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Terra Santa

Redazione Toro News
di Andrea CiprandiQuesta rubrica intende essere una finestra sul panorama calcistico mondiale. Partendo non necessariamente dalla cronaca, mira a offrire spunti di riflessione rispettosi delle diverse identità di questo sport nei tanti...

di Andrea Ciprandi

Questa rubrica intende essere una finestra sul panorama calcistico mondiale. Partendo non necessariamente dalla cronaca, mira a offrire spunti di riflessione rispettosi delle diverse identità di questo sport nei tanti luoghi ove è praticato, con un occhio parimenti attento alle realtà di cui meno si parla.  

Buenos Aires è una città come poche altre al mondo. Estesa com'è, ospita innumerevoli comunità sociali ed etniche che spesso mantengono precise connotazioni culturali e soprattutto restano radicate su particolari porzioni del territorio dette 'barrios'. 

Ancor più che a Londra, Montevideo, Rio de Janeiro o San Paolo, a Buenos Aires le squadre di calcio sono spesso reali espressioni del quartiere in cui giocano. A fronte di quarantotto 'barrios', l’esistenza di addirittura venti club fra quelli iscritti ai maggiori campionati professionistici nazionali che giocano entro i confini cittadini rende intuitiva la rappresentatività di un singolo quartiere da parte della maggior parte di essi. In rigoroso ordine alfabetico, sono All Boys, Argentinos Juniors, Atlanta, Barracas Central, Boca Juniors, Comunicaciones, Defensores de Belgrano, Español, Excursionistas, Ferro Carril Oeste, General Lamadrid, Huracan, Nueva Chicago, River Plate, Paraguayo, Riestra, Sacachispas, San Lorenzo de Almagro, Velez Sarsfield e Yupanqui. A queste squadre ne andrebbero poi aggiunte almeno un’altra quarantina, per arrivare su per giù a sessanta, considerando anche quelle che giocano nelle immediate vicinanze della capitale e cioè la cosiddetta Gran Buenos Aires. Fra esse spiccano certamente quelle del sud, alcune delle quali note al grande pubblico per i tanti successi ottenuti e altre invece conosciute anche da noi per aver dato giocatori a squadre italiane o invece averne accolti alcuni dai trascorsi in Serie A. E' il caso rispettivamente di Independiente e Racing, entrambe del 'partido' di Avellaneda che confina col quartiere della Boca, e di Banfield e Lanus. 

Sono alcuni anni che a Buenos Aires esiste un fenomeno socio-culturale legato allo sport e in particolare al calcio paragonabile per portata a quelli politici di cui è più facile sentir parlare. Si tratta delle recriminazioni storico-territoriali del San Lorenzo de Almagro, una delle società di maggior tradizione in tutta l’Argentina.

Dal 2005 tifosi e dirigenti del San Lorenzo de Almagro, organizzati in diversi gruppi apolitici legati più o meno direttamente al club ma comunque da esso riconosciuti, stanno facendo pressione sulle istituzioni cittadine per tornare al quartiere da cui proviene il club. A cavallo degli anni Settanta e Ottanta, lo storico stadio denominato Gasometro che sorgeva a ridosso di Avenida La Plata e in cui la squadra giocava del lontano 1916 fu prima chiuso e poi abbattuto per lasciare il posto di lì a breve, al termine di una serie di vendite più o meno trasparenti, a un supermercato Carrefour. Alla base, uno scellerato accordo fra alcuni dirigenti del club e la dittatura del tempo, che aveva annunciato apparentemente inevitabili stravolgimenti urbanistici atti a modernizzare la zona ma che invece mirava a soffocare un ambiente sociale e sportivo largamente riconosciuto avverso ad essa come nessun altro nella capitale e non fece altro che favorire l'acquisizione finale di quel terreno da parte della multinazionale francese, che nel frattempo aveva potuto beneficiare del permesso di erigere edifici commerciali e non più con scopi sociali. Non si aprirono quindi nuove strade né si costruirono abitazioni e scuole come stabilito da un'apposita legge poi ignorata: semplicemente, al posto dello stadio argentino forse più famoso di sempre sorse il primo di una serie di supermercati di proprietà straniera che nel giro di qualche decennio avrebbero soppiantato la maggioranza di quelli argentini, crescendo come funghi in ogni angolo di un paese la cui svendita era evidentemente iniziata – e non è ancora terminata.    

Conseguenza di quello strazio fu la perdita di un luogo la cui importanza culturale andava ben oltre quella sportiva. Con un campo da gioco enorme, più grande di quello del Camp Nou di Barcellona, e spalti in legno e ferro da settantacinquemila posti, il Gasometro era luogo di ritrovo anche in occasione di svariate manifestazioni artistiche, molte delle quali musicali e in particolare di ballo. Sorgeva nel cuore di Boedo, 'barrio' che in principio era parzialmente ricompreso in quello di Almagro (che per questo compare nella denominazione del club) e la cui imprescindibile importanza storica è testimoniata dall'essere menzionato in uno dei brani di tango più famosi di sempre vale a dire 'Sur', scritto e musicato rispettivamente da Homero Manzi e Anibal Troilo. Con l'abbattimento di questo impianto, quindi, si strappò letteralmente il cuore a un'intera comunità. Ma non solo. Ci furono anche ripercussioni pratiche: limitandosi anche solo all'aspetto sportivo, la squadra patì addirittura una retrocessione, la prima di una cosiddetta grande dal calcio argentino, e fu costretta a girovagare per campi diversi nel corso di più di un decennio prima che si costruisse un nuovo stadio un paio di chilometri più a sud, a Bajo Flores. 

