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La Leggenda e i Campioni

Beppe Bonetto. Architetto di un Torino grande, anzi due

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Torna l'appuntamento con "La Leggenda e i Campioni" la rubrica di Gianni Ponta
Gianni Ponta

Estate 1975. Al mare a Pesaro. Prima di andare in spiaggia, un salto in edicola per comprare il quotidiano sportivo. All'edicola sul lungomare vendevano "Stadio", la testata giornalistica sportiva bolognese, allora indipendente, successivamente fusa nel "Corriere dello Sport". In prima pagina: "Savoldi al Napoli". E nel riquadro centrale: "Pecci al Torino per 850 milioni". Gigi Radice, appena arrivato sulla panchina dei granata, chiedeva l'acquisto di un regista, da lui individuato nel centrocampista gigliato Merlo, che aveva allenato a Firenze. Beppe Bonetto, architetto dell'operazione, aveva a sua volta sondato il mercato in tutte le direzioni, andando a trovare la migliore opportunità nell'acquisto dal Bologna del ventenne Eraldo Pecci, miglior regista italiano under 23, già in grado di calcare i campi della Serie A da un paio di campionati. Come ha ricordato Eraldo nel suo secondo libro dal titolo "Ci piaceva giocare a pallone". Lucio Orfeo Pianelli è stato il presidente del più grande Torino dopo il Grande Torino, ha scritto con affetto ed immenso rispetto Gian Paolo Ormezzano. Oltre alla generosità ed alla passione, lo contraddistingue l'intuito nella scelta dei collaboratori, basata su semplici criteri fondamentali: competenza, affidabilità, "granatismo".

Esemplare da questo punto di vista il suo primo incontro nel '63 con Oberdan Ussello, istruttore capo al Filadelfia: "Guardi Ussello che gli allenatori della prima squadra passano, ma lei resta!".

Una scelta fondamentale, ai fini di una conduzione sostenibile e virtuosa del club, unita alla ricerca di risultati sportivi all'altezza della migliore tradizione, consiste nella scelta di Beppe Bonetto: dal primo gennaio 1964 al 31 dicembre 1981 general manager del Torino AC. Laureatosi in Economia nel 1958, con una tesi sull'amministrazione delle società di calcio, dopo aver lavorato per cinque anni come responsabile amministrativo della Lega Calcio, il primo gennaio 1964 fu nominato segretario (e in seguito Direttore Generale) del Torino, diventando il braccio operativo di Orfeo Pianelli. Coadiuvato a sua volta da collaboratori fedeli, a formare un sodalizio di lungo corso, basti qui ricordare l'Avv. Cozzolino, Ellena, Ussello, il lavoro a formare e, soprattutto, forgiare una grande squadra fu metodico, basato su una visione di lungo periodo. Potenziamento del settore giovanile, appunto, talent-scouting, investimenti di notevole portata economica effettuati con decisione e tempismo, ben ponderati in fase di preparazione. Ancora oggi si racconta l'acquisto di Claudio Sala dal Napoli nel '69 per 470 milioni, unico grande assegno staccato in quel mercato. Il presidente partenopeo Corrado Ferlaino che tergiversa ed esce a comprare una cravatta, Bonetto che lo "blocca " per concludere la transazione di mercato. Come ebbe modo di scrivere Emanuele Gamba su La Repubblica nel 2017, sotto la sua gestione, al Filadelfia crebbero, e in molti casi si consolidarono in prima squadra, campioni e giocatori di primo livello come Agroppi, Garella, Greco, Mandorlini, Mozzini, Novellino, Onofri, Poletti, Pulici, Rampanti, Rosato, Zaccarelli (anche Pallavicini, lui pure componente della rosa tricolore).

Il risultato del suo lavoro e dei suoi collaboratori di vaglia si stagliò in maniera indiscutibile alla fine della lunga presidenza Pianelli quando il club, impoverito dai problemi anche drammatici del suo Presidente, riuscì a rimanere a galla (che lezione sarebbe stata per gli anni grami a venire!) proprio grazie ai ragazzi tirati su al "Fila": Beppe Dossena e Paolo Beruatto "Vai Berua!", Claudio Sclosa e Dante Bertoneri, Loris Bonesso e Roberto Cravero, Giacomo Ferri I e Giovanni Francini (agli esordi, che tunnel fece a Ruud Krol!), Agatino Cuttone e Pietro Mariani. Il sigillo "ufficiale" di quel lavoro certosino nel vivaio granata è rappresentato dalla formazione schierata dall' allenatore Massimo Giacomini il 14 marzo 1982 contro la Fiorentina (2-2 il risultato finale). Davanti al portiere Terraneo, dieci giocatori provenienti dal Settore Giovanile del Torino AC: Cuttone, Beruatto; Ferri I, Zaccarelli, Ermini; Bonesso, Bertoneri, Dossena, Sclosa, Pulici.

"Il Dottore" sempre elegante, estremamente determinato, un charmant manager torinese. Ne hanno attraversato la carriera due grandi dolori: la perdita di Luigino Meroni, campione scoperto prima che diventasse inafferrabile, il suo primo acquisto, e di Giorgio Ferrini, il Capitano. Come scrisse Gian Paolo Ormezzano , a testimoniarne la grandezza, la competenza ma anche la statura morale. Nel suo lungo incarico come d.s. e d.g. ebbe il senso della misura e la lungimiranza per costruire il Gran Torino (definizione presa a prestito dal titolo del film indimenticabile di Clint Eastwood) dello Scudetto e dei 50 punti, biennio 1975-77, ma anche la garibaldina meravigliosa squadra del campionato 1971-72, a cui rubarono letteralmente il tricolore. Negli Anni Settanta, il Torino giocò il calcio più bello. Due Coppe Italia. Lo Scudetto. Sul campo, potevano essere tre.

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Gianni Ponta, chimico, ha lavorato in una multinazionale, vissuto molti anni all’estero. Tuttavia, non ha mai mancato di seguire il “suo” Torino, squadra del cuore, fondativa del calcio italiano. Tra l’altro, ha scoperto che Ezio Loik, mezzala del Grande Torino, aveva avviato un’attività proprio nell’ambito dell’azienda in cui Gianni molti anni dopo sarebbe stato assunto.

Attraverso le sue rubriche, grazie al lavoro di qualificati opinionisti, Toro News offre ai propri lettori spunti di riflessione ed approfondimenti di carattere indipendente sul Torino e non solo.

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