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columnist
E’ doverosa una premessa: i derby vanno (anche) vinti. E ogni tanto pareggiati. Non si può vivere di sola retorica ed essere sempre e solo felici per l’atteggiamento o la prestazione. In un calcio che di fatto non c’è più e in quasi un secolo di storia, quindi prima dell’ultimo ventennio, il Toro, pur partendo sovente sfavorito, di derby ne aveva vinti e pareggiati anche più di quello che fosse lecito aspettarsi. Purtroppo da un po’ di tempo a questa parte il calcio è un “altro” sport, schiavo delle classifiche fatte dai fatturati e dei (procuratori dei) giocatori che impediscono di creare quello “spirito di squadra” indispensabile per vincere partite così delicate come lo sono i derby.
Detto questo l’1-3 di domenica scorsa non è un risultato positivo, ma ha in sé più di quanto dica il freddo punteggio. Ad esempio dice che il Toro ha giocato. Nel senso che non ha giocato solo “da Toro”, che di per sé è già una bella notizia, ma ha proprio giocato a calcio, sfidando la Juve in tutte le zone del campo come confermano i dati statistici del match. Possesso palla (non difensivo!), angoli, indici di pericolosità certificano una partita sostanzialmente equilibrata spaccata dalle giocate di “campioni”. Anche con Ventura era capitato di perdere per prodezze di “campioni” che il Toro non può annoverare tra le sue fila: Pirlo, Tevez, Pogba, Vidal, Cuadrado sono i killer dei derby venturiani. Spesso però era l’atteggiamento estremamente rinunciatario e difensivista a far rabbia anche più del golletto che condannava alla sconfitta. Beh, l’ultimo derby è stato qualcosa di completamente diverso sotto questo aspetto. Un grande passo avanti per chi vuole comunque vedere il Toro provare sempre a ribattere colpo su colpo nelle sfide con i rivali di sempre. Il calcio business ci dice che il Toro ha perso 130 a 8 (valore di Higuain-Pianjc e Belotti, cioè i marcatori) e che le sostituzioni fatte da Allegri pesavano una novantina di milioni contro la decina scarsa di quelle del Toro. Numeri che danno l’idea dello squilibrio economico tra le due società, ma che in campo non si sono visti. Eccetto nel risultato.
Il derby ci ha anche detto un’altra cosa importante: i Barreca e i Belotti sono il presente ed il futuro di questo Toro. Giovani, italiani e motivati possono trasformare una squadra buona in una squadra ottima mettendo in campo quel surplus motivazionale che nessun transfermarkt potrà mai calcolare nella valutazione economica dei giocatori. Barreca è un ragazzo del vivaio, quelli che una volta si chiamavano del Filadelfia e che un domani torneremo a chiamare così. Non ha sbagliato sul gol di Higuain, semplicemente perché era nella posizione giusta ed ha fatto tutto quello che doveva e poteva per contrastare l’attaccante argentino. Non è colpa sua se i centrali difensivi erano fuori posto e, non solo non hanno marcato Higuain come gli era richiesto, ma alla peggio non sono neanche riusciti a raddoppiare sullo sforzo difensivo di chi ci stava mettendo una pezza. Il terzino sinistro cresciuto nelle giovanili ha giocato il suo primo derby “dei grandi” e lo ha fatto giocandolo con la stessa grinta e sicurezza con cui aveva affrontato quelli delle varie categorie giovanili. Quanto è importante sapere cos’è un derby e quanto conta? Tantissimo. E Barreca l’ha dimostrato affrontando un giocatore forte come Cuadrado alla pari, senza subirlo davvero mai. Belotti invece, oltre a segnare il suo secondo gol in un derby e a rappresentare ciò che il tifoso vorrebbe dai suoi beniamini di granata vestiti, è stato l’emblema di un Toro che non si sente inferiore. Men che meno della Juve. Più Barreca (cioè con un imprinting granata) e più Belotti (cioè giocatori che per caratteristiche hanno quel dna anche se al Toro non ci sono cresciuti) renderebbero i derby, ed i campionati più in generale, lo specchio delle aspettative dei suoi tifosi. Ecco perché i Barreca e i Belotti devono essere il presente, e a maggior ragione, il futuro del Torino. I Ljajic o gli Iago Falque possono e devono arricchire il roster, ma possono andare e venire se la base di squadra e società resta quella che si può costruire con i Barreca e i Belotti. E con i mister alla Mihajlovic in panchina. Menzione d’onore anche per lui. Ha sbagliato i tempi e i modi dei cambi? Può essere, vero. Ma il messaggio che trasmette dal primo giorno è sempre lo stesso: mentalità, mentalità, mentalità. Ormai l’hanno capito anche i sassi che l’allenatore serbo non si accontenta dell’uovo oggi se può avere la gallina domani. O l’uovo e la gallina sia oggi che domani. Il pari nel derby sarebbe stato un ottimo risultato, ma lui lo ha barattato con una lezione di mentalità: se c’è uno spiraglio per vincere la partita, perché non provarci? Lui semina oggi. Se raccoglie oggi ancora meglio, se no raccoglie domani. Lo dico in tempi non sospetti: non mi stupirei se al ritorno vincessimo allo Stadium…
I risultati sono importanti, a maggior ragione in un derby. Ma se rimanessimo ancorati alla logica del risultato saremmo come quelli là. Il tifoso del Toro, per fortuna, sa ancora discernere. Il derby ha lasciato sensazioni positive: le soddisfazioni sono dietro l’angolo…
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