altre news

Tessera del Tifoso

Tessera del Tifoso - immagine 1
Ieri abbiamo pubblicato un articolo di Carmelo Pennisi sulla Carta del Tifoso che svelava un retroscena sulla creazione di questo piccolo documento. Oggi vi proponiamo un intervento tratto dal Guerin Sportivo proprio di Anthony Weatherill,...
Redazione Toro News

Ieri abbiamo pubblicato un articolo di Carmelo Pennisi sulla Carta del Tifoso che svelava un retroscena sulla creazione di questo piccolo documento. Oggi vi proponiamo un intervento tratto dal Guerin Sportivo proprio di Anthony Weatherill, ideatore della tessera, che spiega come è nata l’idea e a cosa dovrebbe veramente servire la sua Carta del Tifoso.

 

di  Anthony Weatherill - Carta del Tifoso S.r.l.

 

Quando alcuni anni fa cominciai ad osservare il fenomeno del tifo con occhi da imprenditore, alcune cose rimasero subito impresse nella mia mente. La prima era di una grande passione che si manifestava nei modi più svariati, da parte di uomini di ogni età e di ogni ceto sociale. Tanto da far definire il calcio come la liturgia laica della domenica, con i suoi riti e le sue varie fedi. La seconda era che il tifo, rispetto a quando seguivo il calcio da bambino, stava andandosi sempre più trasformando in modo radicale. Erano entrati in maniera prepotente la televisione e il marketing a regolare la vita dei vari campionati di calcio. Il calcio diventava, in conseguenza a ciò, sempre più oggetto di consumo, almeno secondo chi lo gestiva. La terza era il progressivo scollamento, a causa della seconda trasformazione, da parte dei tifosi dalla vita della propria squadra . I calciatori non erano più idoli che incarnavano una storia e dei colori sociali, ma delle semplici star. Quasi fenomeni da concerto rock, più che atleti su cui lenire le  fatiche quotidiane e colorare i  sogni. Risultato? Gli stadi italiani, che quando io ero bambino erano quasi sempre pieni, andavano sempre più svuotandosi. Tutto diventava sempre più televisivo, più fenomeno  da stadio di piccole frange violente in cerca di una qualche identità perduta. Mi accorsi in modo definitivo, dopo qualche tempo, che mancava il racconto, mancava la storia. Un racconto e una storia sono alla base di ogni successo imprenditoriale, perché ogni successo imprenditoriale intercetta sempre un bisogno che non vede l’ora di essere soddisfatto. E’ esattamente ciò che ha fatto Marchionne nel rilanciare la Fiat verso nuovi traguardi, portandola fuori da un baratro che aveva spaventato a morte un’intera nazione. La nostra nazione. Un successo imprenditoriale ha sì alla base una buona idea commerciale, ha sì una buona dose di cinismo, ma deve avere anche un cuore filosofico da cui partire. E deve avere anche un minimo di codice etico che la regoli. Altrimenti l’imprenditore diventa solo un semplice capitano di una nave con la patente corsa: un pirata, insomma. Così i tifosi hanno cominciato a vedere alcuni imprenditori e dirigenti che si succedevano alla guida delle società di calcio: come dei pirati. E un giorno hanno scoperto che loro stessi, i tifosi, erano il bottino.   E da questa crisi i fiducia che parte l’idea della Carta del Tifoso. Da questo mondo che è cambiato così all’improvviso da far riporre nel cassetto le passioni più genuine. Il calcio televisivo è sempre più consumato, parlato, ma sempre più in deficit. La maggioranza dei tifosi non partecipa più attivamente alla vita e alle vicende della loro squadra, non ha più entusiasmo e, quindi, continuano a lasciare nel cassetto la loro passione. Allora, un giorno, mi sono detto: e se riuscissi a fornire loro uno strumento per tornare a vivere ogni momento con la loro squadra? Se riuscissi a dargli qualcosa che possa vincere il loro scetticismo? Cosa potrebbe veramente succedere? Ed ecco che la Carta del Tifoso comincia a prendere vita nella mia mente, come un progetto concreto al servizio dei tifosi. Ho capito subito che questa cosa poteva far ritornare  i tifosi ad essere padroni del loro gioco preferito. Ho capito subito che poteva ridargli quella autonomia  che hanno perso da tempo. Ho capito subito che la Carta del Tifoso potrebbe essere il punto di partenza di ogni racconto.  Ho cominciato a girare l’Italia, a sentire e vedere i tifosi dei vari club sparsi sul territorio. Ognuno aveva una storia da raccontare, un’esigenza da venire soddisfatta. Questi tifosi credono al progetto Carta del Tifoso, credono alla loro Carta del Tifoso. Non credono alle varie carte che alcune società di serie A hanno emanato in questi giorni. I tifosi non vogliono che la carta sia un banale biglietto elettronico per entrare allo stadio, o uno scontato biglietto del tram o per un museo che magari non hanno alcun interesse a visitare. Tutto questo, ai loro occhi, sa solo di controllo delle loro mosse, più che di una concreta possibilità di veicolare la passione per i loro colori.  I tifosi che hanno creduto al  progetto della Carta sono la maggioranza, e non meritano di essere ancora una volta presi in giro da chi ha solo pensato di rubare un’idea, per applicarla poi male.  Se c’è una cosa che ci sta insegnando quest’ultima grave crisi economica è che l’etica deve tornare ad avere un posto di primo piano in tutti i progetti imprenditoriali. La  Carta del Tifoso  non può essere a disposizione di  ambizioni ambigue . La Carta del Tifoso, qualsiasi Carta del Tifoso, non può essere fatta senza una collaborazione e una presenza attiva dei tifosi. Sarebbe un controsenso. Vorrebbe dire fare automobili senza cercare di capire quali sono i desideri e i gusti di chi poi quelle automobili deve comprarle. Se una fabbrica di automobili facesse così, sarebbe destinata al fallimento. Spero che prima o poi, ci si dia la possibilità di dimostrare concretamente sul campo, quali sono le possibilità infinite di un corretto utilizzo della Carta del Tifoso.