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columnist
Fare il tifoso è un “mestiere” difficile soprattutto di questi tempi. E soprattutto se sei del Toro. Le pay tv, la tessera del tifoso, l'ormai ossessiva ed ossessionante ricerca a tutti i costi del “fair play” e del “politically correct” all'interno degli stadi hanno reso quella che era un'attività basilare nella vita di ogni italiano medio un frustrante slalom tra divieti di ogni genere, se non un simpatico diversivo per ricchi annoiati. Tra le guerriglie urbane degli Ultras degli Anni Ottanta e gli stadi salotto dei giorni nostri, una sana ed un pochino più esaltante via di mezzo per rendere il calcio uno sport ancora degno di essere seguito non sarebbe affatto male.
In tutto questo clima che puzza di cloroformio lontano un miglio, mi hanno davvero stupito le polemiche e le discussioni che si sono accese a fronte di due episodi che coinvolgono il Toro in questi giorni: gli applausi della Maratona ai giocatori dopo la batosta subita dal Napoli e la sete di vendetta sportiva nei confronti del Genoa. Mi stupiscono perché molto semplicemente trovo perfettamente legittime entrambe le cose.
Contro un Napoli superiore al Torino sotto tutti gli aspetti, non c'era molto da fare se non riconoscere la bravura dell'avversario. Anch'io ero imbufalito per la mancanza di ardore agonistico dei nostri, le prestazioni gravemente insufficienti di molti giocatori (in primis il presunto capitano, Marco Benassi) e i cambi suicidi, soprattutto quello di Iturbe con Boye' che ci ha privato dell'unico giocatore che riusciva a tenere alta la palla e far salire un po' la squadra, tra l'altro rimpiazzato da colui che al primo pallone toccato ha innescato la fulminea ripartenza partenopea conclusasi col gol dello 0-2, cioè quello che ci ha affossato definitivamente. Anch'io, dunque, ero demoralizzato e arrabbiato in quella situazione, ma non ho esitato un attimo a cantare ed incitare nel finale di partita ed applaudire la squadra nonostante la pessima figura. Perché? Perché “noi non siamo gobbi di….” come dice un gettonatissimo coro (il che in realtà sarebbe una spiegazione di per sé più che sufficiente e non necessiterebbe di altro) e poi perché non era questa la partita dove utilizzare l'unica e preziosa arma rimasta a noi tifosi: i fischi.
Quella, a mio avviso, va centellinata e semmai tenuta per partite maggiormente scandalose, tipo Torino-Udinese dell'anno scorso, cioè partite dove la caratura dell'avversario e le motivazioni con cui affrontarlo rendono impossibile accettare un certo tipo di prestazioni. Il Toro di oggi può perdere dal Napoli di oggi. Ci sta. Certo dovrebbe farlo sputando sangue e facendolo sputare anche agli azzurri di Sarri, ma qualche attenuante in quel caso poteva essere concessa. Io ero allo stadio con mio figlio e sono stato orgoglioso di mostrargli che noi siamo “diversi”, che supportiamo la squadra e sappiamo quando concedere una seconda chance. Ed è ciò che è accaduto domenica scorsa: il gesto di applaudire ha caricato di responsabilità la squadra che, ovviamente, a questo punto non può permettersi di giocare le restanti due partite con l'atteggiamento visto in campo col Napoli.
E qui tocchiamo a bomba il secondo scottante argomento della settimana. È giusto augurarsi che il Toro batta il Genoa e si prenda la rivincita su ciò che avvenne a parti invertite nel 2009? Anche qui non vedo perché non si debba rispondere sì. Il calcio sa essere spietato ed è giusto che il Toro giochi al massimo delle sue possibilità contro la squadra di Juric. Non sono un grande fan della vendetta in generale perché non penso che possa lenire le ferite né bilanciare eventuali torti, ma in questo caso ammetto che ciò che avvenne intorno a quel Toro-Genoa fu molto spiacevole: in particolare ricordo le provocazioni di elementi come Thiago Motta e la rissa finale fra giocatori, rissa che il giudice sportivo punì squalificando di fatto solo giocatori del Torino, come se si fossero picchiati fra di loro… E poi tutti vedemmo come i tifosi genoani esultarono senza il ben che minimo senso di empatia verso tifosi gemellati che stavano di fatto vivendo il dramma di una retrocessione.
Domenica ci sarà la possibilità di rivivere quel pomeriggio ma a parti invertite. Come non sperare che il Toro si faccia “giustizia”? È umano, è comprensibile. E poi sono stufo della nomea di “benefattori delle squadre in difficoltà” visto l'alto numero di regali fatti a squadre che avevano bisogno di dare una svolta al proprio campionato (chiedere a Gasperini come lanciammo la sua Atalanta dopo il pessimo inizio di campionato dei bergamaschi). Il calcio è uno sport ed in quanto sport vive di passioni, di sentimenti, anche quelli meno nobili, altrimenti sport come il pugilato o la scherma non dovrebbero neanche esistere. Rendere la pariglia non è scorretto: è molto più dignitoso e veritiero di qualunque finto atteggiamento perbenista.
Da tempo opinionista di Toro News, dò voce al tifoso della porta accanto che c’è in ognuno di noi. Laureato in Economia, scrivere è sempre stata la mia passione anche se non è mai diventato il mio lavoro. Tifoso del Toro fino al midollo, ottimista ad oltranza, nella vita meglio un tackle di un colpo di tacco. Motto: non è finita finchè non è finita.
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