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Tifo senza rogne

Redazione Toro News
di Marco Peroni

Forse non tutti hanno presente cosa voglia dire seguire una partita di NBA dal vivo, a me è capitato in aprile: Miami Heats contro Atlanta Hawks. Ve la faccio breve. Le strutture sono semplicemente meravigliose e quello che colpisce un italiano è l'assenza di scritte sui muri dei cessi o dei corridoi. Le code che si creano davanti ai bar sono da tutti rispettate, mentre i baristi non sono oggetto di alcun commento o pressione. Il negozio di articoli ufficiali è pieno zeppo di tifosi ma voi potete dimenticare i Ryband su uno scaffale, accorgervene dopo mezzora che siete usciti, tornare sui vostri passi in tutta calma e passare subito alla cassa: qualcuno li avrà messi da parte per voi. La partita è seguita dai tifosi mescolati, li distingui solo dal colore del cappellino. Non interagiscono fra loro per scherzare, polemizzare o sfottersi: guardano la partita e pescando patatine dal sacchetto, o meglio pescano patatine dal sacchetto guardando la partita. E qui infatti viene il brutto. Io e i miei amici abbiamo contato qualcosa come diciannove mini eventi all'interno del match per una durata totale di più di tre lunghissime, estenuanti ore. Il tifo non parte dalle curve (del resto, non ci sono curve) ma è imbeccato dagli altoparlanti: comincia un ritmo e, con la bocca piena, la gente lo segue battendo le mani. Ad ogni time out, deve per forza succedere qualcosa. Provo a riordinare le idee:1-    due signori estratti a sorte fra il pubblico si sfidano in una mini gimcana con il pallone da basket, in mezzo al campo, che si conclude con il tiro. Il vincitore dei due si porta via nientemeno che un automobile. Lo fa, tra l’altro, con estrema compostezza. Come se fosse una cosa normale.2-    Una coppia estratta a sorte fra il pubblico arriva in mezzo al campo: il presentatore invita l’uomo e la donna a indossare delle giacche appiccicose, poi lega con una corda l’uno all’altra e i due poveretti, felicissimi, si rotolano per terra cercando di far appiccicare alle giacche quanti più dollari possibile. Alla fine, così, se li terranno tutti. 3-    Per almeno quattro, cinque volte tutto il pubblico è invitato a giocare: si regalano palloncini che piovono dal tetto a centinaia, e la gente mostra di volersene appropriare con lo stesso entusiasmo con cui, pochi minuti prima, il signore della gimcana riceveva il Suv. Poi è la volta delle manone di stoffa, e così via. Un fremito di eccitazione nervosa attraversa finalmente l’arena.4-    Come quando le ragazze pon pon – cha abbiamo visto esibirsi non meno di setto o otto vote – salgono sugli spalti regalando a caso buoni per hamburger, Coca Cola e patatine. Ora, non è che le patatine manchino a nessuno, e nemmeno i soldi in saccoccia per comprarsene un vagone. Ma fa un certo effetto vedere le stesse persone che seguivano con distacco la partita, alzarsi e correre verso di loro urlando, scendendo i gradini a due alla volta, agitando le braccia per attirare l’attenzione. Poi suona una sirena, come quelle che danno il via ai turni di lavoro in fabbrica, e ricomincia la partita. Parte il solito battimani a tempo con gli altoparlanti perché attacca la squadra di casa. Quando difende, si fa silenzio per non incoraggiare gli avversari. A volte qualcuno si alza e lancia nel vuoto il grido “Difense!” (difesa!) e i vicini, se non hanno la bocca troppo piena di patatine, lo aiutano un po’.5-    Infine, il capolavoro. Il massaggiatore degli Heats festeggia i vent’anni di lavoro per la squadra. Alla metà del match, trenta quaranta persone entrano in campo, ognuno portando con sé qualcosa (fiori, sedie, panchine, una specie di pulpito che viene montato con efficienza impressionante). Il campo viene coperto in venti secondo con delle guide rosse, le ragazze pon pon si dispongono in semicerchio ed entra il vecchio massaggiatore. La gente si alza in piedi e a qualcuno scappa una lacrima. Dopo aver proiettato un filmato della sua carriera di almeno un quarto d’ora, succede l’impossibile: l’intera squadra, che fino a tre minuti prima sudava sul parquet, si presenta in giacca e cravatta in mezzo al campo. Applausi. Il capitano raggiunge sul palco il massaggiatore e il presidente della società, producendosi in un discorso di dieci minuti. Finalmente avviene la premiazione che consiste in una targa accompagnata dall’immancabile automobile. Curiosamente, di un modello visibilmente più economico di quello assegnato un paio di ore prima al vincitore della gimcana. L’uomo accoglie sul piccolo palco la famiglia, e la moglie non manca di salutare il pubblico con un commosso discorsetto. Sono passati quaranta minuti dall’inizio della cerimonia e io ne ho dormiti almeno la metà. A nessuno lì intorno è parsa cosa strana. 6-    Ecco il balletto finale della ragazze, mentre si prepara l’ultimo gioco studiato per permettere alla squadra di cambiarsi di nuovo. Siamo a metà della partita. Per tutte queste ragioni, abbiamo trovato l’esperienza allo stesso tempo esilarante e irripetibile. Mi sono mancati il campanilismo italiano, il clima di tensione che precede una partita, le sciarpate, le coreografie, i gemellaggi e le rivalità, i cori, gli striscioni anche un po’ pesanti a volte. Soprattutto, la passione con cui si segue ogni azione. Poi inizia la nuova stagione e da una parte il calcio ti è venduto come un prodotto (né più ne meno che in America, anche se secondo regole infinitamente meno democratiche e trasparenti); e, dall'altra, si comincia con le insopportabili esagerazioni dei tifosi del Napoli alla stazione di Roma Termini.  Per qualcuno la passione smodata per il calcio è l’anticamera della violenza, ma è come sostenere che un bicchiere di barbera è l’anticamera dell’alcolismo. L‘anticamera dell’alcolismo è la solitudine, oppure un grande dolore che non ne va giù, oppure la difficoltà ad appassionarsi al mondo per ignoranza. Gridare in millecinquecento “Bruciamo la capitale” per nasconderti che, volendoti godere da solo la Capitale, non sapresti da che parte cominciare. Alla maggioranza dei tifosi (come io mi sento) a volte verrebbe da chiedersi da che parte stare, ma non c’è un bivio, di qua le patatine e il decoder e di là un treno da sfasciare. Si può benissimo continuare ad appassionarsi, avvelenarsi e ridere senza fare male a nessuno. Noi siamo la maggioranza che e ho fiducia che qualcosa vorrà pur dire. Un abbraccio a tutti, Marco