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Al Toro servirebbe un Ventura 2.0
Chi è stato l'allenatore ideale della storia del Torino? In 108 anni sono stati tantissimi quelli che hanno avuto la fortuna (perchè di fortuna trattasi) di sedersi su quella panchina, ma pochi sono rimasti davvero nel cuore dei tifosi. Limitandosi al dopo Superga mi vengono in mente Rocco, Giagnoni, Radice, Mondonico tra i più longevi ed amati e mi chiedo: entrerà anche Giampiero Ventura in questa speciale classifica?Quattro anni da mister granata sono già un bel successo, una promozione, una salvezza ed una qualificazione Uefa un buon palmarès. Come ama ripetere il tecnico genovese, ci ha preso dopo una delle peggiori annate di sempre della secolare storia di questa società e ci ha riportato a competere a certi livelli in serie A, orgogliosi nuovamente di essere il Toro. Già solo questo gli garantirà riconoscenza eterna. E ci mancherebbe! Senza Ventura e l'effetto positivo che ha avuto sull'ambiente granata, forse saremmo ancora in B a rinverdire, dopo quello col Novara, un altro derby piemontese d'altri tempi come Torino-Pro Vercelli...Eppure, eppure, eppure,nonostante tutto quello che la testa ed il buon senso ci suggerisce, se dovessi scrivere che il tifoso granata medio ama Giampiero Ventura non so se affermerei qualcosa di totalmente vero. Tra vent'anni ripenseremo a lui con nostalgia ed orgoglio così come lo facciamo con Emiliano Mondonico? E' brutto fare paragoni, lo so. Tra l'altro Mondonico ebbe tra le mani quasi una Ferrari vista la squadra del '91-'92 e lui, che era più tipo da utilitarie, forse non la seppe guidare con la giusta malizia ed ottenne meno di quello che avrebbe potuto (al netto della sfortuna e dell'arbitro di Amsterdam...). Nonostante ciò, la gente ama Mondonico semplicemente perchè senza essere ruffiano seppe vivere appieno ed in gran parte trasmettere al suo Torino i valori per i quali i tifosi si sentono orgogliosi di essere del Toro. Non importano i successi, quanti giocatori rivitalizzi o fai convocare in nazionale, al tifoso mediamente interessa che la squadra scenda in campo con un certo spirito. Tanti allenatori dal pedigree di "cuore granata" hanno fallito sulla panchina del Toro: Ezio Rossi, Novellino, Lerda per citare solo i casi più recenti. Ventura quando arrivò propose alla piazza un modo nuovo di concepire calcio: lasciare un po' da parte i calci e l'agonismo per puntare sul gioco e sulla crescita e la maturazione di squadra ed ambiente. Ed in effetti, senza mai vedere la palla "frullare" come ci aveva prospettato, l'operazione di Ventura, con alti e bassi, ha avuto davvero successo. Ci siamo abituati da spettatori a vedere il Toro ragionare e non solo caricare a testa bassa, avere pazienza e non solo ansia da risultato. Un merito immenso a ben vedere, forse persino sottovalutato. E pazienza se a Castellammare di Stabia abbiamo battuto il record di possesso palla nella propria metà campo o se ci siamo salvati facendo 90 minuti di melina col Genoa due stagioni fa. Sono bocconi da digerire in nome di obbiettivi più importanti e vitali, sono cose nelle quali la ragion di stato ha il sopravvento. Il calcio però è peculiare al luogo in cui viene giocato. A Madrid (sponda Real) non sono contenti di vincere e basta, vogliono anche il gioco, a Venaria sono contenti solo se c'è il risultato con qualunque mezzo. Nel dna della Torino granata c'è invece l'idea che la squadra debba lottare sempre, a prescindere dal risultato. Per cui Ventura, che ha sempre presentato un menù per palati fini a commensali che impazziscono per pane e salame, ancor oggi non vede i clienti uscire dal "ristorante" con lo stomaco pienamente soddisfatto. Colpa di uno chef poco elastico o di commensali dai gusti poco sofisticati?La domanda non ha una risposta chiara. Io prendo ad esempio il derby e vado oltre questo quesito. La partita con la Juve ha dimostrato che ciò che ha fatto Ventura in questi anni ha un senso. Abbiamo giocato una partita alla pari contro gli odiati rivali, gli abbiamo tenuto testa sul piano del gioco e quasi spezzavamo un tabù ventennale. Il problema è che in quel quasi c'è quanto Ventura non ha mai capito (o voluto capire) della piazza granata. Ad un quarto d'ora dalla fine, in superiorità numerica e con l'avversario mai come questa volta titubante ed impaurito, se il mister genovese avesse avuto nel suo menù anche "la portata" tipicamente granata del "carichiamo a testa bassa" forse avrebbe fatto sua la partita. O l'avrebbe lo stesso persa 2-1 e poco sarebbe cambiato a livello di risultato ma tanto a livello psicologico sì...Credo che in questo momento non esista tecnico per il Torino migliore di Ventura. Il problema è che il mister genovese dovrebbe aggiornarsi ad una versione 2.0, una versione che contenga oltre alla sua esperienza e al suo credo calcistico, elementi mutuati dall'ambiente che per quattro anni ha frequentato quotidianamente: il cuore, l'agonismo, la voglia di non arrendersi mai e di vender cara la pelle. Da sabato col Palermo, Ventura ci può dimostrare che ha fatto tesoro dell'esperienza del derby. E se, alla sua età, sarà capace di fare un passo di crescita simile a quello che chiede ai suoi giocatori, questo Ventura 2.0 entrerebbe non solo nella storia del club (dove già c'è) ma anche nel cuore dei suoi tifosi.
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