Non patisco gli sfottò dei colleghi sulle prestazioni del Toro, sono relativamente giovane per risentirmi più di tanto, il Toro che ho potuto tifare io, ha sempre accusato le fragilità economiche e sociali che fanno di Torino una città padronale dove una parte comanda – sull’università, sulla politica, sul piano regolatore, sullo sport, sulle iniziative culturali – e l’altra fa l’inchino. Piano regolatore: ricordo una lezione al Politecnico di molti anni fa, tenuta da un avveduto revisore dei conti granata, che spiegava alla giovane Torino in ascolto, l’importanza strategica del Piano regolatore. Se vuoi scoprire i potenti – diceva – apri le tavole del Piano e cercali nelle scelte, è l’unico posto in cui non possono nascondersi. Il figlio dell’avveduto granata, andò poi a lavorare per Marchionne. Un grande classico degli equilibri torinesi.
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Bomba anti-Toro
Insomma, questo per dire che sono vaccinata alla mancanza di potentato, ma le critiche che non posso tollerare sono quelle relative alla presunta mancanza di valori, che ci farebbe uguali al resto del mondo.
L’incompiuto puzzle Toro è sotto gli occhi di tutti da anni, non capisco fino in fondo chi oggi ne prende una tesserina in mano e si stupisce di non averla vista prima. Può piacere o meno, ma sta lì da tempo, il disegno è quello.
Ci sono molte tesserine col viso sorridente di Cairo che non potrebbe neanche volendo – e non vuole – fingere di aver acquistato il Toro per ragioni donchisciottesche. Forse giusto una vena di romanticheria nella fede granata della mamma. In queste tesserine del puzzle, Cairo sorride perché ha integrato i suoi successi imprenditoriali della presidenza di una squadra blasonata che porta lustro al suo curriculum di uomo affermato. Una tesserina in cui sorride perché non ha dovuto assestare spintoni per aggiudicarsi il Toro, qualche anno fa. Ma come…era regalato! Sarà anche stato regalato, ma alle spalle di Cairo c’era il deserto dei tartari, nessun altro pretendente.
Qualcuno rigira tra le mani la tesserina di Cairo sorridente e rimugina…questo, è amico dei potenti. Fammela guardare meglio: no no, è proprio che Cairo è, un potente. Chi si può comprare una squadra di calcio se non un potente o un prestanome? Magari siamo destinati a entrare nel patrimonio di un emiro sentimentale con la passione incondizionata per il bel gioco, sensibile al riconoscimento dei diritti umani in luogo dello schiavismo. O magari no. Per il momento manca la tesserina “emiro filantropo”.
La tessera col sorriso di Cairo mi ricorda Epifanio, il personaggio di Albanese. Ma la scaltrezza – infattamente…- potrebbe rievocare altro personaggio, non fosse per l’accento berlusconiano. Comunque sia, è uomo dall’intelligenza e intraprendenza superiori alla media. Senzadubbiamente.
Come blateravo all’inizio, c’è una tesserina del puzzle che rappresenta l’atavico conflitto Toro-Juve. Il progetto egemonico su Torino, ha fatto sì che in passato, ai vertici del Toro, si siano insinuati uomini dipendenti finanziariamente dalla Juve. Quanta autonomia di azione gode Cairo, nei confronti del mitologico esemplare di agnellavvoltoio torinese? A giudicare dal piglio assunto contro la Superlega, molta. A giudicare dall’affaire Miccichè, poca. Mettiamoci il cuore in pace, questa tesserina del puzzle rimarrà sfocata. Ognuno ci vede quel che vuole.
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C’è la tessera della solidità di bilancio, fondamentale perché permette lo sdoganamento dalle banche che hanno il potere di stabilire il giorno in cui chiudere i rubinetti e farti fallire.
