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Calcio: si parla di più cambi, ma sarebbe necessario un cambio. Di rotta

Alessandro Costantino
Alessandro Costantino Columnist 
Il Granata Della Porta Accanto / Mazzarri e De Laurentiis paladini dell'aumento del numero dei cambi: crociata giusta fino ad un certo punto…

È arrivata in settimana la dichiarazione di Aurelio De Laurentiis sulla necessità di aumentare il numero dei cambi nelle partite di Serie A. Sappiamo che su questa tematica Walter Mazzarri si è espresso più volte sottolineando lo stesso concetto. D'altronde, e a mio parere è una clamorosa anomalia, nella serie C italiana sono permessi cinque cambi per squadra in ogni gara, quindi di fatto il tema è caldo già da un po' e addirittura una parte del calcio professionistico ne sta sperimentando l'utilizzo. Quale sia la differenza, poi, tra una gara di Serie C ed una di Serie B o A, dal punto di vista regolamentare, non lo capisco, e non vedo quale difficoltà ci sarebbe ad allargare la norma visto che non si parla di Leghe chiuse, ma di campionati con sistemi di promozione e retrocessione, che quindi dovrebbero essere uniformi ed omogenei per rispettare il principio di correttezza e parità della competizione. Ad ogni modo è interessante invece capire se l'aumento del numero dei cambi sia davvero un bene per il calcio.

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Secondo il ragionamento di Mazzarri, più cambi vorrebbero dire più "cartucce" da giocarsi per un tecnico per incidere sull'andamento di una partita. Una visione molto corporativa della questione, volta più che altro ad aumentare il peso dell'allenatore sul rendimento di una squadra. Più oggettivo ed anche maggiormente condivisibile, invece, l'aspetto psicologico della cosa: più cambi porterebbero sicuramente ad un maggior coinvolgimento dei calciatori sulla partita, cioè amplierebbero il numero dei giocatori che fattivamente contribuisce ai risultati della squadra. Ciò chiaramente agevolerebbe la gestione del gruppo e dello spogliatoio perché sarebbero di meno gli atleti a sentirsi esclusi dalle scelte del mister, creando un clima certamente migliore nella quotidianità del lavoro svolto da staff tecnico e calciatori.

C'è poi l'aspetto patrimoniale della vicenda. Se i calciatori non accumulano presenze e minuti in campo, il loro valore diminuisce e le società rischiano di perdere "capitali", senza contare che spesso vengono pagati stipendi pieni a giocatori che sono impiegati pochissimo. Su quest'ultimo punto, però, io sarei più favorevole ad una riduzione delle rose che sicuramente aiuterebbe ad avere campionati più equilibrati con una re-distribuzione più diffusa dei calciatori forti. Perché il rischio più grosso che io vedo nell'aumento del numero dei cambi per gara è di fornire l'ennesimo assist ai grandi club. Già assistiamo ad assurdi predomini economici di alcuni club che hanno rose e monti ingaggi superiori per valore di quasi dieci volte a quelli dei club più piccoli della stessa serie, se ancora gli si dà la possibilità di far giocare il numero più elevato possibile di giocatori non si farà altro che contribuire ad accentuare questo divario scandalosamente antisportivo.

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Mi piacerebbe quindi che nel momento di approvare certe norme, si pensasse anche a dei contrappesi per non falsare ulteriormente la flebile competitività del calcio moderno.

Il calcio si è evoluto e non possiamo tornare indietro, ma ciò che si dovrebbe poter fare è indirizzare quest'evoluzione sul solco del rispetto del tradizionale spirito del gioco. Se non si può (e non avrebbe nemmeno senso) tornare alle rose di 16/18 elementi con due sostituzioni come negli anni Ottanta, non si può nemmeno tollerare la situazione che potrebbe venirsi a creare con rose extra-large e cambi a gogò. Perché due sono le ratio del provvedimento invocato da Mazzarri e De Laurentiis da tenere in considerazione: da un lato c'è l'esigenza di sfruttare le rose al massimo, far fare ai calciatori ciò che sanno e vogliono fare, cioè giocare, dall'altro c'è però il pericolo di falsare ulteriormente la competizione dando ancora più armi a chi è già fin troppo armato…

Sul primo punto credo che occorrerebbe lavorare di più su delle soluzioni alternative: i giocatori per essere al top, è vero, non possono solo allenarsi, ma devono avere la possibilità di giocare. Andrebbero quindi studiate delle competizioni parallele, sullo stile dei Campionati Riserve, in cui quei calciatori meno utilizzati possano poter affrontare impegni agonistici il più impegnativi possibili per poter essere pronti a fare al meglio il proprio compito quando chiamati in campo nelle competizioni maggiori. A me non dispiacerebbe, ad esempio, che al termine delle gare di campionato le squadre giocassero un terzo tempo solo con le riserve per mantenere il ritmo partita dei panchinari oppure che si creasse una coppa parallela alla Coppa Italia da far giocare solo ai giocatori non impiegati per più, ipotizziamo, del 50% delle partite di campionato.

Sul secondo aspetto invece andrebbe finalmente fatto qualcosa affinché il fair play, finanziario e non, sia davvero rispettato. Regole chiare e competizione assicurata per tutti. Senza scomodare Robin Hood che toglieva ai ricchi per dare ai poveri, ma nemmeno tollerando l'attuale sistema che tende ad oligarchizzare il calcio, mettendo nelle mani di pochissimi club la spartizione delle vittorie stagione dopo stagione. Più che ai cambi durante le partite, forse occorrerebbe pensare al cambio (globale) necessario a far tornare il calcio il gioco più amato da tutti…