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Buon Toro al Bentegodi, che noia il calciomercato, parare sotto i bombardamenti

Renato Tubere
Era ora! Un Toro finalmente consapevole dei suoi mezzi. A tratti addirittura spavaldo. Una squadra che, visto il possesso palla quasi ininterrotto e le occasioni create sotto la porta di un fenomenale Puggioni, doveva e poteva salvarsi già...

Era ora! Un Toro finalmente consapevole dei suoi mezzi. A tratti addirittura spavaldo. Una squadra che, visto il possesso palla quasi ininterrotto e le occasioni create sotto la porta di un fenomenale Puggioni, doveva e poteva salvarsi già un paio di mesi fa. E invece ... BARRETO COME AMLETO - La questione del modulo cambiato alla vigilia della gara di San Siro col Milan è secondaria: Cerci e compagni al Bentegodi domenica han finalmente giocato col piglio giusto. Lo si è capito nel momento stesso in cui la malaugurata scivolata con cui Di Cesare - per altro uno dei migliori - ha regalato a Thereau un'autostrada davanti a Gillet per l'1-0 del Chievo. Le squadre tornano a centrocampo e la palla, per usare un'espressione cara a mister Ventura, finalmente frulla che è un piacere. Tranne Vives un po' fuori dagli schemi di gioco, gli altri si son battuti come leoni in gabbia costringendo i padroni di casa sulla difensiva per quasi tutto il resto della gara. Almeno sette palle gol costruite, uno solo segnato e su rigore: perchè? Solito Barreto che manca di killer instinct, là davanti. Molti appassionati granata si interrogano su di lui: serve davvero alla nostra causa questo 27enne piccoletto e dai capelli eternamente spettinati? Si sbloccherà la prossima stagione oppure resterà un eterno incompiuto sotto porta? Segnerà o non segnerà? A Edgar "Amleto", cioè alla sua voglia di mostrare a tutto il mondo che su di lui mister Ventura ha visto giusto, l'ardua sentenza! PILLOLE: DI VIAGRA? NO DI CALCIOMERCATO! - Sempre la stessa solfa. A fine campionato con verdetti già annunciati sia in testa che in coda le partite son tutte uguali. Squadre lunghe, sfilacciate. Spalti semideserti o quasi. Giocatori che, beati loro, se ne infischiano della crisi economica sognando già ad occhi aperti a seconda dell'ingaggio: 1) improbabili resort in Polinesia piuttosto che 2) gite con la famiglia negli States o 3) settimane con la famiglia sulla barca del proprio procuratore compiacente o ancora 4) ombrellone e pedalò su qualche spiaggia italiana poco reclamizzata, lontano da sguardi indiscreti dei soliti seccatori alias tifosi. Dirigenti che bofonchiano impermalositi di fronte a tutti i microfoni che succederà poco o nulla da qui a fine agosto. Allenatori che gonfiano il petto, l'ego spesso spropositato come se al posto del cervello o del cuore avessero quel membro particolare del corpo umano mascolino che, dopo una certa età, si protende al cielo solo grazie alle magiche pilloline blu. Che noia, che barba! Che barba, che noia! Ah quanto aveva ragione la povera Sandra Mondaini nel duettare a letto col caro Raimondo in "Casa Vianello"! UN EROE DEI TEMPI DI GUERRA - In porta a mani nude. Maniche della maglia sempre su e ciuffo ribelle al vento. Con la pioggia e con la nebbia molto più che sotto il sole. Per 22 anni e 623 gare sempre per lo stesso club di Londra: il piccolo Charlton Athletic. Nel civettuolo stadio The Valley lo notarono subito per il portamento fiero e la classe innata nel tuffarsi alla disperata su tutto: pallone, gomiti o piedi degli avversari e dei compagni. La sfortuna di Sam Bartram però non fu solo quella di nascere alla vigilia della Prima Guerra Mondiale e di primeggiare nel suo ruolo in Inghilterra sotto i terribili bombardamenti dei nazisti nei primi Anni Quaranta. Il calcio allora era un riempitivo delle giornate per quei londinesi che scampavano giorno dopo giorno alla distruzione di case, fabbriche, interi quartieri. Sam, con le sue parate, portò il suo Charlton per ben 3 volte consecutive, dal 1944 al 1947, alla finale di FA Cup. Sam dovette soccombere alla concorrenza per una maglia in nazionale dei più popolari Frank Swift del Manchester City e Ted Ditchburn del Tottenham. Ma fu leale fino in fondo col patto di sangue firmato coi suoi cari tifosi del Charlton. "Ho giocato tante di quelle partite al The Valley interrotte dalle bombe di quei maledetti tedeschi!"-confessa nella sua autobiografia-"come potrei andarmene in un altro club?". Povero Sam: a 40 anni terminò di giocare per un terribile scontro di gioco in un derby a Stamford Bridge con il Chelsea. C'era un nebbione pazzesco, i suoi tifosi dietro di lui urlavano perchè lo credettero morto. Cinque lunghi minuti e Sam Bartram si alzò a tranquillizzarli, per poi crollare al suolo svenuto. Ora la sua statua attende gli spettatori fuori dal suo stadio. Coraggio e lealtà, per Sam Bartram, contavano più del vile denaro o dei titoli vinti. Una mosca bianca, verrebbe definito nel calcio di oggi, frequentato da manichini e da professionisti del piffero: un calcio sempre più alla canna del gas! Renato Tubère