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E’ passato quasi un mese dall’esibizione televisiva di Lance Armstrong che ha aperto il primo angolino del tappo al vaso di Pandora del doping nel mondo dello sport. “Tutti lo sapevano che nel ciclismo funzionava così” era il ritornello ripetuto da addetti ai lavori e non, con la certezza che la questione riguardasse soltanto le due ruote senza motore, e improvvisamente ritornò alla ribalta il nome di Eufemiano Fuentes, il famoso medico indicato come il massimo esperto in materia di sostanze dopandi nonché procacciatore e somministratore. A Madrid ritorna in auge l’Operacion Puerto, si riapre il processo – con gli esperti che sentenziano: “E’ la morte del ciclismo” – ed in giro per l’Europa iniziano a spuntare i nomi dei vari Cipollini, Rasmussen e Basso (il cui coinvolgimenti, degli italiani, si sta verificando proprio in questi giorni).
Col passare dei giorni però qualcosa inizia a non tornare: alcune voci fuori dal coro – vedi il tennista Murray e l’allenatore dell’Arsenal Arsene Wenger – chiedono controlli del sangue anche per altre discipline sportive e dagli archivi del dottor Fuentes escono nuovi nomi, anche e soprattutto provenienti da sport col pallone. Il riserbo è massimo e, Milan a parte (il cui coinvolgimento è poi stato smentito dallo stesso club), nessuno si azzarda a scrivere altro ma nell’imbarazzo generale sono i ricordi recenti a parlare: su tutti è il doppio trapianto di fegato* ricevuto recentemente da un giocatore di un club spagnolo di altissima fascia a far arrossire gli addetti ai lavori della Liga.
Tra il silenzio generale, però, spunta una voce: è quella di Iñaki Badiola, ex presidente della Real Sociedad, che ammette l’utilizzo di sostante dopanti da parte del proprio club a partire dal 2001 fino, almeno, al 2008, anno in cui è stato in carica.
L’imbarazzo cresce a dismisura perché nel periodo in cui la Real Sociedad, secondo Badiola, si sarebbe affidata a consulenze, pratiche e cure di Eufemiano Fuentes la formazione basca non solo ha raggiunto il secondo posto in classifica nella Liga – erano gli anni del ritorno di Darko Kovacevic, dopo la magra parentesi italiana – ma era anche presieduta da Josè Luis Astiazaràn, l’attuale presidente della LFP ovvero la Lega Calcio spagnola. Al momento le sue dichiarazioni sono state lasciate cadere, ma l’ultimo interrogativo con cui si è congedato Badiola riguardava proprio il coinvolgimento di altre compagini del medesimo campionato: “Da noi si faceva così, ma mi sembra strano che non capitasse lo stesso anche da altre parti".
Il processo che avrebbe dovuto segnare solo “la morte del ciclismo” si è improvvisamente aperto su nuovi, estesi, orizzonti, ma apparentemente nessuno sembra avere il coraggio di percorrerli: quando si scoperchia un vaso di Pandora, come vuole la leggenda, c’è da aspettarsi ogni sciagura. Dopo gli scandali scoppiati nel mondo del pallone nostrano, tra doping e scommesse, anche quello spagnolo - dietro gli stadi pieni, i top player ed i successi internazionali – mostra le proprie contraddizioni. Magari si andrà a fondo, magari no, ma la certezza è una sola: evidentemente tutto il calcio è paese.
Stefano Rosso (Twitter: @ste_ro_)
*il tumore al fegato è una, tra le più frequenti, delle possibili conseguenze dell’uso di doping tra gli atleti professionisti, come raccontò a TN nell’ambito dell’ il dottor Maurizio Ferrini, specialista in Medicina dello Sport, Ortopedia e Traumatologia e Responsabile del Servizio di Medicina dello Sport A.U.S.L della Valle d'Aosta.
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