Lavorava dietro a un bancone di KFC nel periodo in cui gli cambiò la vita. La storia di Beto è lungo cammino per inseguire un sogno, quello di diventare un calciatore professionista. Da ragazzo il Benfica non credette in lui e così finì per lavorare nelle cucine del fast food di pollo fritto originario del Kentucky, mentre la sera si allenava. Poi l'incontro che gli cambia la vita, un'estate passata a lavorare per migliorare e la possibilità nella terza serie portoghese. A furia di calciare palline da tennis, il problema del gol è stato risolto: 21 gol in 34 partite e così arriva la chiamata della massima categoria del Portogallo.
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—Sognando Eto'o si potrebbe dire. L'idolo dell'attaccante portoghese con origini della Guinea-Bissau è proprio l'ex Inter, tanto che da ragazzino si firmava Beto'o. L'assonanza permetteva giochi di parole del genere, ma finché non arrivavano i gol questa era anche fonte di prese in giro. Poi i gol sono arrivati e così anche la chiamata dell'Udinese. In Friuli arriva in prestito con obbligo di riscatto a 10 milioni e lui fa subito bene. Segna con continuità, lo fa in modi diversi e impressiona tanti, soprattutto perché è versatile. Beto, infatti, non è solo alto e grosso per intenderci, ma anche un velocista: contro la Lazio fa registrare uno scatto di 33 km/h, ma dopo la partita dice di essere stato lento: "Una volta ho fatto 35 km/h e ora punto ai 37". Mica male insomma.
I numeri a Udine sono ottimi la prima stagione e buoni la seconda (condizionata anche da un infortunio): 28 partite e 11 gol alla stagione d'esordio in Serie A, mentre 10 reti e 33 presenze la seconda. Numeri buoni, non da bomber di razza, ma era lo strapotere fisico ad aver impressionato. Paragonato a Lukaku e a Duvan Zapata (ed ecco perché piace al Toro), ha saputo dominare fisicamente le difese avversarie. Così arriva la chiamata dalla Premier League. Con l'Everton però non sfonda: poche partite e pochi gol, insomma Beto'o ha smesso di brillare.
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