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Un romanzo lungo un secolo

Redazione Toro News
di Walter Panero “Vous étes des assasins! Oui, des assasins!” (1)Con queste parole, il corridore Francese Octave Lapize si rivolse agli organizzatori del Tour de France. Era il 1910 e Lapize, già vincitore di tre...

di Walter Panero

 

“Vous étes des assasins! Oui, des assasins!” (1)

Con queste parole, il corridore Francese Octave Lapize si rivolse agli organizzatori del Tour de France. Era il 1910 e Lapize, già vincitore di tre Paris-Roubaix, era stato il primo uomo a transitare in bici in cima al Col du Tourmalet, nei Pirenei. Se non era un assassinio, almeno si trattava di una follia. Come follia pura fu, l’anno successivo ovvero un secolo fa esatto, quella di portare il Tour sul Galibier. Eh sì perché bisognava essere folli per pensare di prendere il treno o la bici, raggiungere Parigi, svegliarsi all'alba e sobbarcarsi per giorni interi ore ed ore di sforzi immani che neanche un animale da soma. Bisognava essere folli a costringere quegli stessi corridori ad affrontare colli di oltre duemila metri d'altitudine su mulattiere di sassi e polvere che all’epoca avevano il coraggio di definire strade.

Era il ciclismo dei tempi eroici. Quello dell’inventore della Grande Boucle (2) Henri Desgrange prima corridore, poi giornalista e fondatore dell’Auto, testata progenitrice dell’attuale “L’Equipe”. Quello di personaggi pittoreschi come il franco-valdostano Maurice Garin (primo vincitore della storia nel 1903), come Lucien Petit-Breton (il primo a vincere per due volte consecutive), come Gustave Garrigou, come il Lussemburghese François Faber, come il Belga Phylippe Thys, come il citato Octave Lapize. Quasi tutti baffuti. Quasi tutti matti. Quasi tutti morti durante quell'immensa tragedia che fu la Grande Guerra.

Erano i primi capitoli di quel bellissimo romanzo a puntate che è il Tour. Un romanzo lunghissimo ed intenso da sfogliare e respirare pagina dopo pagina. Un romanzo legato a doppio filo alla storia di un Paese, la Francia, nel suo passaggio dalla Terza alla Quinta Repubblica, dalla Prima alla Seconda Guerra Mondiale, fino alla rinascita post bellica, alla fine del Colonialismo, al Sessantotto e ai decenni successivi che portarono alla conclusione del “Secolo Breve” e all'inizio del terzo millennio. Un romanzo che racconta di grandi imprese, di tirannie sportive che hanno caratterizzato interi decenni (Anquetil negli Anni '60, Merckx nei '70, Hinault negli anni '80, Indurain negli anni '90, fino a Lance Armstrong, vincitore seriale ma mai troppo amato negli anni 2000). Un romanzo scritto anche da ragazzi Italiani: Garin a parte, i nomi sono presto fatti: Bottecchia, Bartali, Coppi due volte; Nencini, poi Gimondi, poi Pantani nel 1998 dopo un lunghissimo digiuno azzurro. Un romanzo con i propri eroi vincenti e perdenti (tra questi ultimi Poulidor, detto Poupou: quattordici partecipazioni, otto piazzamenti sul podio, mai una vittoria, mai un giorno in maglia gialla). Un romanzo con i propri caduti in battaglia, come il britannico Tommy Simpson ed il nostro Fabio Casartelli. Un romanzo con i propri riti ed i propri luoghi sacri che si chiamano Tourmalet, Aspin, Aubisque, Peyresourde, Galibier, Izoard,  Glandon, Croix de Fer, Alpe d'Huez, nomi che solo a pronunciarli evocano racconti di storie leggendarie. Un romanzo scolpito dalla strada e sulla strada. Un romanzo popolare, scritto da personaggi del popolo, per il popolo. Quel popolo che, ogni volta che arriva il mese di luglio, abbandona le proprie case di tutta la Francia, di mezza Europa e di parte del mondo e si dà appuntamento sulla strada per aspettare per ore i propri eroi: giorni e giorni di attesa per pochi minuti di spettacolo sublime fatto di fatica e sudore. Pochi minuti intensi, ma ne vale sempre la pena perché, qualunque cosa accada, il Tour è il Tour. E così sia.

