janet Jackson quest’anno è toccato a Christina Aguilera a far parlare, negativamente, di sé.
Tutto puoi toccare agli Americani fuorché l’inno nazionale: la bella cantante di New York si è permessa di sbagliare una strofa del testo rimanendo impietosamente sommersa dai fischi del pubblico. Una papera del genere non può che far sorridere pensando alle storpiature dei nostri azzurri - Thiago Motta, ad esempio, si sente italiano, ma contro la Germania ancora non canterà perchè "non so le parole" - durante l’inno nazionale. Per non parlare dei politici.
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