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Verso lo sciopero / 1

Redazione Toro News
di Stefano Rossa

A due mesi dalle prime minacce di sciopero da parte dei calciatori per il mancato accordo sul rinnovo del contratto collettivo nazionale del lavoro (CCNL) è ritornata d’attualità la possibilità di interrompere il campionato in segno di protesta. In realtà da quei giorni di settembre ad oggi è successo di tutto e la situazione, tra intrighi e giochi di potere, anziché sbloccarsi è arrivata ad una fase di stallo.

Prima di addentrarci nell’argomento, cercando di capire esattamente quali sono i punti della contesa e comprendere le motivazioni che possono portare un giocatore di calcio professionista – considerato lavoratore d’elite per eccellenza – ad incrociare le braccia e rifiutarsi di scendere in campo, cercheremo di presentare una panoramica generale della situazione, incominciando dalla presentazione delle sigle sindacali dei calciatori (completamente slegate a quelle convenzionali), per offrire al lettore la possibilità di comprendere realmente cosa sta accadendo nel mondo del pallone.

Fino a poco più di un mese fa l’unica associazione che si occupava di tutelare i diritti di questa categoria di lavoratori era l’AIC, Associazione Italiana Calciatori, presieduta dall’ex giocatore, nonché avvocato, Sergio Campana, in carica sin dalla sua fondazione.

Questo soggetto sindacale nasceva nel luglio del 1968 per mano di un gruppo di giocatori dell’epoca (tra i quali spiccavano i nomi di Giacomo Bulgarelli, Sandro Mazzola e Gianni Rivera) allo scopo di tutelare i diritti del calciatore, inteso come figura lavorativa, e proporsi come interlocutore con la Federazione e le varie Leghe di categoria. Uno dei primi successi raggiunti dall’AIC, col passare del primo triennio e l’inclusione anche dei giocatori di serie C e D, è stata la riorganizzazione dei campionati semiprofessionistici e la scissione della Lega Dilettanti.

L’anno della svolta è però il 1981 quando il sindacato ottiene la promulgazione della legge 91 che riconosce ai calciatori lo status di lavoratori dipendenti regolando i rapporti tra le società e gli sportivi professionisti: diciotto articoli suddivisi in quattro capi a seconda dell’area tematica trattata (definizione di ‘sport professionistico’ e ‘società e federazioni sportive’, ‘disposizioni di carattere tributario’ e transitorie e finali’). Partendo proprio dall’articolo 4 di questa legge e dalle sue successive integrazioni viene stipulato - tra Federazione nazionale (FIGC) Lega dei Professionisti (LNP) ed appunto AIC - quell’accordo collettivo, ripartito in 24 punti e diversi comma, attualmente oggetto di infinite trattative tra le parti e minacce di sciopero.

Ai primi di ottobre dell’anno in corso sul panorama nazionale s’è affacciato un nuovo soggetto sindacale, l’Associazione Nazionale Calciatori (ANC), capitanato dall’orobico Cristiano Doni e dal presidente laziale Claudio Lotito e composto, per il momento, quasi totalmente da giocatori di Atalanta e Lazio, ai quali potrebbero aggiungersi anche il portiere bianconero Gianluigi Buffon e l’ex portavoce dell’AIC, nonché terzino del Milan, Massimo Oddo. La differenza sostanziale introdotta dalla nuova sigla sindacale consiste nei requisiti di adesione: possono infatti partecipare al nuovo soggetto soltanto calciatori che militano o hanno militato in serie A italiana o nelle prime divisioni straniere, a differenza dell’AIC che continua ad accogliere giocatori di qualsiasi categoria fino alla Lega Pro 2.

Questa difformità segue parallelamente la scissione tra la Lega di A e quella di B: si basa infatti sulla diversità di esigenze e bisogni che gli sportivi necessitano ai diversi livelli e si pone come obiettivo la tutela soltanto di uno di questi specifici gruppi, escludendo calciatori di categorie inferiori che vivono contesti e problematiche completamente differenti.