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Aldo Grasso fustiga i tifosi del Toro

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Nuovo appuntamento con Loquor, la rubrica su Toro News di Carmelo Pennisi: "Sento il dovere di fare qualche considerazione sull’intervento di Aldo Grasso su queste colonne..."
Carmelo Pennisi
Carmelo Pennisi Columnist 

Sfortuna: unica spiegazione possibile

del proprio fallimento”.

Georges Elgozy

Sento il dovere di fare qualche considerazione sull’intervento di Aldo Grasso su queste colonne, anche se per uno impegnato nel mio mestiere forse sarebbe meglio glissare e passare oltre, mancando di concionare su un mammasantissima della critica(“amico, amico caro, te lo dico da amico: fatti li…”, cit. Antonio Razzi). Mentre siamo vertiginosamente immersi nel tragico, alla deriva di un nichilismo involgarito da un non pensiero e da una prosopopea illusoria regalateci dalla tecnica, il critico televisivo di fede granata fa una svolta al limite dello sciamanico e consegna alla superstizione l’origine di tutte le sfortune in tinte granata. Secondo il suo giudizio sarebbe l’autolesionismo dei tifosi Granata, eccessivamente critici con tutto e tutti, la causa di tutta la malasorte del Toro, ivi compreso l’ultimo infortunio di Zapata. L’autorevole firma del “Corriere della Sera” fa un attacco frontale, da liberale piemontese del Parlamento Regio, quando i primi deputati del neo Regno d’Italia erano convinti di dover assegnare il diritto elettorale ad una ristretta cerchia di neoitaliani, quelli più ricchi e acculturati. Gli unici ad essere in grado di poter esprimere un voto.

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L’elitarismo di Grasso esce in tutta la sua paradossalità quando si chiede cosa mai si sia fatto noi tifosi nella vita per poter essere in grado di giudicare l’operato del Presidente del Torino. Il teorema proposto ha dell’incredibile ed è messo a sostegno di una difesa di Cairo da “Corte di Versailles”, dove il “Re Sole” aveva solo Dio a poterlo giudicare nel suo operare. In questi ultimi anni ha fatto una certa impressione vedere i tifosi Granata vip intervenire sulla gestione del Toro di Cairo con stilemi e argomenti in genere riservati alla famiglia Kim da parte della stampa e dell’establishment della Corea del Nord. C’è da invidiare la libertà di dibattito in Francia, dove un attore icona come Fabrice Luchini può criticare ferocemente, in una programma tv di punta, la potente sindaca di Parigi Anne Hidalgo a proposito del suo incarnare un ambientalismo favorevole solo alle classi più abbienti. “E’ come il marxismo – ha detto Luchini -, funziona bene solo sulla carta”. Arrivare a deplorare le continue critiche a Cairo con argomenti da chiromante di fronte ad un gatto nero, credere sul serio, e da intellettuale, come questo possa essere un argomento valido, fa pensare. Un tempo sul “Corriere” scriveva Pier Paolo Pasolini, che non ebbe esitazione a schierarsi con gli agenti di polizia durante i famosi scontri romani di “Valle Giulia” con gli studenti. Un intellettuale di sinistra pronto a mettersi dalla parte dei veri proletari, ovvero i poliziotti, rimandando al mittente tutte le teorie strampalate di chi della vita stava vedendo e vivendo solo la sua versione fortunata.

Ma erano altri tempi, in Italia, dove gli intellettuali avevano ancora il coraggio di usare il paradosso, anche il più estremo, per far notare tutte le contraddizioni presenti nella società. L’intellettuale friulano alla fine non se la prende con gli studenti, ma invita a guardare più in alto, verso quella elite che costringe “la ragione” degli studenti a scontrarsi con il “torto” difeso dai poliziotti, che sono figli di quella classe sociale in favore della quale quegli studenti stanno protestando. Gli intellettuali, quando fanno il loro lavoro, rimettono a posto i pezzi del puzzle e provano a farli combaciare in nome della verità. Ed è qui Grasso a risultare incomprensibile, improvvisamente divenuto cieco che manco Tiresia; non riesce a intravedere nemmeno per un attimo l’assurdità delle sue parole e non riesce a riconoscere qualcosa di estremamente chiaro in tutta la gestione ventennale di Urbano Cairo: la mancanza di prospettiva. Il tifoso apre il giornale, in giorni differenti e lontani tra loro, e legge le dichiarazioni di Davide Vagnati, il direttore sportivo Granata, che definiscono il Toro una sorta di stazione di transito per i calciatori. Sarà pure vero, ma perché dirlo così apertamente? Perché buttare sale su una ferita sanguinante? Passano i giorni ed è il turno della prosopopea slava di Ivan Juric a dare l’ennesimo calcio negli stinchi all’orgoglio granata: “il Torino dell’anno scorso non aveva la cilindrata giusta… a Roma ho trovato il paradiso”.

