Che i bookmaker sappiano il fatto loro è risaputo. Che dessero il Toro vincente nel derby a 5,50 indicava qual era la realtà dei fatti. Che fino all'87' la partita fosse aperta è purtroppo non più di un dettaglio, ininfluente ai fini del risultato finale che ci ha visto per l'ennesima volta beffati. E' stato un altro derby amaro: per il risultato di sicuro, per il modo in cui è venuto ancor di più, ma anche per altre tre cose che, personalmente, non mi sono andate giù.
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Bergonzi, Ventura, Ogbonna: tutto l’amaro del derby
LA SCIENTIFICITA' DI BERGONZI – Chi ha detto che un arbitro possa condizionare una gara solo attraverso episodi eclatanti e determinanti come rigori od espulsioni? Se mentalmente rivisitate la maggior parte dei fischi dell'arbitro genovese durante la stracittadina vi accorgerete che è proprio nelle decisioni più ordinarie che le giacchette nere possono influire maggiormente sull'andamento di una partita. Ad esempio tutelando un giocatore come Pirlo manco fosse la madonna di Pompei e fischiando fallo in suo favore ad ogni contatto subito. Oppure sanzionando allo stesso modo tutti i tentativi di pressing aggressivo sui portatori di palla: se in campo c'è un divario tecnico quasi imbarazzante che la squadra più "debole" cerca di limitare non facendo ragionare l'avversario, ecco che il provvidenziale intervento sistematico dell'arbitro a punire l'agonismo ristabilisce l'enorme gap sul terreno di gioco. Tutto molto semplice e scientifico. Al contrario il lassismo sui ripetuti falli di Chiellini e Liechtsteiner ai danni di Cerci e Santana impedisce lo sfruttamento intensivo della principale arma offensiva della squadra più "debole". Se poi a tutta questa scientificità si vuole aggiungere un paio di rigori non dati al Toro, un espulsione inventata di sana pianta contro un giocatore che ha fatto un fallo e mezzo (il secondo non era nemmeno fallo!) in tutta la partita ed il classico atteggiamento tronfio e strafottente tipico degli esponenti della classe arbitrale italiana, ecco che l'operato di Bergonzi rasenta la perfezione di ciò che è gradito al Palazzo.
I CAMBI E IL MODULO DI VENTURA – Voglio bene a Mister Libidine, anche se in due anni non ho mai visto né la libidine, né la palla frullare. Ha fatto tanto e sta facendo tanto per riportare il Toro ad avere una nuova dignità sportiva e di questo non smetterò di dargliene atto finchè campo. Ma i cambi del derby? E il modulo sempre uguale che porterebbe anche un allenatore di Prima Categoria a trovare le adeguate contromosse se si trovasse ad affrontare il Toro? Non è un po' grave disputare tutto un campionato di serie A senza avere nessuna alternativa tattica al 4-2-4 che non sia il 4-2-4 con Vives finta ala sinistra? Possibile che in vantaggio o in caso di pareggio utile a dieci minuti dalla fine non si possa mai togliere un attaccante e mettere un centrocampista in più per portare a casa il risultato? Possibile che Bakic o Brighi non fossero in grado domenica di entrare al posto di Santana per dieci minuti ed aiutare gli stremati Gazzi e Basha a fare da frangiflutti contro i 6 (sei!!) centrocampisti juventini e magari così evitare che Vidal tirasse tutto libero? E' possibile che un imbarazzante Johnatas (e non per il gol mancato ma per la poca qualità e lo scarso dinamismo che ha fatto vedere in quella ventina di minuti) fosse la mossa giusta invece di un Barreto che ultimamente era dato come in gran forma e col piede caldo (tre gol nelle ultime quattro partite)? Domande che, a salvezza acquisita, spero troveranno una risposta.
GLI ABBRACCI DI ANGELONE – E' appena finito uno dei derby più crudeli che l'animo dei tifosi granata ricordino, il capitano Rolando Bianchi, dopo rapidi convenevoli con gli avversari a metà campo, punta dritto con altri giocatori verso la Maratona applaudendo e ringraziando per l'incessante sostegno dato alla squadra. Al drappello granata manca Ogbonna impegnato in lunghi e sentiti abbracci con quasi tutta la rosa della Juventus. Quando ha finito di ringraziarli per il bellissimo pomeriggio di sport passato insieme, Angelone saluta la curva e non pochi fischi si levano dagli spalti contro di lui. Ingenerosi? Eccessivi? Io mi chiedo come sia possibile che un giocatore cresciuto nelle giovanili del Toro, con una lunga militanza in prima squadra tanto da esserne il vice capitano, non senta alla fine di un derby perso in quella maniera una rabbia talmente grande da avere il bisogno, quasi fisico, di limitare allo stretto indispensabile il contatto di saluto con l'avversario per recuperare quella calma e quella tranquillità che una sconfitta del genere inevitabilmente tolgono. Che il buon Ogbonna abbia "dovuto" fare buon viso a cattivo gioco profondendosi in abbracci coi "compagni" di Nazionale che altrimenti avrebbero potuto discriminarlo nei futuri raduni a Coverciano? O questo ragazzo è semplicemente un professionista talmente esemplare che al fischio finale riesce a "staccare" completamente e a non farsi influenzare da quanto avvenuto durante la partita appena disputata?
Che non esista più l'attaccamento alla maglia mi pare una triste evidenza, ma che dieci anni di Toro non ti facciano venire voglia di prendere a calci nel sedere, metaforicamente parlando, "quelli là" dopo che te l'hanno messa in quel posto, sempre metaforicamente parlando, mi sembra da robot o da mercenario.
E i tifosi del Toro per l'affetto vero che gli hanno sempre dimostrato non meritavano anche questa amarezza.
Alessandro Costantino
Twitter: AleCostantino74
(foto Dreosti)
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