Le tessere dei giocatori non sono cambiate dallo scorso anno. Qualcuno quest’estate avrebbe voluto vendere quella di Sirigu? Belotti? Izzo? N’koulou? Millico? Ansaldi? Gli uomini sono fatti di alternanze, l’intensità dell’estate non poteva che avere conseguenze sulla fatica dell’autunno. Forse. E Verdi? Chi non anelava alla tesserina di Verdi quest’estate? Un giocatore che ha bisogno di conquistare spazio e forma, e di essere sostenuto, mentre lo fa. Forse.
Ma ultimamente, al puzzle, se ne sono aggiunte altre di tessere Toro incomprensibili. Una di queste rappresenta l’immagine di cinque torinisti di nero vestiti, attualmente indagati per atti di violenza contro tifosi interisti. La partita doveva ancora iniziare e già si erano abbracciati, poi picchiati. Mancano tessere, quelle della vendita in curva di biglietti non tracciati, ad esempio.
Altra tessera vagamente sfocata del disegno Toro, rappresenta un centinaio di ultras così visceralmente legati alla sorte della squadra da fare della trasferta a Genova una missione per conto dell’anti-Cairo filosofia. Contestazione incessante contro presidente, allenatore, giocatori. La squadra vince? Gli ultras puristi del bel gioco non si ammorbidiscono. Io che sono una sognatrice oltranzista posso ben capire chi non si accontenta di una vittoria abbastanza fortunosa per placare il profondo malcontento del cuore. Quello che mi sembra sospetto è il tempismo di chi, nello spazio di due partite, passa dall’appoggio incondizionato al dissenso sfrenato.
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La tessera inguardabile è quella del bombarolo. Mi piacerebbe fare un ingrandimento di questo individuo che brilla esplosivo a nome dei tifosi del Toro, così, tanto per capire se ha confezionato l’ordigno e poi la mattina dopo si è alzato alle cinque perché aveva il primo turno in fabbrica, se ha bambini da accompagnare a danza e in piscina, se paga un mutuo. Oppure se fa il bombatoro a tempo pieno. Bomba e Toro, non si appartengono. Assolutamente no.
Quando al derby, qualche anno fa, ho visto lanciare una bomba carta nella mia direzione, io sapevo di stare dalla parte giusta, in Primavera. E oggi ancora ho la presunzione di stare dalla parte giusta, quella di chi rinnega la violenza, sempre. È un modo di agire lontano nel tempo e nello spazio dal mio essere Toro. È antitoro.
Comunque questo balordo bombarolo non ha fatto saltare per aria il puzzle del Toro. Le tessere dal granata più brillante sono quelle dei tifosi, ma quelli part-time di tifosi, che non fanno gli ultras di professione, ma tra una partita e l’altra hanno una vita in cui non manca la tribolazione così come la passione, l’amore incondizionato, il coraggio delle proprie azioni. L’assenza di mediocrità la esigo prima di tutto da me stessa, dal mio tifare Toro. Entusiasmarsi di vittorie e incattivirsi di disfatte è attività banalissima, basta farsi un giro in un sito qualunque della serie A, per averne conferma. Se noi vogliamo essere qualcosa di più, qualcosa di meglio, critichiamo proponendo, non distruggendo.
Altre tessere potrebbero essere azioni. Un azionariato popolare a formare un doppio binario su cui far viaggiare le decisioni del Toro che identificano il Toro. In fondo credo che, facendo un passo indietro e guardando per intero l’immagine, il puzzle rappresenti la scia di un sogno che parte da lontano e, senza soluzione di continuità, si allunga sul futuro. Aggiungiamo tessere che ci restituiscano identità.
Mi sono laureata in fantascienze politiche non so più bene quando. In ufficio scrivo avvincenti relazioni a bilanci in dissesto e gozzoviglio nell’associazione “Brigate alimentari”. Collaboro con Shakespeare e ho pubblicato un paio di romanzi. I miei protagonisti sono sempre del Toro, così, tanto per complicare loro un po’ la vita.
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