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di Stefano Rosso
Oggi sarà il giorno decisivo per il futuro del calcio, ma soprattutto dei calciatori italiani. Dopo la prova di forza degli scorsi giorni dell’Aic, che aveva posto al 30 novembre la scadenza per l’ultimatum dello sciopero, il presidente della Federcalcio Giancarlo Abete ha convocato un incontro tra le parti nel pomeriggio di oggi in cui illustrerà la proposta definitiva di rinnovo del contratto collettivo: l’estremo tentativo di mediazione tra presidenti e calciatori.
Come già ampiamente raccontato da TN (vedi l'articolo "") sono ben otto i nodi da sciogliere nella trattiva, ma tra questi soltanto due potrebbero portare allo sciopero: l'esclusione dalla rosa e l'obbligo di trasferimento. Se da un lato, infatti, le società vogliono poter escludere dagli allenamenti col gruppo e dalla vita sportiva della squadra i giocatori considerati 'inutili' e pretendono che in caso di proposta di trasferimento gradita alla dirigenza i calciatori - a parità di trattamento economico - siano obbligati ad accettare, dall'altro i sindacati si oppongono apertamente a queste due modifiche, lasciando però ampi margini di contrattazione sugli altri sei articoli in questione.
Qualora non si riusciusse a giungere ad un compromesso lo sciopero sarebbe inevitabile: il week end designato, secondo lo stesso presidente dell'Aic Sergio Campana, dovrebbe essere quello dell'11 e 12 dicembre.
In questo caso però si aprirebbero due nuovi interrogativi: il primo, anzitutto, riguardo la partecipazione effettiva dei calciatori, il secondo - dal punto di vista meramente sportivo - da quello dell'assegnazione dei risultati.
Il fronte dei calciatori, come avevamo avuto modo di osserva già nell'articolo "", è apertamente diviso: le due sigle Aic (Associazione Italiana Calciatori) e Anc (Associazione Nazionale Calciatori) sono in contrasto tra loro non solo a livello concorrenziale, ma anche su alcuni punti della trattativa stessa e la neonata sigla sindacale, capitanata dal capitano orobico Doni e dal presidente laziale Lotito, sta rimpolpando sempre più le proprie fila con l'adesione di numerosi calciatori, tutti - per precisazione statutaria - di serie A.
La domanda sorge quindi spontanea: qualora uno dei due sindacati non si trovasse d'accordo col compromesso raggiunto dai rappresentanti dell'altro con la Lega di serie A, che valore avrebbe la proclamazione di uno sciopero al quale aderirebbero soltanto - nella migliore delle ipotesi - metà dei calciatori della massima serie nazionale?
Conseguentemente, qualora il campionato dovesse effettivamente arrestarsi nel fine settimana dell'11 e del 12, quali provvedimenti prenderebbe la giustizia sportiva nei confronti delle società i cui giocatori si rifiuteranno di scendere in campo? Sconfitta a tavolino per tutte le formazioni che si presentano sul terreno di gioco con meno dei sette giocatori previsti dal regolamento oppure rinvio generale della giornata di campionato? Nel primo caso si rischierebbe di aprire una frattura tra i tifosi ed i singoli sportivi che si sono fermati per far valere i propri diritti con l'accusa di scarso attaccamento ai colori ed alla causa, nel secondo si andrebbe invece a scontentare tutti i calciatori e le società che avevano deciso di disputare regolarmente la propria partita.
Sono questi gli interrogativi sui quali la Federcalcio, nell'incontro di oggi, dovrà far leva per convincere calciatori e presidenti a trovare un accordo che possa soddisfare tutti in modo da scongiurare lo sciopero ma soprattutto le conseguenze che questo potrebbe causare.
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