Se “la sfortuna-come scrive Bertolt Brecht- generalmente è dovuta ad uno sbaglio di calcolo”, allora forse l’intellettuale dovrebbe chiedersi in quale passaggio della storia del Toro sia stato sbagliato questo calcolo. E’ una scappatoia pretenziosa e irrispettosa quella di dire all’idraulico o al cuoco che non possono criticare i quasi tre trilioni di debito pubblico italiano perché nella vita hanno solo riparato tubi e cucinato risotti. E poi Aldo Grasso non ha bisogno di omaggiare il presidente del Toro, anzi direi tutto il contrario visto come il curriculum parli ampiamente per lui, ed è proprio questo a sorprendere: a 76 anni e con tutta la storia in suo possesso non dovrebbe avere bisogno di sedurre un personaggio, seppur molto potente, come Urbano Cairo. E allora vien da pensare come lui creda sul serio a ciò che ha detto, e con una veemenza da commentatore anonimo da social. “Ho letto negli archivi che già l’ultimo Orfeo Pianelli era stato criticato dai tifosi”, e qui siamo davvero alla fallacia logica, perché se anche i contestatori dell’ultimo periodo di Orfeo Pianelli alla guida del Toro avessero sbagliato a contestare, si sta parlando di più di quarant’anni fa e non possono essere in nessuno modo né la premessa della contestazione odierna e nemmeno la sua continuazione.

Non puoi fare passare, caro Grasso, la contestazione come qualcosa contenuta nel dna del tifo granata, noi siamo solo in attesa, come tutti i tifosi, del segno di qualche buona notizia. Ci accontenteremmo anche solo di questo. E poi non puoi non considerare come dagli anni di Pianelli le cose nel calcio oggi siano radicalmente cambiate, con l’avvento delle tv e l’onnipresenza degli sponsor(tecnici e non), provviste di rendite sicure ai proprietari dei club calcistici. Stai svilendo la memoria e i sacrifici di Pianelli, se metti la sua presidenza in analogia con quelle che godono di tali rendite. Pensa se un giorno, all’improvviso, il tuo giornale si svuotasse in un colpo solo di Aldo Cazzullo, Ernesto Galli della Loggia, Massimo Franco, Massimo Gramellini, Federico Fubini, Federico Rampini, Angelo Panebianco e te medesimo, quale sarebbe allora la tua conclusione? Sul serio ritieni come a quel punto il Corriere potrebbe mantenere il ruolo che gli spetta di diritto, per la sua storia, nel panorama editoriale italiano? Si tratta di affari, quelli veri, e quindi è uno scenario che non si verificherà mai dalle parti del tuo giornale, obbligato ad aumentare costantemente i ricavi per sopravvivere in qualità e importanza.

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Perché lo stesso ragionamento il tuo editore non lo faccia con il Torino devi ammettere come rimanga un mistero, e questo lo può capire anche uno che di mestiere fa il barista piuttosto che l’impiegato di concetto(parola arcaica, ma rende l’idea). La mancanza di ambizione imprenditoriale sulle sorti del club per cui tu stesso tifi, non può non apparirti in tutta la sua evidenza, non può non far sovvenire alla tua intelligenza, sempre viva e attenta, qualche domanda logica. Cosa ha in più l’Atalanta bergamasca rispetto al Torino? Perché l’Udinese può avere un suo stadio e noi no? Quale necessità imprenditoriale fa vendere uno dei giocatori più forti della squadra negli ultimi giorni di mercato, senza nemmeno averlo comunicato all’allenatore? Possibile che nell’Aldo Grasso tifoso del Toro non ci sia nemmeno una punta di disappunto di fronte a tutto ciò? Qualche tempo fa, in conclusione di una sua conferenza, una giovane studentessa ha chiesto a Umberto Galimberti cosa ci fosse oltre al nichilismo contemporaneo, se fosse ancora possibile prefigurare un futuro non rassegnato alla “standardizzazione sociale” imposta dalla tecnica. Mi permetto, caro Grasso, di farti la stessa domanda, parafrasandola: esiste secondo te qualcosa oltre la gestione nichilista del Toro condotta fino ad oggi da Urbano Cairo? O come Mattia Feltri toccherà prima o poi dimettermi da tifoso del Toro per sopraggiunta consunzione?

 

Scrittore, sceneggiatore e regista. Tifosissimo granata e già coautore con il compianto Anthony Weatherill della rubrica “Loquor” su Toro News che in suo onore e ricordo continua a curare. Annovera, tra le sue numerose opere e sceneggiature, quella del film “Ora e per sempre”, in memoria del Grande Torino.

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