La cosiddetta 'vuelta a Boedo', cioè il ritorno al quartiere originario, è quindi un fatto culturale e non solo meramente calcistico. A conferma poi della sua nascita spontanea, che è un valore aggiunto, sembra accertato che se ne parlò per la prima volta già alla fine del 1998 allorché lo storico e socio del club Adolfo Res, destinato a diventare una delle figure di riferimento, dichiarò "E' possibile tornare ad Avenida La Plata, è possibile fare ritorno alla nostra Terra Santa". Oggi, a distanza di quasi quindici anni, si può dire che il movimento a cui si è dato vita non ha pari in tutta la storia del paese e nemmeno in confronto a quanto mai fatto in qualsiasi altra parte del mondo. L'intervento del nuovo presidente e le donazioni di alcuni facoltosi tifosi, fra cui il noto attore Viggo Mortensen, hanno già permesso di riacquistare una prima parte dei due isolati della discordia. Così adesso esiste la cosiddetta Plaza Padre Lorenzo Mazza, intitolata al sacerdote per iniziativa del quale nel 1908 si ufficializzò l'esistenza del club - che sotto vari nomi e senza una vera e propria organizzazione esisteva già da alcuni anni. Apposite commissioni, nel frattempo, affiancano il club nelle trattative col governo locale al fine di ottenere l'esproprio dell'intero terreno nell'ambito di un'operazione che è stata a ragione definita di restaurazione, piuttosto che restituzione, storica. E si moltiplicano le iniziative a sostegno della causa, che sono anche un modo per mantenere viva una tradizione attraverso l'espressione di un fortissimo senso di appartenenza e radicamento territoriale. Alle tre marce da svariate decine di migliaia di tifosi che hanno già manifestato di fronte ai maggiori centri del potere cittadino (ma anche l'Ambasciata di Francia) il prossimo 8 marzo ne seguirà una quarta, che è annunciata addirittura da centomila, di appoggio alla cosiddetta Legge di Restaurazione Storica e con meta Plaza de Mayo e il Municipio. Questo mentre il Carrefour della discordia, improvvisamente chiuso qualche mese fa apparentemente per rendere possibili alcuni lavori di ristrutturazione, non ha ancora riaperto e il mistero circa questa situazione alimenta ancor più le aspettative dei tifosi.  

Non vanno però dimenticate altre iniziative. E’ stata infatti creata una vera e propria rete sociale fatta anche della gestione di biblioteche di cui una intitolata al compianto scrittore Osvaldo Soriano, tifosissimo rossoblù, corsi scolari e assistenza per l’impiego, nel segno evidentemente del club anche se sarebbe più opportuno dire di qualcosa di molto più ampio, di cui il club fa parte e per cui (anche) il club esiste. Inoltre, venendo più strettamente alla causa del San Lorenzo, è stata allestita una campagna di sensibilizzazione passata fra l’altro per una massiccia raccolta di firme per tutta Buenos Aires. Vengono poi regolarmente organizzati eventi sportivi, musicali e artistici in genere là dove sorgeva e auspicabilmente tornerà ad essere eretto il Gasometro: la gente si riunisce frequentemente su Avenida La Plata per assistere ad esibizioni e spettacoli nel segno del cosiddetto ‘Ciclon’ e del suo sogno, piuttosto che per metterli direttamente in scena - si tratta di una partecipazione che coinvolge gente cosiddetta comune ma anche i tanti atleti di ogni età che fanno parte del club (che è una polisportiva) e l'ultima iniziativa risale agli scorsi 18 e 19 febbraio. Come a dire che il fuoco sotto la brace non si è mai spento e che la vita non si è mai fermata.

Al di là dei particolari sviluppi che avrà la vicenda, quanto sta succedendo è già di per sé un segnale di grande speranza. Accanto all'azionariato popolare, che è stato alla base del rifiorire di alcuni club, l'esempio di Boedo induce a credere che un'umanizzazione del calcio in chiave di recupero di tradizione e identità sia possibile e che la discesa in campo e in piazza di tifosi animati da spirito costruttivo e non soltanto polemico possa essere un'altra valida via da percorrere. Chi conosce l'Argentina sa bene quanto la partecipazione di massa sia un marchio di fabbrica del paese. D'altronde ogni luogo ha caratteristiche proprie, per cui una mobilitazione analoga a quella ‘sanlorencista’ non è praticamente mai stata considerata per esempio in Italia - al di là di casi isolati come quello inerente la ricostruzione dello stadio Filadelfia del Torino a cui, però, non è riconducibile la stessa assidua partecipazione fisica della gente che forse solo in una città come Buenos Aires può esistere – quindi senza nulla togliere alla gestione della causa granata. La 'vuelta a Boedo' ha dunque un grandissimo valore sociale ma, prima di qualsiasi altra cosa, è la prova della sopravvivenza di un certo spirito ai tanti soprusi indotti dalla politica e con essa soventemente da un mercato che ha più volte fatto scempio dello sport in nome del profitto. 

E' per questo che oggi, qualunque sia la nostra squadra del cuore, dovremmo tutti dire "grazie" al popolo del San Lorenzo. Per quanto riguarda me, innamorato come sono di Buenos Aires, l’appoggio ai rossoblù è totale. Ma da tutti indistintamente gli sarebbero dovuti rispetto e riconoscenza, non foss'altro perché un giorno certe sventure potrebbero toccare a chiunque ma se nel frattempo si realizzasse il ritorno a Boedo, col valore universalmente simbolico che ha, il rischio di patire le stesse ingiustizie sarebbe ridotto.