Un romanzo che, a partire da oggi, vivrà un nuovo attesissimo capitolo. Il tema di questa edizione dovrebbe essere la rinnovata sfida tra lo Spagnolo Alberto Contador ed il Lussemburghese Andy Schleck, primo e secondo nelle ultime due edizioni  e separati solamente da trentanove secondi in quella  dello scorso anno (che peraltro è ancora sub iudice per la nota storia del clenbuterolo di cui sono state trovate tracce nel sangue del campione spagnolo: la decisione definitiva del TAS verrà presa ad agosto). Una sfida più auspicata, che reale, visto che sulla carta non dovrebbe esserci confronto. Contador non perde una grande corsa a tappe dal 2007 ed ha vinto le ultime due edizioni della corsa francese. Contador in salita va quanto Schleck (se non di più), ma a cronometro va molto più forte. Contador ha dimostrato la propria superiorità assoluta all'ultimo Giro d'Italia, al quale però Schleck non ha partecipato. Insomma, Alberto ha tutte le carte in regola per diventare l'ottavo corridore della storia ad aggiudicarsi Giro e Tour nella stessa stagione, una doppietta realizzata per la prima volta da Coppi nel 1949 e per l'ultima volta da Pantani tredici anni or sono. L'incognita potrebbe essere proprio legata al fatto che Contador ha comunque speso molto per aggiudicarsi un Giro durissimo, mentre Andy ha preparato in maniera maniacale il grande appuntamento francese. Inoltre, ci si chiede come Alberto potrà reagire all'accoglienza poco cordiale che gli riserveranno i Francesi, i quali non possono accettare che si allinei ai nastri di partenza della Grande Corsa un corridore ancora in attesa di giudizio per la vittoria dello scorso anno (alla presentazione delle squadre di giovedì sono piovuti fischi all'indirizzo di Contador e della sua Saxo Bank). D'altra parte, i bookmakers sembrano non avere dubbi, visto che pagano a 1,60 una vittoria di Contador e a 2,10 una sua sconfitta, indipendente da chi sia il corridore in grado di batterlo. Staremo a vedere cosa dirà la strada, unico giudice supremo in questi casi. TAS permettendo.

Possibili alternative alla coppia Ispanico-Lussemburghese? Onestamente pochine. L'Australiano Evans sarà il consueto lottatore, ma difficilmente potrà competere al loro livello; il Britannico Wiggins ha vinto bene il Giro del Delfinato, ma il Tour è onestamente un'altra cosa; l'Olandese Gesink appare come una di quelle eterne promesse da cui ti attendi sempre molto ma che non sbocciano mai. Lo Spagnolo Samuel Sanchez, campione olimpionico in carica, può sperare in un piazzamento ed in qualche vittoria parziale, ma nulla di più. Stesso discorso per l'eterno Vinokourov, giunto ormai alla veneranda età di trentotto anni. Le speranze azzurre, eroi di giornata a parte, sono affidate ad Ivan Basso che ha preparato scrupolosamente l'appuntamento francese rinunciando a difendere la maglia rosa del Giro e al redivivo Damiano Cunego, secondo con molti rimpianti al Giro della Svizzera conclusosi un paio di settimane fa.

Da oggi si parte dal Passage du Gois in terra di Vandea, non con una breve cronometro come d'abitudine, ma con una tappa in linea in non priva di insidie. Dopo una decina di giorni abbastanza tranquilli, adatti a velocisti e uomini da fuga, la prima prova della verità dovrebbe essere quella della dodicesima tappa di giovedì 14 luglio (Vive la France!) che prevede la scalata del Tourmalet prima dell'arrivo in quota a Luz Ardiden, dove nel 2003 Armstrong cadde, si rialzò, staccò Ullrich e si involò andando ad ipotecare il suo quinto Tour consecutivo. Durissima anche la tappa di due giorni dopo (sabato 16 luglio), che prevede l'arrivo sull'erta di Plateau de Beille, per scalatori veri, non a caso sia Pantani che Contador seppero trionfare lassù.Ammesso che Contador non abbia già ammazzato la corsa, i conti dovrebbero regolarsi definitivamente sulle Alpi. Mercoledì 20 luglio (segnate in rosso questa data sul calendario!), si arriva a Pinerolo dopo essere giunti in Italia attraverso il Monginevro ed aver scalato il Sestriere e l'erta di Pramartino. Il giorno successivo, grande tappone con partenza da Pinerolo che prevede la scalata del Colle dell'Agnello e dell'Izoard, prima dell'arrivo ai 2645 metri del Col du Galibier. Quindi, venerdì 22 luglio, nuova scalata del Galibier (dal versante più duro) e arrivo in quel fantastico “stadio del ciclismo” che è l'Alpe d'Huez; infine la cronometro di Grenoble di sabato 23 luglio darà alla classifica la versione definitiva, in vista della passerella trionfale a Parigi di domenica 24 luglio.

Difficilmente quest'anno qualcuno darà degli “assassini” agli organizzatori, ma si tratta comunque di un Tour duro, con quattro arrivi in salita e molti colli che mettono paura solo a nominarli. Certo meno duro dell’ultimo Giro, ma proprio in quell’occasione abbiamo visto che non sempre l’eccessiva durezza è sinonimo di spettacolarità.La speranza è che sia un bel Tour, ma sarebbe già importante sapere che colui che applaudiremo in maglia gialla a Parigi ne sia l'effettivo vincitore, anche post controlli antidoping; differentemente da quanto accaduto l'anno scorso con Contador. Cosa che, temiamo, potrebbe ripetersi anche quest'anno se ad agosto il TAS ribalterà la sentenza assolutoria del Comitato Olimpico Spagnolo che ha permesso ad Alberto di continuare a correre (ed a vincere) in questi mesi.

A questo punto, non mi resta che augurare a tutti una buona lettura del prossimo capitolo di quel meraviglioso romanzo di avventure che va sotto il nome di Tour de France!

 

(1) “Siete degli assassini! Sì, degli assassini!”

(2) Grande Ricciolo: uno degli appellativi del Tour de France, vista la forma a “ricciolo” che solitamente assume il tracciato.