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Avevano da dire: scusa Toro

Maria Grazia Nemour
Sotto le Granate / La nostra Maria Grazia Nemour ci racconta di un pomeriggio in cui il Toro, davvero, non si è comportato da Toro...

No, non è che domenica, ferma al semaforo mentre andavo allo stadio, pensassi di vincere. Però di vedere il bel gioco del derby, sì. Pareggiare forse, e chi lo sa.

Probabilmente anche Napoleone, cavalcando versoWaterloo, si mostrava lievemente ottimista chiacchierando con gli altri generali. Pareggiare forse – borbottava –  e chi lo sa. Eh caro Napoleone, a ognuno i suoi conti fatti male, la sua tattica suicida. La nostra Waterloo si chiama Napoli.

E come se non bastasse, battuti in un Grande Torino assediato da tifosi napoletani. Cento metri di coda davanti all’entrata dei distinti ad annunciarlo: dentro ci sarà un mare azzurro. Azzurro Napoli.

Oltre a buona parte dei distinti, viene destinato ai partenopei anche un quarto della Primavera, un po’ per i tifosi, un po’ per il cordone di sicurezza. E quando i granata della Primavera si riprendono il loro posto mi sembra un buon segno, sfrattati a casa propria è un po’ troppo. Comunque è sempre colpa nostra, che non ci siamo, e i posti li lasciamo agli altri.

Inizia la partita e Barreca non scende in campo. Neanche oggi, peccato. Il tiro alto di Ljajic mi fa sperare che stia prendendo le misure, il prossimo sarà millimetrico. Ma quel secondo tiro non arriva e Ljajic viene dato per disperso in un campo che sembra troppo grande per il Torino.

La coppia Rossettini-Carlao non ha punti di forza, è solo somma di debolezze. Manca l’amministratore delegato della difesa, Moretti, a salvaguardare la porta. E si vede.

Anche la coppia Benassi-Baselli non ha punti di forza, si avverte l’assenza della Baselli-Acquah. È durante l’intervallo che incontro la “Bella Napoli”. Sono in coda per il bagno e lascio passare una bimbetta, lei mi guarda diffidente e dice che è del Napoli.                                                          “L’avevo pensato, hai la maglia del capitano” le rispondo. Lei aggiunge che di Hamsik le piace la cresta. Io metto la mano sulla fronte e le chiedo se conosce quella del gallo, di cresta. Lei mi guarda seria, poi scoppia a ridere: “Belotti!”

Dopo, comincia il secondo tempo e non c’è più nulla che valga la pena di essere raccontato, se non un Napoli clamoroso e famelico che vince sempre di più, sempre di più, fino all’ultimo minuto.

Il Toro che sanguina a ogni fendente, incapace di opporsi, di inserirsi. Figuriamoci di rendersi pericoloso. Penso al Pescara che, sotto di cinque, seppe dimostrarci che non era morto, aveva ancora il battito. Ma il Toro no, non registra segni di vita. Gli occhi di Belotti nascosti dalla mano, sono la nostra disfatta.

Napoleone non ha abbandonato il campo fino all’ultimo colpo di cannone dell’ultima battaglia, molti tifosi granata, invece, lo hanno fatto prima. Quei seggiolini lasciati vuoti potevano segnare il sei a zero davanti a migliaia di napoletani, ma l’autogol è stato evitato da chi ha aspettato la squadra granata, completamente annichilita, sotto la curva. Avevano da dire: scusa Toro.

E il Toro, ha ascoltato.

Mi sono laureata in fantascienze politiche non so più bene quando. In ufficio scrivo avvincenti relazioni a bilanci in dissesto e gozzoviglio nell’associazione “Brigate alimentari”. Collaboro con Shakespeare e ho pubblicato un paio di romanzi. I miei protagonisti sono sempre del Toro, così, tanto per complicargli un po’ la vita.