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Cairo, la diversa ambizione fra l’imprenditore e il presidente

Alessandro Costantino
Alessandro Costantino Columnist 
Il Granata della Porta Accanto/ Mentre le attività imprenditoriali dell'editore alessandrino crescono e si espandono a ritmi vertiginosi, il Torino si muove a piccoli passi...

Urbano Cairo è il personaggio del momento. Il suo tentativo di scalata al gruppo RCS e' su tutte le pagine dei giornali e rappresenta una grossa operazione economico e finanziaria che, se portata a buon fine, lo porterebbe a controllare uno dei più grandi gruppi editoriali italiani. Su queste pagine si è già analizzato quanto potrebbe influire questa operazione sul Torino, ma quello che invece mi piacerebbe approfondire è il perché i percorsi di crescita dei business di Cairo non vadano di pari passo con la crescita del Torino stesso.

Negli undici anni di presidenza Cairo, il Toro e' passato da un iniziale entusiasmo (subito promosso in A) ad una progressiva regressione fino al ritorno in B. L'arrivo di Ventura ha segnato il ritorno in A e addirittura la partecipazione all'Europa League (diritto purtroppo non conquistato sul campo), ma ad oggi le prospettive future della squadra appaiono quelle di un consolidamento nella parte sinistra della classifica più che di raggiungimento di obbiettivi leggermente più nobili. Perché le ambizioni sportive di Cairo non sono proporzionate a quelle che alimentano gli altri suoi affari? Perché un uomo che costruisce un impero editoriale, possiede una televisione nazionale e punta a RCS non può che essere definito un uomo ambizioso! Eppure nel calcio tutta questa smania di scalare le gerarchie, di "sedersi al tavolo dei potenti" non appare. Al contrario e' quasi come se Cairo facesse in modo di non pestare i piedi a nessuno, di non voler dare fastidio allo status quo esistente nella nostra serie A. Di sicuro il mondo del calcio ha delle peculiarità tutte sue e gli esempi di De Laurentis e dei Della Valle che da anni ci provano ma alla fine hanno concluso poco potrebbero aver suggerito a Cairo l'uso di una strategia di più basso profilo. La stessa in fondo che sta caratterizzando Squinzi, patron del Sassuolo, altro uomo che se volesse potrebbe lottare per i vertici ma che invece sta attuando anch'egli una politica dei piccoli passi.

I detrattori di Cairo, a questo punto, direbbero che per alzare le ambizioni sportive del Torino occorrerebbero investimenti "veri", cioè non il semplice reimpiego di capitali derivanti dalle vendite di giocatori, ma l'immissione di nuovi capitali, cosa che però non sembra essere consona al modus operandi di Cairo nella totalità dei suoi affari. L'editore alessandrino si è, infatti, distinto nella sua carriera imprenditoriale per la capacità di rilevare senza quasi esborsi società in difficoltà con grossi indebitamenti per poi risanarle e rilanciarle. Giorgio Mondadori, La7, il Torino stesso ed ora RCS per cui si punta ad uno scambio di azioni, sono state tutte operazioni dove Cairo non ha messo soldi suoi, ma competenze e, dove c'erano (non nel Toro), si è accollato i debiti. Inoltre chi non ama il presidente vi dirà che il Torino è servito a Cairo per acquisire visibilità nazionale ed aprirsi le porte di certi giri e che pertanto non ha interesse ad investire nella squadra perché ha già ottenuto ciò che gli premeva nel momento in cui è entrato in scena.

Per chi ama la teoria del complotto invece si potrebbe ipotizzare che il low profile di Cairo nel mondo del pallone sia legato "all'avvertimento" ricevuto con la retrocessione del 2009, retrocessione nebulosa, maturata con errori arbitrali in sequenza e "strani" risultati delle avversarie che lottavano col Toro per salvarsi. Da allora l'atteggiamento di Cairo verso gli arbitri e la Lega e' mutato in un sostanziale silenzio ed il Torino è tornato stabilmente in Serie A. Anche nella querelle della distribuzione dei diritti tv il patron granata non è salito sulle barricate per lottare per una più equa divisione delle risorse, segno che non è poi così interessato a smuovere gli equilibri del sistema.

A differenza del Berlusconi, suo vecchio capo, a cui spesso viene paragonato per parabola imprenditoriale, la politica e gli allori sembrano non attirarlo alla stessa maniera, forse per un ego che si alimenta e soddisfa in maniere differenti. Resta sullo sfondo di tutto ciò un pizzico di frustrazione da parte dei tifosi granata che vedono da un lato il proprio presidente diventare sempre più importante ed influente nel panorama economico italiano e dall'altro la propria squadra veleggiare con alti e bassi al centro della classifica di Serie A. Davvero bizzarro. E se mai Cairo diventasse il padrone della Gazzetta dello Sport sarebbe paradossale per lui trovare sempre e comunque la sua squadra in un trafiletto a pagina 12...